COREA DEL NORD, arsenale missilistico e relazioni internazionali. Tensioni nella Penisola al 38º parallelo Nord: Kim Yo Jong critica il presidente sudcoreano Moon Jae-in e minaccia la cessazione delle relazioni bilaterali

I recenti test militari hanno avuto luogo in un momento nel quale i negoziati sul programma nucleare di Pyongyang si trovano in una fase di stallo e, aspetto insolito, mentre il ministro degli Esteri cinese Wang Yi si trovava a Seoul in visita ufficiale. Il regime comunista di Kim Jong Un lancia messaggi a Washington per ottenerne concessioni, ritenendo il momento propizio a causa dell’attuale debolezza dell’amministrazione Biden

Kim Yo Jong, sorella del «Rispettabile Maresciallo» di Pyongyang, Kim Jong Un, ha espresso dure critiche nei confronti del presidente sudcoreano Moon Jae-in, minacciando contestualmente la totale cessazione delle relazioni bilaterali tra i due Stati della penisola.

I MISSILI RI-ALIMENTANO LA TENSIONE

Le dichiarazioni di Kim Yo Jong, che assieme a suo fratello è una esponente di vertice della nomenklatura del regime comunista, sono state rese pubbliche a seguito dell’effettuazione da parte di entrambe le forze armate delle Coree di test missilistici con vettori balistici, che hanno avuto luogo a distanza di poche ore l’una dall’altra.

Le recenti sperimentazioni di natura militare non fanno altro che evidenziare come al 38º parallelo Nord la tensione in atto tra Pyongyang e Soul sia stata rialimentata, questo in un momento nel quale i negoziati finalizzati a limitare il programma nucleare nordcoreano si trovino in una fase di stallo.

DETERRENZA E MINACCE

In precedenza, Moon Jae-in aveva commentato pubblicamente i test missilistici effettuati dal suo paese (che hanno incluso il lancio del primo vettore balistico sudcoreano da un sottomarino) affermando che «le crescenti capacità missilistiche della Corea del Sud saranno una sicura deterrenza nei confronti delle provocazioni nordcoreane».

Si è trattato di test che avevano avuto luogo a distanza di alcune ore dalla diffusione da parte delle Difese di Seoul e di Tokyo della notizia relativa ai lanci nordcoreani di due vettori in mare. A questo punto, Kim ha rimproverato Moon per aver descritto quei lanci come una provocazione, ammonendolo riguardo a una possibile totale cessazione delle relazioni bilaterali tra i due Stati della penisola qualora egli proseguirà «a calunniare Pyongyang», interruzione dei rapporti che, ha quindi ella affermato, «la Corea del Nord non vorrebbe».

I VETTORI BALISTICI DEL «RISPETTABILE MARESCIALLO»

Secondo le medesime fonti militari sudcoreane e giapponesi, i due missili balistici a corto raggio lanciati dalla Corea del Nord avrebbero seguito una traiettoria lunga 800 chilometri (500 miglia) prima di finire in uno specchio marino all’interno della zona economica esclusiva del Giappone, pur non raggiungendo le acque territoriali di quel Paese. Si tratterebbe di sistemi d’arma derivati dagli Iskander russi, concepiti per traiettorie a quote relativamente basse in funzione della riduzione delle capacità di intercettazione dei sistemi di difesa anti-missile nemici.

Secondo gli esperti occidentali della materia si tratterebbe di uno sviluppo preoccupante delle capacità missilistiche di Pyongyang, anche perché i Nordcoreani starebbero perfezionando i loro arsenale strategico al fine di esercitare maggiori pressioni sugli Stati Uniti d’America, nella speranza di ottenere una qualche forma di sollievo dalle sanzioni economiche imposte al regime comunista di Kim, mentre i colloqui guidati da Washington permangono di fatto bloccati da due anni.

SEGNALI ESPLICITI INVIATI A WASHINGTON

Ad avviso di Moon Seong Mook – analista del Korea Research Institute for National Strategy di Seoul, la cui opinione è stata riportata dall’Associated Press  -, la Corea del Nord starebbe tentando di pressare Washington nella convinzione che il momento per ottenerne concessioni sia propizio, contando sulle attuali difficoltà dell’amministrazione Biden sul piano interno e internazionale seguite al caotico ritiro statunitense dall’Afghanistan.

Dal canto suo, nella specifica vicenda dei test missilistici, il governo di Seoul, che in passato ha perseguito attivamente la riconciliazione con Pyongyang, potrebbe aver agito allo scopo di mostrare una maggiore determinazione nei confronti della Corea comunista, in risposta alle critiche ricevute per la sua asserita «morbidezza» nelle relazioni con il Nord.

INSOLITE COINCIDENZE

I test missilistici nordcoreani non costituiscono una violazione delle Risoluzioni Onu che impediscono alla Corea del Nord di impegnarsi in qualsiasi attività di sviluppo di vettori balistici, violazioni che rimangono tuttavia prive di sanzioni, poiché solitamente il Consiglio di Sicurezza non impone nuove sanzioni dopo che Pyongyang ha lanciato missili a corto raggio, come avvenuto mercoledì scorso.

Non è un caso che i vertici nordcoreani abbiano deciso di effettuare i lanci proprio quel giorno, infatti nelle stesse ore il ministro degli Esteri della Repubblica Popolare cinese Wang Yi si trovava a Seoul in visita ufficiale per incontrare il presidente Moon e altre personalità sudcoreane per discutere principalmente della questione nordcoreana. Al riguardo risulta oltremodo insolito il fatto che Pyongyang si produca in simili atti provocatori proprio nel mentre Pechino, suo ultimo grande alleato e fornitore degli aiuti indispensabili alla sopravvivenza del regime, si trova impegnata in importanti eventi di natura diplomatica che la riguardano. Per Pyongyang potrebbe dunque essersi trattato di un espediente funzionale ad attrarre l’attenzione su di sé.

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