ISLAM, parole e loro significato. C’è «shari’a» e «Shari’a», così come ci sono «talebani» e «talebani»

Spesso certi termini (e i loro improbabili plurali) vengono utilizzati dai media impropriamente e con una leggera superficialità, ma si tratta di parole che poi entrano nel linguaggio comune, poiché vengono ripetute dalla gente che legge i giornali e guarda la televisione. Parole che in non pochi casi divengono fonti di incomprensioni e attriti. Il giornalista italo-palestinese Samir al-Qaryouti, corrispondente da Roma per France24 e Al Jazeera, ha inteso puntualizzare questo aspetto

di Samir al-Qaryouti, 19 agosto 2021 – Oggi sulla stampa araba leggo questa notizia: il Ministero dell’Agricoltura israeliano ha annunciato di avere stipulato un accordo con la Giordania avente a oggetto l’importazione di prodotti agricoli dal confinante Regno, questo a causa del «fermo delle coltivazioni» imposto quest’anno dalla Legge ebraica. Nell’articolo è stato ricordato come i ministri dei due Paesi e l’ambasciatore dello Stato ebraico ad Amman hanno avuto un incontro per definire i termini dell’accordo resosi necessario dalla ricorrenza del cosiddetto «anno della distruzione» previsto dalla Legge ebraica, che ricorre ogni sette anni.

Un accordo – si afferma – concepito allo scopo di  «soddisfare i bisogni della popolazione che osserva i precetti religiosi in Israele, oltreché per applicare le disposizioni derivanti dalle convenzioni stipulate con la Giordania».

«SHARIIA», UN MEDESIMO TERMINE PER DUE LINGUE

Ebbene, in lingua araba la Legge ebraica si definisce mediante il termine «Shariia», esattamente come la «Shariia» islamica, cioè utilizzando quello stesso termine che da giorni la stampa occidentale ripete allo scopo di dipingere l’Islam come una cosa «brutta» e i talebani «cattivi».

Ma, se nella Shariia ebraica vige l’obbligo di far riposare la terra messa a coltura ogni sette anni e questa regola è denominata «anno della distruzione», in lingua araba la denominazione corrispondente è quella dell’anno del «Taboueer», cioè quando si deve rendere il suolo «buur», non coltivata, cioè farla riposare.

Il musulmano medio comprende il significato del termine «shariia», cioè «regola religiosa», ed è obbligato a rispettarla anche se appartiene ad altre religioni che non siano l’Islam.

UN SIGNIFICATO METAFORICO

Shariia in lingua araba significa «acqua corrente», cioè che fluisce da una sorgente verso una meta, anche attraverso delle regole che governano la vita quotidiana, volendole attribuire un significato metaforico.

Chi è vissuto in Palestina come me ricorda le nostre nonne e le altre persone anziane chiamare il fiume Giordano il «Shariia» e a volte chiedevano a noi bambini: «Che vi conducono in gita a Shariia?», intendendo con quel termine il corso d’acqua nel quale secondo la tradizione cristiana venne battezzato il Cristo.

Ora, con riferimento ai talebani afghani da una dozzina di giorni ascoltiamo i media e alcuni politici italiani ripetere pubblicamente affermazioni nelle quali si mischiano erroneamente (o forse volutamente…) i «tagliagole islamici» (in realtà, semmai radicali islamisti) con gli «studenti islamici», abusando impropriamente del termine «talebani».

È sconcertante constatare che dopo venti anni di guerra in quel Paese dell’Asia centrale, dove sono morte decine di migliaia di persone, i media riescano a malapena a rendersi conto che quel termine, «taleb» appunto, non c’entra nulla né con il Corano e neppure con l’Islam.

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