ENERGIA, gas naturale ed elettrogenerazione. Quanto ci costerà in bolletta la transizione «green»?

Attualmente, in attesa che si compia la lenta e incerta «rivoluzione verde» grazie alle fonti rinnovabili, qualora non si ritenga opportuno costruire nuove mini centrali nucleari, in Europa il gas rimane la materia prima energetica necessaria ad alimentare le centrali elettriche. Ma, per un complesso di cause, essa potrebbe non risultare sufficiente nelle quantità richieste per soddisfare il fabbisogno e, con l’arrivo della stagione fredda, sul mercato i prezzi potrebbero aumentare; insidertrend.it ha raccolto l'opinione di Margherita Paolini, analista del settore

Brutte notizie in arrivo dunque? Chissà, non è detto, tuttavia di un possibile prossimo vertiginoso aumento dei prezzi dell’energia elettrica se ne parla ormai da qualche tempo, visto che una serie di fattori congiunturali rischiano di portare gli importi in bolletta un po’ più su.

Perché ha iniziato a serpeggiare questo allarme? Intanto va rilevato che i prezzi sono già aumentati a partire dall’inizio dell’anno, inoltre è altresì evidente che lo sviluppo delle modalità di sfruttamento delle fonti rinnovabili non procede alla velocità che si vorrebbe e che si propaganda. Permangono quindi ancora oltremodo necessarie le fonti fossili, in particolare il meno inquinante gas naturale, assurto a fonte energetica di transizione.

LE RADICI DEL PROBLEMA

L’Italia si approvvigiona di gas principalmente dalla Russia e dall’Algeria, due paesi che, in diversa misura, attraversano una fase critica, questo in un sistema europeo interconnesso. Conseguentemente, a fronte dell’attuale inattività della condotta baltica, il gas russo proveniente attraverso l’Ucraina resta fondamentale ai fini dell’approvvigionamento della parte occidentale del Vecchio Continente.

Afferma la dottoressa Margherita Paolini – analista delle dinamiche del settore energetico e attualmente membro del consiglio scientifico della rivista di geopolitica “Limes” – che «lo scorso anno c’è stata una enorme sovrabbondanza di gas sul mercato che ha fatto calare notevolmente i prezzi della materia prima energetica e, al contempo, riempire i depositi di stoccaggio delle riserve. In molti attendevano l’entrata in funzione del North Stream 2, ritenuta imminente, che però non è avvenuta, generando conseguentemente una dinamica al rialzo dei prezzi».

Di regola gli stock vanno riempiti prima della stagione invernale, ma nel 2020 si sono verificate due condizioni di natura climatica: un freddo estremamente rigido in inverno e un caldo torrido in estate. Queste hanno fatto sì che gli stock, che si pensava fossero sufficienti ai normali bisogni, invece sono stati svuotati in ragione degli incrementati consumi di gas. Uno sbilanciamento frutto anche della scarsa previdenza.

LE FORNITURE DI SANTA MADRE RUSSIA

«In questi casi – prosegue la Paolini -, cioè quando si verificano condizioni emergenziali del genere, nel passato la Russia ha sempre fornito delle quantità supplementari rispetto a quelle previste dai contratti stipulati con i suoi clienti. Ma questa volta non lo ha fatto, nonostante gli fossero stati rivolti appelli alla partecipazioni a gare per l’assegnazione di ulteriori commesse e la conseguenza è stata che nei tubi che attraversano l’Ucraina non sono transitati volumi supplementari di gas, anche perché Kiev su quelle quantità in più ha imposto delle onerose gabelle che esulano dai contratti stipulati con Mosca nel 2019».

Ovviamente, gli avversari di Mosca hanno immediatamente colto la palla al balzo per definire Gazprom come uno «strumento politico» e non come un’impresa che opera sul libero mercato sulla base delle regole di quest’ultimo, un fornitore del quale non bisogna fidarsi poiché potrebbe chiudere a suo piacimento i rubinetti del gas qualora ne rinvenga un interesse.

Ma, stanti le incertezze relative al completamento del gasdotto baltico e all’avvio in esso dei flussi di gas e nonostante la nuova politica «multilateralista» dell’amministrazione Biden, il deficit di materia prima energetica permane.

NORTH STREAM 2: UNA QUESTIONE APPARENTEMENTE CHIUSA

A incidere negativamente sulla situazione c’è poi anche la questione del gasdotto russo North Stream 2, condotta completata per il suo 98% che è tornata alla ribalta delle cronache a seguito dell’accordo recentemente raggiunto tra la Germania della cancelliera Angela Merkel e gli Stati Uniti del presidente Joe Biden. Una apparente soluzione al problema osteggiata da buona parte del Congresso di Washington e da due paesi dell’Europa orientale, Polonia e Ucraina.

«Il risultato di tutto questo – ella aggiunge – è che le previsioni per l’autunno indicano probabili rincari del prezzo del gas e, dunque, dell’energia elettrica, che per altro ha già ha raggiunto i 40 euro per megawatt/ora. Se poi il North Stream 2 non entrerà presto in funzione e, contestualmente, non sarà tempestiva una ricomposizione con Kiev il problema si aggraverà ulteriormente, seppure Mosca con ogni probabilità si vedrà costretta a pompare in ogni caso quantità supplementari di gas nella condotta che attraversa l’Ucraina».

ALLA RICERCA DI ALTERNATIVE NELL’IMMEDIATO

Kiev e Varsavia potrebbero eccepire in sede Europea che sulla base delle vigenti regole comunitarie chi produce materie prime energetiche non può gestirne la distribuzione. La soluzione per tedeschi e russi potrebbe allora essere la costituzione di società commerciali fittizie e via discorrendo.

Per i russi a quel punto le residue alternative praticabili potrebbero essere quelle del ricorso alle forniture di gas naturale liquefatto (GNL) oppure al gasdotto Turkstream che transita nel Sudest europeo.

Per i paesi consumatori, invece, le alternative sarebbero gli altri produttori di gas, come l’Azerbaigian (via terra) e il Qatar (liquefatto, via mare). Tuttavia, riguardo al GNL va rilevato che al momento buona parte della produzione (si pensi a quella americana) viene assorbita dall’Asia, un mercato più remunerativo di quello europeo.

DUE IMMINENTI SCADENZE

Conclude l’analista del settore Oil & Gas che: «A generare ansia contribuisce l’attesa presentazione del rapporto del presidente Joe Biden al Congresso degli Stati Uniti, i cui membri in massima parte e trasversalmente osteggiano il North Stream 2 chiedendo nuovamente l’imposizione di sanzioni, con la conseguenza che il gasdotto russo resterebbe un tubo vuoto. Gli americani (che in questa fase esportano molto in Asia) nutrono diversi interessi all’inceppamento della pipeline di Putin, sia di natura strategica che commerciale, infatti, al momento non sono in grado di produrre GNL in quantità tali da sostituire i russi con il loro prodotto sul mercato europeo».

La stagione degli approvvigionamenti e vicinissima, ma in agosto la Casa Bianca dovrà dimostrare al Congresso che l’accordo sul North Stream 2 non sarà pericoloso per Ucraina e Polonia; non solo, un’altra data da segnare con la matita rossa sul calendario è quella della scadenza del contratto tra Mosca e Kiev, che a metà settembre dovrà (dovrebbe) venire rinnovato. Del doman non c’è certezza…

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