La causa è stata il rimborso di un prestito erogato dall’estero, che ha ridotto le riserve di valuta estera detenute dal Paese nordafricano da 21876 a 20378 milioni di dinari, somma ancora disponibile nelle casse tunisine al 22 luglio scorso. Il prestito, erogato dagli Usa nel 2014, aveva un ammontare complessivo di 500 milioni di dollari.
Si tratta di una operazione che venne a suo tempo resa possibile a seguito della concessione di una garanzia a Tunisi da parte dell’amministrazione di Washington, essa previde l’imposizione di un tasso di interesse di circa il 2,5% e il rimborso in un’unica soluzione trascorsi sette anni.
Il Paese nordafricano, situato non lontano dalle coste meridionali italiane, ha così dimostrato di essere in grado di onorare i suoi impegni assunti a livello internazionale, rassicurando i donatori sul fatto che riesce a onorare i debiti contratti estinguendo le obbligazioni, tuttavia, riduzioni del genere non fanno certamente bene a una economia in gravi difficoltà, per di più nel pieno di una pericolosa crisi politica, quella innescata dalla recente decisione assunta dal presidente Kais Saied di sospendere le attività parlamentari.
Infatti, le difficoltà di natura economica che sta attraversando la Tunisia derivano anche e soprattutto dalla cessazione di entrate in valuta estera che fino a poco tempo fa, cioè al momento della campagna terroristica islamista, derivavano dai soggiorni di turisti nel Paese. In seguito, ad aggravare la situazione ci ha poi pensato la pandemia.
A tutto questo va inoltre aggiunto il crollo delle esportazioni di fosfati risalente al 2011, voce della bilancia commerciale che in precedenza apportava benefici alle casse tunisine.