IRAN, programma nucleare. La determinazione americana può fermare la corsa di Teheran verso l’arma atomica

È l’opinione di David Menashri, docente emerito presso il Dipartimento di storia del Medio Oriente e dell'Africa dell'Università di Tel Aviv, che è intervenuto a un webinar organizzato dal Middle East Forum lo scorso 28 maggio, nel corso del quale si è discusso sulla natura del regime iraniano e su come Washington potrebbe ridimensionarne le ambizioni di natura strategica. Egli ha sintetizzato i propri concetti nell’affermazione: «Gli iraniani sono stati indotti a ritenere di poter dettare le regole del gioco»

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articolo di Marilyn Stern pubblicato il 3 luglio 2021 su Middle East Forum

https://www.meforum.org/62478/menashri-us-resolve-can-stop-iran-nuclear-march?goal=0_086cfd423c-7542376177-34165150&mc_cid=7542376177&mc_eid=f9889485bb

Secondo Menashri l’Iran è l’unico paese del Medio Oriente che nell’arco del XX secolo ha vissuto due rivoluzioni, ma che ha sperimentato molteplici «primavere persiane», dalle rivolte studentesche del 1999 alla sanguinose proteste di piazza verificatesi nel 2019 e nel 2020, moti interrotti soltanto dalla pandemia di coronavirus.

UN PAESE ESTREMAMENTE COMPLESSO

Ad avviso del docente dell’Università di Tel Aviv, l’Iran è un paese «molto complesso» in cui ciò che sembra ovvio in superficie in realtà spesso non lo è sempre. Ad esempio, «la Rivoluzione islamica del 1979 era islamica solo nel nome, poiché le sue radici furono di natura sociale, economica, politica, culturale e internazionale, ma non erano religiose. Le questioni fondamentali alla base delle proteste popolari erano pane e libertà, benessere e libertà, giustizia sociale e giustizia politica, cause in seguito “dirottate” dalla teocrazia che assunse il potere allo scopo di farne una rivoluzione islamica».

Al riguardo, egli ha sottolineato come all’interno del regime teocratico vi siano diversi orientamenti in ordine alle interpretazioni dell’Islam, aspetti tuttavia secondari rispetto al fine della sopravvivenza della Repubblica Islamica.

Prosegue Menashri: «Le fazioni che si contendono il potere a Teheran, quella dei conservatori intransigenti e quella dei realisti pragmatici, sono in disaccordo principalmente sulla strategia da perseguire. Quanto a questi ultimi, non li definirei “moderati”, mentre con l’elezione di Ebrahim Raisi alla presidenza, gli estremisti ora si trovano a controllare tutte i principali centri di potere e non esiteranno a reprimere il dissenso».

LE CONTRADDIZIONI DI WASHINGTON

Menashri si dice convinto del fatto che gli estremisti iraniani godano di un ulteriore vantaggio rispetto ai loro avversari, poiché a suo avviso l’Iran starebbe affrontando dei nemici che si caratterizzano per la loro ingenuità, «soprattutto gli Stati Uniti d’America, che con la loro politica minano i pragmatici premiando o tollerando indebitamente i cattivi comportamenti degli altri».

Sulla base dei concetti espressi da Menashri, Washington negli ultimi anni avrebbe fornito il maggiore elemento di sicurezza per la Repubblica Islamica iraniana, cioè l’eliminazione dallo scenario regionale del suo storico nemico, il dittatore iracheno Saddam Hussein, attaccato dagli americani a partire dal 1991 e abbattuto definitivamente nel 2003.

Inoltre, egli argomenta, «dopo l’11 settembre gli Stati Uniti hanno sconfitto i talebani in Afghanistan, altri avversari dell’Iran, quindi, nel 2009, la risposta vistosamente in sordina di Washington alla brutale repressione da parte del Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica (IRGC) delle proteste organizzate dal Movimento Verde, ha rappresentato l’ennesimo regalo fatto al regime. Ora gli americani stanno cercando di tornare all’accordo sul nucleare con l’Iran», il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), entrato in vigore nel 2015 ai tempi dell’amministrazione Obama e dal quale gli Usa si sono ritirati nel 2018 per volere del presidente Trump.

«GLI IRANIANI RITENGONO DI POTER DETTARE LE REGOLE DEL GIOCO»

Menashri ha sintetizzato i propri concetti nell’affermazione: «Gli iraniani sono stati indotti a ritenere di poter dettare le regole del gioco».

Descrivendo il confronto tra Washington e Teheran nei termini di una «debolezza della forza americana contrapposta alla forza della debolezza iraniana», egli ha asserito che gli Usa cercano di impegnarsi nuovamente con la Repubblica islamica, ma a quest’ultima, che si trova in una condizione di debolezza, «è stato permesso di pensare di poter dettare le regole del gioco. I negoziatori del regime sono “squali della diplomazia” profondamente esperti nel pensiero strategico e abili nell’innovazione tattica».

Menashri è convinto che la priorità degli Stati Uniti dovrebbe essere quella di «fermare la marcia dell’Iran verso l’arma nucleare» e che questo risultato possa essere ottenuto attraverso i negoziati qualora Washington rimarrà ferma sulle sue richieste. «Gli estremisti iraniani – ha concluso il docente della Tel Aviv University – non si ritireranno volontariamente, ma troveranno un modo per tornare indietro soltanto quando si renderanno conto che il prezzo che dovranno pagare sarà così elevato da andare oltre le loro concrete possibilità».

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