SALUTE, prevenzione. No Tobacco Day, la via possibile della riduzione del rischio

La politica della cessazione del fumo da sola non può funzionare, ma esistono delle alternative, infatti, continua a venire ignorato l’aspetto relativo alla riduzione del rischio collegato ai nuovi strumenti senza combustione

Per il secondo anno il No Tobacco Day, istituito dall’Organizzazione mondiale della Sanità nel 1988, incrocia la pandemia e sono stati escluse manifestazioni in presenza, conseguentemente, in Italia l’Istituto Superiore di Sanità ha organizzato un evento online che avrà luogo lunedì 31 maggio, un evento on line che permetterà di presentare i dati aggiornati sui fumatori nel Paese. «Impegnati a smettere», questo il motto che si accompagna all’iniziativa, un impegno doveroso e allo stesso tempo arduo, considerato il bilancio annuale di vittime per malattie tabacco correlate.

MODERATA RIDUZIONE DEI FUMATORI IN ITALIA

Dati questi, purtroppo stabili, malgrado la moderata riduzione dei fumatori che si è riscontrata nell’ultimo quindicennio. Si consideri che le morti collegabili al Covid in Italia sono state 125.000 in quindici mesi, ma si auspica che il coronavirus possa venire presto efficacemente controllato e, in seguito, sconfitto. I decessi correlati al tabacco invece sono destinati a riproporsi in modo numericamente costante anche nei prossimi anni, poiché per il tabagismo non esiste un vaccino.

L’Eurispes, istituto autore della ricerca, è da sempre impegnato sui temi della salute pubblica, trovandosi spesso sulle medesime posizioni del Ministero della salute e dell’Istituto Superiore di Sanità.

A seguito dell’entrata in vigore delle leggi del 2003 che hanno limitato la libertà di fumo negli spazi pubblici, all’Eurispes ritengono che non sia stato fatto abbastanza al fine di contenere ulteriormente il numero dei fumatori e gli impatti socio-sanitari del tabagismo.

I COSTI SOCIALI DEL TABAGISMO

Il Ministero della Salute fa proprio il dato fornito dal Tobacco Atlas, che nel 2016 stimava 93.300 vittime per malattie tabacco correlate, mentre il British Medical Journal per l’anno 2018 indicava il costo a carico della sanità pubblica italiana superiore ai nove miliardi di euro. Di fronte a questi dati, però, la ricetta finora proposta è quasi esclusivamente quella dell’invito alla cessazione.

Dalle rilevazioni svolte dall’Eurispes nel corso degli anni risulta che la maggioranza dei 11,5 milioni di fumatori non è in grado o non vuole neanche provare a smettere di fumare; più di un fumatore su cinque (21,9%) non ha alcuna intenzione di smettere di fumare; quasi un terzo del campione (30,5%) afferma che «dovrebbe ma non vuole farlo», il 26,3% «dovrebbe ma non crede di riuscirvi», mentre il 12,3% «vorrebbe smettere ma non in tempi brevi», infine, soltanto il 9% si prefigge di farlo entro sei mesi.

SMETTERE: STRUMENTI INEFFICACI

Per questi “renitenti alla cessazione” gli strumenti offerti dalla sanità pubblica sono poco efficaci. Si consideri che i centri antifumo pubblici e convenzionati hanno in carico una media annua inferiore ai diecimila fumatori che cercano aiuto per smettere, per altro verso, dalle indagini dell’Eurispes risulta che anche i medici di medicina generale sono poco attivi nel consigliare ai propri pazienti di smettere o limitare il fumo, infatti, il 56,6% dei fumatori non ha mai ricevuto dal proprio medico alcun consiglio in merito (il 31,5% dichiara, invece, di essere stato spronato a smettere di fumare e all’11,9% è stato suggerito di passare a un prodotto meno dannoso).

Esiste un’altra, concreta, politica contro i danni del tabagismo? Secondo l’Eurispes va considerata la  riduzione del rischio legata ai nuovi strumenti senza combustione, un tema del quale l’Istituto si  occupa da anni anche grazie alla collaborazione con le associazioni e le imprese del settore. [1]

SIGARETTE ELETTRONICHE E RIDUZIONE DEL DANNO

 I vaporizzatori di liquidi, cioè le cosiddette «sigarette elettroniche, e il tabacco riscaldato da alcuni anni offrono una alternativa al tabacco combusto, tanto che non si deve più parlare propriamente di «fumo». Molti studi indipendenti hanno evidenziato come tali prodotti riducano il rischio ed è opportuno che questi stessi proseguano per valutare i residui impatti problematici legati allo svapo e all’inalazione di vapori di tabacco.

Tuttavia, la logica della riduzione del rischio viene formalmente rifiutata dalle Autorità sanitarie italiane. Il principio di precauzione, quello che porta a focalizzarsi su potenziali impatti negativi, seppur ridotti, dei nuovi prodotti, fa così ignorare totalmente il principio della riduzione del danno. In questo in Italia si seguono le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità, anch’essa riluttante a “sdoganare” l’utilizzo dei nuovi strumenti che, per altro, stanno conquistando spazio sul mercato, sottraendolo a quello del fumo tradizionale. Ma il Ministero va anche oltre, e giunge ad escludere che la riduzione del danno sia un obiettivo della sanità pubblica.

DISASSUEFAZIONE DAL FUMO

Lo scorso febbraio il direttore generale della Prevenzione, professor Giovanni Rezza, ha al riguardo dichiarato: «L’approccio della riduzione del rischio o del danno (…) allo stato attuale delle evidenze, non può essere adottato quale strategia di salute pubblica, che mira invece alla disassuefazione dal fumo e dall’utilizzo di prodotti del tabacco o contenenti nicotina».

Siamo certi che anche quest’anno nel No Tobacco Day queste saranno le posizioni espresse, posizioni non dissimili che si possono ritrovare in alcune altri importanti Paesi, seppure non sia così ovunque. In Gran Bretagna, ad esempio, la situazione è addirittura capovolta, poiché il ministero della salute  di Londra da anni promuove ufficialmente il vaping quale strumento per la disassuefazione dal fumo. Lo scorso aprile la sottosegretaria alla salute britannica Jo Churchill ha dichiarato alla Camera dei Comuni che «il ministero incoraggia tutti i fumatori a smettere o passare a prodotti meno dannosi come le sigarette elettroniche se non sono in grado di smettere. In Inghilterra, circa 2,5 milioni di persone usano sigarette elettroniche, la maggior parte delle quali non fuma più. Inoltre, circa 50.000 persone all’anno smettono di fumare passando alle sigarette elettroniche, persone che non avrebbero smesso con altri mezzi».

LA SANITÀ PUBBLICA NON PUÒ DIRE SOLO: «SMETTI»

Ma c’è di più, poiché al parlamento britannico è attivo un gruppo trasversale sul vaping che ha redatto una relazione così spinta sui nuovi strumenti, al punto da minacciare l’azzeramento del contributo finanziario britannico all’Organizzazione mondiale della Sanità se questa non modificherà le sue posizioni «troppo caute» sul cosiddetto «fumo elettronico».

In Francia, l’Istituto Pasteur ha segnalato che nella scala della tossicità, fatto cento il valore della sigaretta tradizionale, il vaping si colloca intorno al valore di uno. Tornando all’Italia, il professor Fabio Beatrice, direttore del Centro antifumo San Giovanni Bosco di Torino, tra i clinici italiani che ha maggiormente sperimentato l’efficacia dei nuovi strumenti per la lotta al tabagismo, valuta così il fenomeno: «Ci vorrebbe una maggiore apertura. Si dovrebbero superare le “curve da stadio” e la logica dei “favorevoli” e dei “contrari” per partito preso. Nel centro antifumo che dirigo, quando la cessazione si dimostra ardua per il paziente, il supporto dei nuovi strumenti risulta efficace. Il Ministero e l’Istituto Superiore della Sanità non possono non tenere conto delle evidenze, e le politiche di riduzione del rischio non dovrebbe essere messe sotto il tappeto. La sanità pubblica non può dire solo “smetti”, deve occuparsi anche di chi non ci riesce o non vuole farlo. Noi medici, infatti, abbiamo l’obbligo di curare, non di guarire».

NUOVI STRUMENTI SI VANNO AFFERMANDO

Nel frattempo, i nuovi strumenti si stanno sempre più affermando: in Giappone il tabacco riscaldato ha conquistato più del 20% del mercato del fumo tradizionale, mentre in Italia un’indagine dell’Eurispes del 2019 ha segnalato che gli utilizzatori, anche occasionali e duali, di sigaretta elettronica ammontano al 20,8% dei fumatori, quelli dei prodotti a tabacco riscaldato al 7,2 per cento.

Per quanto riguarda i Paesi europei questi nuovi strumenti hanno generato un’interessante filiera di produzione e di distribuzione, che vede protagoniste centinaia di piccole e medie imprese e migliaia di esercizi commerciali specializzati. Umberto Roccatti è il presidente dell’ANAFE, l’associazione dei produttori e dei distributori dell’area vaping che aderisce al Confindustria, inoltre è vice presidente della LEVA, la corrispondente associazione europea. In vista della Cop 9, che in autunno affronterà ad una discussione sull’area del tabacco e dei nuovi strumenti, fa così il punto sulle attese dei protagonisti della filiera: «Ci attendiamo un progressivo riconoscimento del rischio ridotto che si lega ai nuovi strumenti  e la valorizzazione della loro complementarietà nella lotta al tabagismo. Per le e-cig, una differenziazione nella regolamentazione rispetto al tabacco. Più in generale un’evoluzione normativa che consenta un progressivo sviluppo del nostro settore, assai rilevante anche dal punto di vista occupazionale. Per l’Italia, in particolare, la possibilità di un confronto con le autorità sanitarie che ci permetta di informare correttamente i cittadini. Anche per questo l’Eurispes sta elaborando la proposta di un ferreo codice di autoregolamentazione che assicuri la massima correttezza nella loro vendita nei negozi fisici e nell’online. Informazioni ai consumatori e massima salvaguardia dei minori: questi gli obiettivi che ci poniamo».

In conclusione, l’Eurispes segnala che il «no al tabacco» non deve rimanere uno slogan vuoto e una astratta manifestazione di intenti, perché molto c’è da fare, e nella cassetta degli attrezzi della sanità pubblica è utile che trovino posto anche la riduzione del rischio e gli strumenti senza combustione.

[1] Si vedano tra le altre l’Indagine condotta con ENPAM, anche con il contributo di Philip Morris Italia, pubblicata a dicembre 2020 sul sito di Eurispes al seguente link: https://eurispes.eu/news/il-fumo-in-italia-tra-abitudini-consolidate-e-nuove-tendenze/

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