Era cresciuto nell’Udinese assieme a Dino Zoff, squadra della sua terra con la quale aveva esordito in Serie A, poi era stato preso dalla Juventus su segnalazione di Boniperti, ma in seguito venne ceduto al Palermo. Nel 1962 approdò alla squadra che lo rese famoso, l’Inter di Helenio Herrera, con la quale giocò quasi cinquecento partite, segnando sette reti e vincendo quattro scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali, quindi passò al Napoli.
In Nazionale giocò invece sessantasei volte e segnò due reti, una fu quella ai tedeschi nella semifinale del 4 a 3 a Città del Messico nel 1970, quando l’Italia di Valcareggi arrivò seconda ai Mondiali, sconfitta onorevolmente in finale dal Brasile di Pelè. Con la maglia azzurra giocò fino al 1974.
UN FRIULANO SCHIVO E DI POCHE PAROLE
Schivo e di poche parole, come molti friulani del resto, dopo aver cessato di fare il calciatore allenò diverse squadre: Livorno, Catanzaro, Bologna, Como, Genoa, Vicenza, Cremonese, Salernitana, Foggia, Lucchese, Ternana e Pescara, infine divenne «osservatore» per l’Inter.
Burgnich si staglia nella storia del calcio italiano e mondiale per la sua tempra, la sua tenacia e per la sua umiltà e verrà ricordato come uno dei terzini più forti di sempre, vero incubo per gli attaccanti delle squadre avversarie.
Appresa la notizia della sua scomparsa, il giornalista Bruno Pizzul ne ha tracciato un breve profilo affermando che «era l’immagine stessa del difensore di calcio: quando si applicava a un avversario raramente gli concedeva spazio e, senza essere particolarmente falloso, era deciso e rude, molto bravo nella marcatura a uomo»
I suoi funerali avranno luogo oggi alle ore 14:30 presso la chiesa di San Giovanni Bosco a Viareggio.