di Rosario Sprovieri – Da qualche anno, mantenevamo un incontro ricorrente, frutto simbolico del continuare a dare una testimonianza di un forte bisogno culturale, che in questi ultimi tempi, continua ad interessare, e non poco, quella società ancora sensibile al richiamo della letteratura e delle arti.
Gustavo e io continuavamo a incontrarci con dedizione assoluta, un piccolo appuntamento, il ritaglio di un’oretta della nostra vita, da dedicare a una cordialissima chiacchierata d’arte; ce ne stavamo seduti insieme, ad uno dei tavoli del bar sul lato destro di quella larga circonferenza dentro all’austera architettura piazza Verbano a Roma.
Proprio a pochi metri dalla casa del mio amico, la casa di Anny e Gustavo Baldissera. Era una bella parentesi, un tempo speciale dedicato al piacere di rivederci e, al degustare un buon caffè. Un caffè che non era più quello della vecchia caffettiera napoletana di “eduardiana” memoria, ma un concentrato di miscele aromatiche, di chicchi provenienti dal mondo, irrorati con la lievità dell’acqua dell’Urbe; frutto del lavoro invisibile, di quelle moderne macchinette a pressione che sono il cuore pulsante dei bar della nostra bella Italia.
Alcune volte, quando sulla piazza c’era meno confusione, potevamo comunque udire il rumore del caffè e vedere il vapore disperdersi ai lati della sbuffante macchinetta; sino al sentirne arrivare l’inconfondibile aroma, che si espandeva nell’aria… piccole coccole, di un tempo “sospeso” fra i sospiri del corpo e i il “respiro dell’anima”.
Gustavo e Anny li avevo conosciuti durante la stagione aurea della promozione culturale presso il Teatro dei Dioscuri al Quirinale, ove marito e moglie “attivisti dell’Arte”, portavano in esposizione vere eccellenze della pittura e della scultura, che avevano avuto prima ospiti nella loro galleria romana “Cassiopea” di via Basento, un vero salotto culturale aperto a tutto e a tutti. In seguito alla prematura scomparsa di Anny, Gustavo aveva continuato a tenerne viva la memoria con la prosecuzione di quella quarantennale attività svolta congiuntamente.
Ogni evento che Gustavo continuava a portare a compimento era dedicato alla sua cara Anny. Ho avuto il piacere di condividere tante delle sue iniziative culturali, mi sono affacciato sul suo mondo, ed ho avuto modo di toccare con mano la profondità del suo cuore. Devo dire che, dietro la “corteccia di un burbero apparente”, ho trovato la sensibilità di un uomo straordinariamente votato al prossimo e alla vita.
La sua penultima iniziativa con i bambini di Amatrice, – subito dopo le centinaia di vittime e lo spavento del terremoto – oltre che il merito e la sua indiscussa capacità organizzativa, è diventata davvero, il suo sommesso “inno alla vita”, il suo canto alla speranza per il futuro dell’umanità.
Gustavo portò in scena, sempre presso il prestigioso Teatro dei Dioscuri al Quirinale, la sua mostra più bella, fatta di disegni, opera del bambini di Amatrice, per i quali aveva organizzato tante lezioni fra i container del “paese provvisorio”, ove aveva messo tante ore di apprendimento d’arte con l’aiuto di tanti dei suoi amici pittori, che si erano recati appositamente presso il cento del martoriato paese reatino. La mostra romana, si rivelò un evento di grande commozione e verità, una pagina viva, che ha scosso profondamente la coscienza.
Una esposizione singolare, immagini e dipinti dei bambini, riportavano alla luce scenari sfuggiti per sempre, oramai “visioni” della mente, che mostravano ancora una volta, la città distrutta, relegata oramai alla luce del ricordo. Una mostra che ha fatto sobbalzare il cuore. Eccolo il mio amico Gustavo, lo ricordo così, con il suo sorriso triste, lì nell’angolo della sala grande del teatro, ripagato dallo sguardo dei piccoli figli di Amatrice, quelli che, egli sapeva bene, avrebbero avuto braccia e talento per ricostruire e alimentare la speranza del domani.
Gustavo, conosceva il valore delle grandi e delle “piccole cose”; ora il suo granello “gittato” fra i solchi del suolo scosso dalla furia del sisma, è già albero d’alto fusto, dalle folte radici, che non solo rinsaldano quell’afflitta terra ma che ravvivano i colori e la vita. Mi fermerò ancora a Piazza Verbano, berrò ancora il caffè di Gustavo, perché la memoria è vita e, le persone per bene, non finiscono mai nell’oblio dei giorni e del tempo del futuro.