SOCIETÀ, antisemitismo. Sentenza shock in Francia per il brutale assassinio di Sarah Halimi: protesta delle Comunità ebraiche nel mondo

A Roma, nel primo pomeriggio del 25 aprile, festa della Liberazione, contro il verdetto del tribunale francese ha avuto luogo un sit-in organizzato dalla Comunità ebraica romana in piazza Campo de’ fiori, non lontano da Palazzo Farnese, sede dell’Ambasciata di Francia. In mattinata, durante le celebrazioni a Porta San Paolo, momenti di tensione con gli antagonisti. A insidertrend.it intervengono Ruth Dureghello e Ruben Della Rocca

Dopo tanti giorni di pioggia e di cielo cupo la capitale d’Italia oggi si è svegliata in una splendida giornata di sole, una cornice radiosa alla festa della Liberazione, il 25 aprile. Ma anche una giornata di protesta, composta e assolutamente non violenta, organizzata dalla Comunità ebraica romana in piazza Campo de’ fiori, non distante da Palazzo Farnese, sede dell’Ambasciata francese. Un sit-in contro il verdetto di ultimo giudizio emesso in Francia sul caso di omicidio di Sarah Halimi.

L’evento, molto partecipato, ha avuto luogo in contemporanea con le proteste in atto a Parigi e Tel Aviv, anch’esse organizzate a seguito della sentenza di conferma della non processabilità di Kobili Traore per l’omicidio dell’anziana donna ebrea perpetrato nel 2017. Traore, che prima di defenestrare Sarah l’aveva presa a pugni e ricoperta di insulti antisemiti, è stato giudicato non punibile perché quando commise l’omicidio era in condizioni psichiche alterate a causa dell’effetto congiunto di alcool e droghe (aveva assunto una forte dose di marijuana), dunque secondo la corte di giustizia francese «al punto da non essere responsabile delle proprie azioni».

Una sentenza ingiusta che desta preoccupazione

Secondo Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica romana «si tratta di una sentenza assolutamente ingiusta, immotivata e ingiustificata che oltretutto desta preoccupazione, perché potrebbe indurre a pensare che si possa assassinare un’anziana signora, anzi, meglio se lo si fa da drogati perché questo decreta l’impunità. Il presidente Macron ha denunciato la gravità di questo fatto. Ora, se chiunque può veramente pensare che l’odio antisemita trovi anche nella giustizia una radice di fondamenti per essere derubricato o addirittura annullato, siamo arrivati all’inverosimile».

Derubricare gravi atti di violenza causati da odio antiebraico genera emulazione

«Derubricare gravi atti, violenze ed assassini causati da odio antiebraico è purtroppo divenuta una consuetudine nel sistema giudiziario francese – ha dal canto suo commentato il vicepresidente della Comunità ebraica romana Ruben Della Rocca -, era già accaduto per Ilan Halimi e Mirelle Knoll e ora è la volta di Sarah Halimi, dove si ritengono ingiudicabili crimini di puro odio e si giustifica il tutto con l’infermità dovuta, in questo caso, agli stupefacenti. È gravissimo e rischia di creare emulazione in tutta Europa. Da qui la nostra protesta e il nostro appoggio incondizionato ai fratelli francesi, che non sono soli in questa battaglia di giustizia e verità. Bene ha fatto il presidente Macron a esprimersi e manifestare la solidarietà del governo francese, ma alle parole dovranno seguire i fatti e le leggi che reprimano l’odio razziale ed antiebraico senza assoluzioni di sorta».

Le celebrazioni di Porta San Paolo

All’annuale celebrazione del 25 Aprile dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia a Porta San Paolo sono intervenuti anche i rappresentanti della Comunità ebraica. Alcuni momenti di tensione sono stati registrati quando alcuni antagonisti avrebbero voluto deporre dei fiori sulla lapide dei caduti per la Resistenza e il servizio d’ordine che ha impedito loro il passaggio, a questo punto una piccola scaramuccia, qualche spintone, degli insulti e qualche schiaffo.

Il sacrificio della Brigata ebraica ricordato alla manifestazione Anpi

A differenza di quanto è spesso accaduto negli anni passati, nessun problema invece riguardo alla partecipazione della Comunità ebraica romana alla cerimonia dell’Anpi. Lo stesso Riccardo Pacifici, già presidente della Comunità ebraica ha in seguito dichiarato con soddisfazione che: «Porta San Paolo è anche nostra, con un blitz e insieme ad un gruppo di volontari ebrei di Roma ce la siamo ripresa e abbiamo così deposto una corona sulla lapide che ricorda il sacrificio di coloro che hanno combattuto per la libertà: partigiani, truppe alleate e militari della Brigata ebraica. Per quest’ultimi abbiamo recitato un Kaddish e intonato l’Hatikvà, l’inno nazionale dello Stato d’Israele, ricordando poi, da cittadini italiani, tutti i partigiani e cantato l’inno nazionale italiano».

«Stiamo tornando – ha aggiunto Pacifici -, da oggi questo sarà il nostro slogan, stanchi doverci rinchiudere. Non dobbiamo più nasconderci ed è bene che si sappia che la città di Roma, così come ogni piazza in Italia, è anche nostra. Personalmente dedico questo blitz a tre valorosi uomini: Zi Moretto, Roberto “Pucci” e al partigiano già presidente dell’Anpi Massimo Rendina, che sempre ricordava i soldati della Brigata ebraica ogni 25 aprile. Onore a ognuno di loro e che sia il ricordo delle loro azioni di benedizione».

A323 – SOCIETÀ, ANTISEMITISMO: SENTENZA SHOCK IN FRANCIA, LA PROTESTA DELLE COMUNITÀ EBRAICHE. A Roma, nel primo pomeriggio del 25 aprile, festa della Liberazione, contro il verdetto del tribunale francese ha avuto luogo un sit-in organizzato dalla Comunità ebraica romana in piazza Campo de’ fiori, non lontano da Palazzo Farnese, sede dell’Ambasciata di Francia.
Ai microfoni di insidertrend.it intervengono RUTH DUREGHELLLO (presidente della Comunità ebraica romana) e RUBEN DELLA ROCCA (vicepresidente della Comunità ebraica romana).
L’evento, molto partecipato, ha avuto luogo in contemporanea con le proteste in atto a Parigi e Tel Aviv, anch’esse organizzate a seguito della sentenza di conferma della non processabilità di Kobili Traore per l’omicidio dell’anziana donna ebrea perpetrato nel 2017. Traore, che prima di defenestrare Sarah l’aveva presa a pugni e ricoperta di insulti antisemiti, è stato giudicato non punibile perché quando commise l’omicidio era in condizioni psichiche alterate a causa dell’effetto congiunto di alcool e droghe (aveva assunto una forte dose di marijuana), dunque secondo la corte di giustizia francese «al punto da non essere responsabile delle proprie azioni».
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