VATICANO, finanze. Oltre le Mura leonine si attende con trepidazione il «verdetto» di Moneyval

La grande riforma della finanza vaticana avviata da Bergoglio nel 2014 sembrerebbe aver perduto la sua forza propulsiva tra processi, annunci e una temuta valutazione europea pendente. Al riguardo è di estremo interesse l’analisi sull’argomento pubblicata ieri dall’agenzia di informazioni ACI Stampa dal giornalista vaticanista Andrea Gagliarducci

Cose positive e negative della finanza vaticana, in particolare del modo come il sistema giudiziario vaticano applica le leggi, saranno delineate con precisione il prossimo 26 aprile da un progress report di Moneyval, il comitato del Consiglio d’Europa che valuta l’aderenza alle norme internazionali di trasparenza finanziaria dei Paesi che partecipano al processo. Si tratta di un rapporto è molto atteso, perché farà capire se il nuovo corso dato da Papa Francesco alle finanze vaticane è efficace e riconosciuto a livello internazionale oppure no.

Lo scandalo del palazzo di Londra e suoi effetti in Vaticano

Travolto dallo scandalo relativo all’investimento immobiliare della Segreteria di Stato vaticana in un palazzo nel centro di Londra, il Papa ha, passo dopo passo, smantellato e ricostruito le finanze vaticane. I riferimenti sono tutti nuovi. La Segreteria di Stato ha anche perso la possibilità di gestire fondi propri, in favore dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA). Un provvedimento che sembra più una punizione che parte di una strategia.

Senza entrare nei dettagli delle operazioni finanziarie in questione, vale la pena ricostruire alcuni passaggi della vicenda che ha portato alla situazione attuale.

Nel 2018 la Segreteria di Stato decise di investire in un palazzo di lusso a Londra. Due broker si sono succeduti nella gestione dell’investimento, finché la Santa Sede, al fine di evitare ulteriori perdite e riprendere in mano il controllo dell’operazione, ha deciso di rilevare l’immobile. Nell’uscire dall’operazione mentre questa era in corso, ha dovuto pagare, da contratto, gli intermediari. Ha chiesto quindi all’Istituto per le Opere di Religione (IOR) un prestito per poter concludere l’investimento. Questo ha denunciato, ed è partito un procedimento sommario ordinato dal Papa che ha portato a una serie di perquisizioni nella Segreteria di Stato e all’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF), oltreché alla sospensione di cinque officiali vaticani, ai quali se ne è aggiunto un altro in seguito.

A questo punto, il Papa ha provveduto a cambiare profondamente i vertici delle finanze vaticane: il direttore dell’AIF Tommaso Di Ruzza non è stato riconfermato nel suo incarico ed è stato sostituito da Giuseppe Schlitzer; prima di lui, René Bruelhart, presidente della stessa autorità anti-riciclaggio, non era stato rinnovato, ma sostituito da Carmelo Barbagallo.

Chi gestisce oggi  le finanze vaticane?

Quindi è stato deciso che la Segreteria di Stato non gestisse più i fondi, di fatto svuotando di competenze l’ufficio amministrativo della Terza loggia.

Chi è, dunque, a gestire le finanze del Vaticano?

In primo luogo la Segreteria per l’Economia, organismo fondato nel 2014 dal cardinale George Pell, che rinviene attualmente in padre Juan Antonio Guerrero Alves un prefetto molto attivo. Egli ha presentato il bilancio della Santa Sede dello scorso anno e anche il budget previsto per l’anno prossimo, è stato presente sui media vaticani per spiegare il senso di quello che ha chiamato «bilancio di missione», inoltre, ha sottolineato come il bilancio “in rosso” previsto per il prossimo anno (è crisi per tutti, anche per il Vaticano) verrà parzialmente coperto da 30 milioni provenienti dall’Obolo di San Pietro, su 47 milioni di raccolta previsti.

La Segreteria per l’Economia ha assunto dunque quel ruolo di controllo e indirizzo che dovrebbe permettere una migliore gestione delle finanze vaticane, riducendo al minimo il rischio di errori. Come quello, appunto, di affidarsi a intermediari sbagliati.

Poi c’è l’APSA, che è sempre più chiamata a diventare una sorta di “banca centrale” e ad avere la centralità del controllo degli investimenti. Allo scopo di perseguire questo risultato è stato chiamato per la prima volta nelle vesti di segretario generale un laico, Fabio Gasperini, che possiede un lungo curriculum internazionale e una giovanile esperienza nel governatorato.

A oggi, però, l’unico ente del quale gli è stata affidata la gestione dei fondi, per decisione papale, è proprio la Segreteria di Stato coinvolta nello scandalo. A questo punto l’interrogativo è il seguente: a quando il trasferimento di fondi e investimenti del Governatorato vaticano e della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli?

L’Autorità di supervisione e informazione finanziaria (ASIF)

L’AIF, organismo di intelligence finanziaria vaticano, al momento sta raccogliendo i frutti del lavoro svolto in precedenza. Vertici nuovi, persino nuovo nome, poiché adesso viene definito Autorità di supervisione e informazione finanziaria, fino a ora si è occupato principalmente di problemi e riforme.

Problemi come quelli della gestione dei partner internazionali, preoccupati dalla deriva giustizialista che aveva portato alle perquisizioni negli uffici di una autorità indipendente. Riforme, come quella del cambiamento di nome, del rafforzamento del ruolo del presidente, e dell’inclusione dell’ASIF nelle norme del Regolamento Generale della Curia Romana.

Quest’ultimo dato, sottovalutato, ha creato un piccolo cortocircuito., perché l’autorità di intelligence finanziaria ha competenza per la supervisione esclusiva sullo IOR, tuttavia, questo mantiene la propria autonomia anche sul fronte del Regolamento di Curia. C’è, dunque, un ente di controllo che ha meno autonomia dell’ente controllato e anche meno autonomia riguardo all’erogazione degli stipendi.

Per la Santa Sede il problema economico permane grande. La pandemia ha messo a dura prova le casse vaticane, mentre enti come lo IOR mantengono una loro autonomia, una politica di contenimento degli stipendi ha stabilito un decurtamento per gli officiali ecclesiastici e per i cardinali, oltre al blocco degli scatti di anzianità per i dipendenti. L’ASIF rientra in questi tagli, lo IOR no.

Ma anche questo provvedimento è tutto da verificare nella pratica. Per i dirigenti verrà applicato solo sullo stipendio base, mentre non verranno intaccati i compensi aggiuntivi da contratto a margine, infine, le costose consulenze potranno ancora venire commissionate.

Un sistema finanziario privo di chiara direzione

Sono questi dettagli che dimostrano come in questa fase il sistema finanziario vaticano non abbia una chiara direzione. Esiste una cornice legale dai tempi di Benedetto XVI, pontefice che aveva garantito una relativa considerazione in ambito internazionale, ma quella cornice viene ora intaccata da una serie di decisioni che appaiono scollegate tra loro e che necessiterebbero di aggiustamenti.

E questo alla fine emerge dalla vicenda giudiziaria che ha coinvolto la Santa Sede in quest’ultimo anno e mezzo. Si è detto che è bene che i guai siano stati scoperchiati dall’interno, ma, a vedere i fatti, sono più le domande che le risposte.

La Segreteria di Stato ha chiesto allo IOR un’anticipazione da restituire con interessi per concludere l’operazione di Londra. Sebbene lo IOR abbia messo in chiaro nel suo ultimo rapporto annuale che non può erogare prestiti, va ricordato che l’Istituto è lì per sostenere la Chiesa nella sua missione. Può fare anticipazioni e lo ha fatto, intervenendo in aiuto anche di diocesi disastrate come quella di Maribor.

E infatti, lo IOR aveva inizialmente accettato la richiesta della Segreteria di Stato, salvo cambiare idea pochi giorni prima che tutto venisse definito, riferire tutto al Papa e, conseguentemente, fare prendere avvio all’indagine dei Promotori di Giustizia.

Perché lo IOR ha cambiato idea?

La confusione della Giustizia vaticana

Le indagini stesse dimostrano una certa confusione, tanto che due provvedimenti emessi in Italia su richiesta dei pubblici ministeri vaticani – cioè l’incarcerazione di Cecilia Marogna, controversa collaboratrice in materie di intelligence della Segreteria di Stato e il congelamento di alcuni beni di uno degli officiali vaticani sospesi, Fabrizio Tirabassi – sono stati poi revocati.

La stessa cosa è poi successa con il provvedimento emesso a carico di Gianluigi Torzi, uno degli intermediari dell’affaire londinese al quale erano stati congelati i conti. Non solo il giudice inglese Baumgartner ha revocato il provvedimento, ma ha anche contestato l’operato dell’accusa vaticana, sottolineando come la ricostruzione dei fatti era oggetto di «mischaracterzation» o «misinterpretion», cioè errata caratterizzazione o incomprensione.

Questo accadeva due settimane fa. La settimana scorsa, un magistrato italiano ha spiccato alcuni mandati di cattura a carico dello stesso intermediario e di altri suoi soci per il reato di autoriciclaggio e fatturazione fraudolenta, atto che risulta interessante per due motivi: non pone in discussione la decisione di Londra e riprende, piuttosto, la ricostruzione dei pubblici ministeri vaticani, i quali contestavano che la Segreteria di Stato potesse effettivamente effettuare investimenti.

Ma era così? Non proprio. Come detto, fino al dicembre del 2019 la Segreteria di Stato aveva i suoi fondi, quindi mettere in discussione questo dato di fatto rappresenterebbe una applicazione retroattiva della legge.

L’uso improprio dell’Obolo di San Pietro

I giudici vaticani lamentarono inoltre un uso improprio dell’Obolo di San Pietro, che dovrebbe essere destinato alla carità del Papa. Anche in questo caso, c’era una inesattezza di fondo: mai l’Obolo di San Pietro fu destinato solo a scopi benefici, lo dimostra la previsione dell’impiego di parte della raccolta dell’Obolo al fine di ripianare l’inevitabile rosso del bilancio.

Sono dettagli molto tecnici, che dimostrano però come il sistema finanziario della Santa Sede stia perdendo l’equilibrio generale precedentemente raggiunto. Si inseguono gli scandali, si cerca di rimediare agli errori, ma nel farlo si intacca necessariamente la preesistente stabilità, in quanto tutti gli ingranaggi del sistema finanziario sono legati tra loro.

Per questo, il giudizio di Moneyval è atteso. Stavolta esso si concentrerà sull’efficacia del sistema giudiziario, ovvero quanti processi si celebrano a partire dalle dalle segnalazioni sospette.

A rappresentare la Santa Sede ci sarà anche Roberto Zannotti, Promotore di Giustizia vaticano a capo della Sezione speciale del Tribunale contro i crimini economici e finanziari dal 2016, dal 2019 consulente delle strutture previste dall’Ordinamento Giudiziario dello Stato della Città del Vaticano in materia economica, tributaria e fiscale.

I «modesti» risultati ottenuti dal Tribunale vaticano

Tra le valutazioni decisive, sarà quella della quantità dei processi svolti a seguito delle segnalazioni ricevute. Al rapporto sui progressi del 2017, Moneyval descrisse come «modesti» i risultati del Tribunale. Fino al 2016 non c’erano segnalazioni, poi alle segnalazioni non è stato spesso dato seguito. Come sarà valutato l’operato della Santa Sede in proposito?

Appare dunque evidente che il problema della Santa Sede non è soltanto di natura economica. Si sta lavorando sulle proiezioni calcolando i prossimi deficit, ma la questione delle finanze è un problema istituzionale, una crisi che potrebbe colpire la Santa Sede proprio nella valutazione di Moneyval.

Il cambio di nome dell’AIF in ASIF sarà ben accolto oppure ne verranno rilevate le criticità? Il regime delle segnalazioni sospette sarà giudicato affidabile? E se sì, come verrà considerato l’operato del Tribunale? ù

La valutazione sarà su quello che è successo negli anni precedenti, dunque non si riferirà agli ultimi cambiamenti, ma di certo questi mutamenti potrebbero avere un impatto sul giudizio generale.

Santa Romana Chiesa è a un bivio

In fondo il problema non sono gli scandali finanziari, piuttosto la necessità di creare un sistema giuridico valido e adeguato alla particolarità della Santa Sede. Altrimenti in Vaticano non ci sarebbe nemmeno un revisore generale, stabilito esso come ufficio anticorruzione e non ci sarebbe stata neppure una Convenzione monetaria con l’Unione europea, che ha spinto alle riforme; non ci sarebbe la legge sugli appalti e non sarebbe necessario adeguarsi alle numerose normative internazionali.

La finanza vaticana si trova così a un bivio: riprendere il cammino del riconoscimento internazionale oppure ritornare al passato, con un sistema chiuso che rende difficile qualsivoglia tipo di aggiustamento, perché tutto si potrebbe rivelarsi una coperta troppo corta.

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