La Giordania è uno dei paesi più poveri di acqua della Terra, una scarsità tale che ne limita notevolmente le capacità nel settore agricolo, con il conseguente effetto di consentire soltanto la produzione di una ridotta quantità di cereali, insufficiente al fabbisogno espresso da una popolazione che negli ultimi anni ha registrato un incremento a causa dell’afflusso di profughi provenienti dalla confinante Siria, fabbisogno che ovviamente include la ricostituzione delle scorte per un periodo della durata di un anno.
Si tratta di un fattore che mantiene elevata la dipendenza del Regno hashemita dalle forniture dei produttori esteri, in particolare da alcuni Paesi che si affacciano sul Mar Nero, come Russia, Ucraina e Romania, mentre gli Usa risultano essere soltanto i principali fornitori di riso (che è l’alimento base della dieta dei giordani, con un consumo medio annuo pro capite pari a 24 chilogrammi), questo a fronte degli elevati costi del trasporto via mare delle derrate dall’America al Medio Oriente. Il riso viene importato soprattutto da India, Italia, Australia e Portogallo.
Lo stress idrico giordano
Il Regno hashemita è storicamente afflitto dalla propria condizione di stress idrico, infatti, si trova molto al di sotto della soglia dei mille metri cubi di acqua pro capite all’anno, considerata già di per sé «critica», collocandosi addirittura nel segmento della «assoluta povertà» di acqua (meno di cinquecento metri cubi di acqua pro capite all’anno).
Il bacino del fiume Giordano rientra per il suo 80% nei territori di Giordania, Siria e Israele, mentre soltanto una sua ridotta parte è in Libano. Esso riceve acqua da numerosi affluenti, dei quali il maggiore è lo Yarmuk, mentre altri suoi tributi provengono dalle falde sotterranee situate al di sotto della fascia costiera di Israele e della striscia di Gaza e al di sotto delle colline della Giudea e della Samaria, oltre alla falda fossile presente sotto il deserto del Negev.
Altri fattori che incidono sulla domanda di cereali
Per il biennio in corso (2021-22) è prevista in crescita sia la richiesta di grano (la stima è giunga a 875.000 tonnellate) che quella di orzo e di mais. Si tratta di incrementi della richiesta conseguenti all’attuale fluttuazione degli approvvigionamenti e dei consumi causata dell’instabilità del mercato, perturbato dagli effetti negativi della pandemia di Covid-19 e dagli associati timori ingeneratisi riguardo a una possibile carenza di mangimi e di pollame.
Inoltre, a incidere sulla scarsità di cereali nel Paese arabo contribuiscono anche i sempre più numerosi greggi di pecore awassi, la pregiata razza ovina da latte più diffusa nella regione mediorientale che, a seguito di secoli di allevamento selettivo (negli esemplari di sesso maschile può raggiungere anche i 120 chilogrammi di peso) e che assorbe risorse e attività degli agricoltori locali in funzione della esportazione del bestiame, principalmente nel Golfo Persico (i sauditi ne sono i principali importatori, mentre il Qatar importa soprattutto pecore di razza baladi).
In questo specifico caso la maggior parte dell’orzo disponibile viene dunque assorbita dal pascolo durante le sue fasi iniziali di crescita degli animali, anche bovini e pollame. La Giordania esporta ogni anno centinaia di migliaia di capi ovini nelle petromonarchie del Golfo, ricorrendo per il proprio fabbisogno interno a pecore importate a prezzi inferiori da Australia, Nuova Zelanda e Romania.
Scarsa produzione nel settore primario
Gli allevatori proprietari di ovini e caprini sono beneficiari delle sovvenzioni pubbliche che abbassano il prezzo dell’orzo sovvenzionato, una facilitazione che non viene tuttavia prevista in favore degli allevatori di bovini e pollame (quest’ultima di maggiore rilevanza nel Paese), esclusi dal regime di sovvenzioni in quanto le loro imprese sono incluse dalla normativa vigente nel Regno nel settore industriale.
Come accennato, seppure in lieve aumento, la produzione di grano in Giordania resta attestata a un livello trascurabile, questo a causa delle scarse precipitazioni meteoriche medie, infatti, essa attualmente riesce a soddisfare soltanto una settimana del fabbisogno annuo dei consumi espressi nel paese.
Un livello produttivo che almeno fino al 2022 dovrebbe permanere invariato, come invariata dovrebbe mantenersi anche la domanda, a differenza degli anni precedenti, che avevano invece fatto registrare picchi di crescita dei consumi fino ad allora senza precedenti a causa dell’afflusso di 600.000 rifugiati siriani (unitamente a un numero eguale di immigrati residenti) e di fattori di natura prettamente economica.
Sebbene la Giordania continui ad attraversare una fase economica difficile, oggi l’afflusso di rifugiati è cessato e alcuni di loro hanno fatto ritorno nel loro paesi di origine.
Ricostituzione e incremento delle scorte strategiche
Il paese conta poco più di dieci milioni di abitanti e, attualmente, approfittando di un eventuale abbassamento del prezzo dei cereali sul mercato internazionale, Amman potrebbe indirizzarsi a un aumento delle quantità di grano da acquistare al fine di ricostituire e incrementare le proprie scorte strategiche, questo al fine di provvedere alla sicurezza alimentare della popolazione attraverso la protezione dalle possibili fluttuazioni al rialzo dei prezzi causate dalle turbolenze del mercato, nonché dagli effetti della pandemia di coronavirus.
Allo specifico scopo, il Governo giordano ha in progetto l’ampliamento della capacità del sito di stoccaggio situato nel nuovo porto di Aqaba, un deposito di importanza strategica assieme agli altri situati in diverse parti del territorio del Regno.
Al riguardo va rilevato che in Giordania il ministero dell’industria e del commercio è sostanzialmente l’unico importatore di grano dall’estero, materia prima che cede poi ai molini (a un prezzo stabilito dal governo sulla base di medie mobili), i quali a loro volta vendono in seguito la farina prodotta ai panificatori.
Sovvenzioni a beneficio delle fasce economicamente più deboli
I cereali, come è ovvio, sono qualcosa di essenziale anche ai fini del mantenimento di una situazione di coesione e di pace sociale nel Regno. A questo scopo, il governo giordano provvede al calmieramento dei prezzi di beni di prima necessità come appunto il pane.
Attraverso il programma di sovvenzioni noto come mowahad, finora ai sudditi a basso reddito di Abdallah II «la pagnotta» è stata garantita, si tratta di un sistema recentemente riformato allo scopo di migliorarne l’efficienza complessiva.