TURCHIA, armi italiane. Il dittatore, Leonardo S.p.A. e gli elicotteri: l’Italia s’è desta?

Il governo di Ankara ha sospeso l’acquisizione di dieci elicotteri AW169, un’operazione da oltre settanta milioni di euro, un accordo commerciale che doveva essere alla base di altri con un guadagno previsto nel medio termine di più del doppio per la citata holding italiana

a cura di Giuseppe Morabito, generale dell’Esercito italiano in ausiliaria e, attualmente, membro del Direttorio della NATO Defense College Foundation – La prima a pagare il fatto che a Roma, da un mese a questa parte e dopo anni di vuoto,  si sia deciso che il nostro paese porti avanti una reale politica estera e si sia arrivati ad uno scontato e deciso contrasto tra il «dittatore» Erdoğan e il Presidente del Consiglio dei ministri italiano Mario Draghi, è stata Leonardo S.p.A., la holding tecnologica militare italiana a controllo statale.

Il governo di Ankara ha sospeso l’acquisizione di dieci elicotteri AW169, un’operazione da oltre settanta milioni di euro, un accordo commerciale  che doveva essere alla base di altri  con un guadagno previsto nel medio termine  di più del doppio per la citata holding italiana.

Dopo le parole di Draghi sembrerebbe che la Turchia abbia deciso di sospendere l’accordo come ritorsione e potrebbe essere la prima di una serie.

Ricordo che tutto prese avvio dalle parole del Presidente del Consiglio, che martedì scorso, parlando del trattamento riservato dal governo turco alla Presidente della Commissione europea, Ursula von Der Leyen, lasciata senza sedia durante un incontro ufficiale ad Ankara, aveva definito il presidente turco un “dittatore”. In particolare, la dichiarazione era stata: «Con questi, chiamiamoli con il proprio nome, dittatori, dobbiamo essere franchi nell’esprimere differenti punti di vista, opinioni, comportamenti, visioni della società, ma anche essere pronti a collaborare e cooperare».

Come dargli torto? Impossibile anche per i «buonisti a ogni costo», che almeno in questa occasione hanno dovuto ammettere la malaparata turca.

Si era passati sopra al falso golpe inscenato per eliminare parte della magistratura, del giornalismo libero e delle forze armate (formate da elementi di assoluto valore con i quali ho collaborato per anni), è stato fatto finta che nulla fosse con il cambio di destinazione a moschea di Santa Sofia a Istanbul, la NATO ha solamente protestato per l’acquisizione turca di missili contraerei russi che potevano essere integrati nel sistema di difesa alleato, è stato cercato un “accordo di massima” per salvaguardare le commesse petrolifere quando migliaia di terroristi dell’Isis sono stati assoldati da Ankara per risolvere a suo favore, affogandola nel sangue, la guerra civile libica e, poi usando gli stessi tagliagole per portare a suo vantaggio la crisi in Nagorno Karabakh.

Ora basta? La leva che utilizza Ankara per mettere pressione all’Europa è quella dei rifugiati, che per la maggior parte siriani, hanno come obiettivo di raggiungere il centro Europa  la Germania dove, inoltre,  vive e vota alle elezioni, visto che si è ormai raggiunta la seconda generazione, una milionaria minoranza turca. La cancelliera tedesca a questo punto, si spererebbe, “dica la sua” ricordandosi di essere a capo del paese guida dell’Unione.

Il ministro della Difesa Guerini e tutto il nostro governo possono, anche se non è facile durante la crisi pandemica, trovare il modo di fare assorbire le cancellate commesse di elicotteri, immediate e successive, dal nostro comparto Sicurezza. Questo annullerebbe il mancato introito di Leonardo e salvaguarderebbe il lavoro nelle fabbriche interessate, ma soprattutto sarebbe un segnale forte di coesione nazionale.

Anche se secondo alcuni analisti, il nostro paese avrà delle difficoltà commerciale dalla riduzione delle relazioni con Ankara, si deve considerare che la recessione democratica in Turchia e  la ragione economica non può far chiudere gli occhi soprattutto come Paese fondatore dell’Unione europea e fortemente ancorato ai principi democratici europei.

Chi scrive da anni segnala, nel suo piccolo,  l’anomalia turca e quanto sia pericoloso non avere  fermezza davanti alle azioni di Ankara, non ultima l’uscita dalla Convenzione del Consiglio d’Europa (detta proprio di Istanbul) sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.

Obiettivo delle democrazie mediterranee dovrebbe essere, in primis, estromettere i turchi dalla Libia e ottenere, con l’aiuto della presidenza americana in atto, l’investitura italiana come guida sia della democratizzazione del paese e della ricostruzione (la cosa salverebbe anche gli interessi dell’Eni e farebbe in modo di facilitare un accordo con la Francia e gli interessi della Total).

Inoltre, l’Unione europea che ha logicamente ormai escluso ogni possibilità di allargamento ad Ankara, dovrebbe trattare la questione dei profughi siriani, oggi ammassati sul territorio turco, con fermezza anche alla luce dell’attuale crisi economica interna turca ma ricordando che il governo turco è , purtroppo, storicamente incline a giustificare le pulizie etniche come quella storica degli armeni e quella recente dei curdi.

La NATO che è composta in stragrande maggioranza da paesi europei e guidata dagli Usa,  che hanno oggi dopo tanto tempo un presidente cattolico, dovrebbe smettere di fare solo dichiarazioni di facciata e passare ad un atteggiamento fermo con questo ormai scomodo membro e iniziare una riflessione strategica sul futuro del “fianco sud” dell’Alleanza.

L’Italia s’è desta… vedremo.

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