Con l’interrogazione parlamentare presentata ieri alla Camera dei Deputati, l’Onorevole Adolfo Urso, esponente del partito Fratelli d’Italia, ha denunciato la non pariteticità dell’avvenuta fusione tra i gruppi industriali del settore automobilistico (automotive, come oggi viene definito) Peugeot e Fiat Chrysler (FCA).
«Invece scopriamo, dopo la fusione – ha affermato Urso -, che si è trattato di una vendita ai francesi, che hanno ora la governance, incluso l’amministratore delegato e dei due sindacati presenti nel consiglio d’amministrazione, uno espressione dei francesi e l’altro degli statunitensi».
Le mani di Parigi su Stellantis
Il management Stellantis è di nomina francese, ha sottolineato il parlamentare dell’opposizione, aggiungendo che presto verrà chiusa una linea di produzione nello stabilimento industriale di Melfi.
«A fronte di questo – ha proseguito Urso – sappiamo anche che la stessa holding ha messo in vendita l’Iveco ai cinesi e, nel frattempo, intende vendere Comau e Teksid sempre ad acquirenti asiatici, mentre in questi ultimi tempi ha ceduto piccole e medie aziende della filiera automobilistica».
A questo punto l’interrogativo posto dal parlamentare siciliano al ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti è stato il seguente: «Cosa era stato notificato a Palazzo Chigi? La fusione o la vendita? Inoltre, era stato comunicato che lo Stato francese dopo la fusione avrebbe aumentato le quote?»
Urso ha poi chiesto il perché il Governo non attivi Cassa depositi e prestiti allo scopo di farle acquistare una quota pari a quella detenuta dallo Stato francese, allo scopo di garantire che anche gli stabilimenti industriali italiani e la filiera dell’automotive siano protetti in caso di ristrutturazioni.
Il «pericolo giallo»
L’Iveco, cioè il ramo del gruppo che produce veicoli industriali e militari, potrebbe venire ceduto a una holding cinese statale, il cui controllo quindi è riconducibile alla Repubblica Popolare, una preoccupazione che ha indotto il parlamentare interrogante a chiedere al ministro se il Governo intenda o meno imporre la golden power sull’impresa italiana.
Dal canto suo, Giorgetti ha condiviso il punto di vista dell’interrogante sulla necessità che la politica industriale, con specifico riferimento al settore dell’automotive, necessiti di una profonda rivitalizzazione che dovrebbe essere generata «non soltanto dalla domanda ma anche dall’offerta, attraverso una politica industriale che incentivi il settore, altrimenti presto saremo costretti ad andare a comperare all’estero, magari in Cina».
Un adeguato supporto, ha proseguito il ministro, costituisce la premessa per evitare operazioni di delocalizzazione o di acquisizione di imprese nazionali, tuttavia, ha poi egli sottolineato, «in molti casi, come quelli citati dall’interrogante, si vanno a configurare come operazioni di natura privatistica, che rientrano nell’ambito dell’esercizio dell’autonomia negoziale delle imprese e che non rientrano nell’ambito delle fattispecie per le quali è possibile l’esercizio dei poteri speciali, soprattutto quando si tratta di operazioni intra-comunitarie, quali quelle che hanno dato luogo all’attuale assetto di Stellantis».
Iveco, Comau e Teksid
«Per quello che attiene a Iveco – ha proseguito Giorgetti -, come anche per Comau e Teksid, allo stato attuale non risultano notificate operazioni che potrebbero dar luogo all’utilizzo dei poteri speciali (cioè della golden power, n.d.r.). Se e quando le operazioni aventi a oggetto le predette società venissero intraprese, saranno prontamente avviate le iniziative istruttorie da parte del gruppo di coordinamento istituito sulla base della normativa sull’esercizio dei poteri speciali, al fine di valutarne la possibilità di esercizio, di cui al Decreto legge n. 21/2012 e anche alla luce del recente Dpcm n.179 del 18 dicembre 2020, che individua ulteriori beni e rapporti di rilevanza strategica per l’interesse nazionale».
Nella sua replica conclusiva al ministro, l’interpellante ha eccepito riguardo all’asserita impossibilità di opporre la golden power nel caso dell’operazione avente a oggetto Iveco, argomentando questo suo dissenso perché, a suo avviso, la normativa vigente consentirebbe di intervenire anche laddove si sia in presenza di soggetti dell’Unione europea