LIBIA, assalto al terminale Eni. Situazione per il momento sotto controllo, ma si attendono sviluppi

Secondo Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia, non sarebbe escluso «che qualcuno in Libia voglia fare capire agli italiani che la situazione ancora non è chiara», e questo proprio in concomitanza con la visita ufficiale di Draghi a Tripoli

«Al momento la situazione sembrerebbe essere sotto controllo», ha affermato nel tardo pomeriggio Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia, raggiunto al telefono da insidertrend.it, che si è espresso riguardo alla critica situazione venutasi a creare martedì scorso attorno all’impianto di trattamento di petrolio e gas dell’Eni a Mellitah, non lontano dalla capitale libica.

L’esponente di vertice dell’organizzazione di categoria delle imprese italiane attive nell’indotto dell’Oil & Gas ha poi dichiarato di «essere in attesa di maggiori informazioni da parte dell’Eni per conoscere meglio lo stato reale della situazione».

Una vicenda, quella dell’assalto armato all’impianto a opera di un gruppo di miliziani provenienti dalla vicina zona di Zuwara, che sempre secondo Marsiglia «ha colto tutti di sorpresa, poiché si è verificata proprio in concomitanza con la visita ufficiale a Tripoli del Presidente del Consiglio dei ministri italiano Mario Draghi, una situazione, perciò, alquanto particolare e delicata».

L’impianto di Mellitah, dal quale origina il gasdotto Greenstream che collega la costa settentrionale africana alla Sicilia, viene gestito congiuntamente dall’Eni e dalla compagnia di Stato libica NOC (National Oil Corporation)

In seguito, il presidente di FederPetroli Italia non ha escluso che qualcuno in Libia voglia fare capire agli italiani che la situazione ancora non è chiara, infatti, ha quindi concluso Marsiglia, «l’impianto si trova a circa ottanta chilometri a ovest di Tripoli e rappresenta un punto strategico e di partenza del gasdotto che collega la Libia all’Italia».

La dinamica della vicenda

Martedì scorso l’importante impianto di trattamento di materie prime energetiche, petrolio e gas, situato nella località di Mellitah, nella Libia occidentale, era stato assaltato da un gruppo di miliziani armati di Zuwara, città costiera nelle vicinanze.

Il Gruppo di piazzale Mattei aveva in seguito reso noto che l’azione della milizia era durata circa un’ora e che poi la situazione era tornata «quasi alla normalità», nonostante fossero state registrate tensioni anche il giorno successivo. Tuttavia, altre fonti smentite da un portavoce dell’Eni, avevano riferito che i miliziani erano avevano bloccato l’ingresso e l’uscita delle maestranze dell’impianto, ponendo così a rischio la loro sicurezza.

L’assalto dei miliziani aveva avuto luogo a seguito dell’arresto di Imad al-Din Masoud, responsabile in loco della sicurezza, un provvedimento emesso dalla Procura generale libica sulla base di un’accusa relativa a presunti traffici illeciti da egli posti in essere, ma i seguaci dell’uomo avevano evidentemente ritenuto quell’arresto come un  sequestro di persona, evento non raro nel conflittuale contesto  del Paese nordafricano.

Un’area turbolenta e fuori controllo

Quella a ovest della capitale, che si estende fino alla frontiera con la Tunisia, permane un’area caratterizzata dalla violenza e dai traffici illeciti, inclusi quelli di esseri umani. Essa sfugge dunque al controllo delle autorità statali libiche, Zawiya, Zuwara e Sabratha sono infatti toponimi noti alle cronache.

Quei luoghi tormentati risentono ovviamente anche delle dinamiche politiche, conferendo la caratteristica della proteiformità alle alleanze tra milizie, clan, fazioni e servizi segreti, un aspetto che genera insicurezza, anche  in una fase di auspicabile stabilizzazione che, però, non incontrerebbe il favore di tutti gli attori presenti sullo scenario libico, anche di quelli recentemente caduti in disgrazia, ma che contano ancora del sostegno di alcune potenti milizie, la cui azione è ispirata dal pragmatismo e che, proprio per questo, si esplica sul territorio anche nelle forme di un assalto come quello di Mellitah.

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