Era nato in Canada ottantotto anni fa, ma si era stabilito in Italia, paese che amava profondamente. Robert Mundell, economista vincitore del premio Nobel e, come lo descrivono alcuni suoi colleghi, «amalgama di genio teorico, lucidità algebrica e soprattutto geometrica, di sensibilità culturale e influenza pratica incommensurabile», se ne è andato lasciando un grande vuoto.
Si era formato nella sua materia presso quella fucina di cervelli che è stato il Massachusetts Institute of Tecnology (MIT), dove nel lontano 1956 aveva conseguito il dottorato di ricerca nel 1956, passando quindi alla London School of Economics. Anni dopo, nel 1999, gli venne riconosciuto il merito per le sue analisi nel campo della politica monetaria e fiscale, nell’ambito di diversi regimi di tasso di cambio, nonché per la sua analisi delle zone ottimali di cambio.
Fu per lungo tempo docente di economia presso la Columbia University di New York. Nel 1961 Mundell entrò al Fondo monetario internazionale, quindi lavorò per l’Onu, la Banca Mondiale, la Commissione europea, la Federal Reserve, il dipartimento al Tesoro Usa, il Governo canadese e per numerosi altri Stati europei e dell’America Latina. Autore di numerosi testi sulle teorie economiche internazionali e considerato «il padre» della teoria delle aree monetarie ottimali, in seguito elaborò anche uno dei primi studi relativi alla moneta unica europea.
Col suo pensiero fornì dunque un contributo fondamentale alla nascita della moneta unica europea, seppure sostenesse con convinzione la tesi che nel Vecchio continente le condizioni ottimali per una fusione delle valute non esistevano, posizione che lo portò a venire considerato nella schiera dei cosiddetti «euroscettici».
Al pari di molti altri anglosassoni, per vivere scelse le colline senesi, luogo nel quale si trasferì alla metà degli anni Settanta.