LIBIA, analisi. Un nuovo governo in un paese ormai diviso in due

Secondo il generale Giuseppe Morabito, analista del NATO Defense College Foundation, ritiene che le elezioni di dicembre costituiscono un «traguardo ambizioso e difficile»

a cura del generale in ausiliaria dell’Esercito italiano Giuseppe Morabito, membro del direttorio e analista del NATO Defence College Foundation – Lo scorso febbraio i settantacinque delegati libici al Forum di Dialogo Politico per la Libia (LPDF), sostenuto dalle Nazioni Unite, hanno scelto Abdul Hamid Dbeibah quale primo ministro del governo di transizione. Il neo designato premier avrà il compito di traghettare il Paese nordafricano, martoriato da più di sei anni di sanguinosa guerra civile, alle elezioni, al momento indette per il prossimo 24 dicembre.

Il nuovo Governo di unità nazionale (GNU)

Dopo giorni di discussioni e dopo che Dbeibah ha “cambiato” nove dei trentacinque ministri da lui inizialmente proposti, la Camera dei Rappresentanti (HoR) ha finalmente approvato la formazione, mercoledì, del nuovo Governo di unità nazionale (GNU) libico. Ciò significa che, per la prima volta dal 2014 la Libia ha un governo che si potrebbe definire legittimo. Questo  è senza dubbio uno sviluppo positivo della situazione anche se permangono dubbi sulla reale coesione dei componenti governativi designati.

La comunità internazionale, in particolare l’ONU, l’Unione europea, gli Stati Uniti, l’Italia e la Germania, hanno sostenuto con forza questo voto prima che fosse pubblicato un rapporto del gruppo di esperti delle Nazioni Unite sulle tangenti che sarebbero state elargite durante il processo di nomina da parte dell’LPDF.

Ovviamente si temeva che il Rapporto potesse erodere il sostegno al GNU all’interno dell’HoR, rendendo più difficile il voto. La comunità internazionale non voleva rischiare un fallimento e sembrerebbe si sia addivenuto a un accordo per cui un governo legittimo, che inizia con un probabile caso di corruzione, sia una “male minore” che continuare col governo di al-Serraj, corrotto e sotto la evidentissima negativa influenza turca.

Tangenti ed equilibri

In particolare, il rapporto riferirebbe di un giro di tangenti che avrebbero portato all’elezione definita “a sorpresa” di  Dbeibah , comprese tra i 150.000 e i 200.000 dollari, offerte ad almeno tre dei delegati con diritto di voto.

Ovviamente l’ufficio del primo ministro avrebbe già smentito le accuse, bollandole come create ad arte per bloccare il processo politico e, comunque, il rapporto dell’ONU, che sarebbe partito proprio da una segnalazione dell’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia Stephanie Williams, verrà reso pubblico il 15 marzo.

Il governo Dbeibha potrebbe essere descritto come una specie di governo aperto “a tutti i partiti”, i cui membri hanno livelli di influenza molto diversi e che non ha ancora un programma comune concreto. Tuttavia, il suo scopo principale, non va mai dimenticato, è preparare e organizzare, come concordato nella conferenza sulla Libia di Ginevra, le elezioni generali del prossimo dicembre.

A partire da subito il premier dovrà dare credito all’ampia fiducia che ha ricevuto, anche se non sarà facile soddisfare, come detto, le aspettative molto diverse, a volte diametralmente opposte dei suoi sostenitori interni, a partire dal comandante “ribelle” della Cirenaica Khalifa Haftar e, a seguire, dei paesi che hanno sostenuto militarmente la guerra civile e precisamente Turchia, Qatar, Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti.

Libia russa e Libia turca

Non va poi dimenticato che quando si parla della Libia attuale, si parla di una paese diviso in due aree di influenza, che si potrebbero denominare Libia russa (nella Cirenaica di Haftar) e Libia turca (nella Tripolitania e parzialmente nella regione del sud, il Fezzan).

Ankara ha trasferito in Libia (principalmente in Tripolitania) migliaia di miliziani e potenziali terroristi ex combattenti e non si sa, al momento , né dove siano esattamente né cosa facciano e , soprattutto, dove andranno a breve.

Dal canto suo Mosca sfruttando i miliziani del Gruppo Wagner, ha stabilito delle roccaforti volte a proteggere le aree di suo interesse militare e petrolifero.

In conclusione, i principali analisti geopolitici che si occupano dell’area concordano sia che nel complesso la situazione politica è più favorevole di prima e c’è, almeno in teoria, la parvenza di unità necessaria per accreditarsi presso gli organismi internazionali, sia che, sul piano militare, quella che era la Libia è di fatto divisa nelle due aree d’influenza di due paesi che di democratico hanno poco o nulla.

Condividi: