BALCANI, Cossovo. Inizia il 2021 con un nuovo governo anche in Kosovo
Il Movimento di Albin Kurti (Vetëvendosje!, Autodeterminazione!, partito nazionalista di sinistra di riferimento dell’etnia albanese) ha vinto le elezioni parlamentari del 14 febbraio scorso in del Kosovo
di Giuseppe Morabito, generale in ausiliaria dell’Esercito italiano, attualmente membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation – Il Movimento di Albin Kurti (Vetëvendosje!, Autodeterminazione!, partito nazionalista di sinistra di riferimento dell’etnia albanese) ha vinto le elezioni parlamentari del 14 febbraio scorso in del Kosovo.
Secondo i risultati ufficiali, il Movimento di autodeterminazione di Kurti ha vinto con circa il 48% dei voti, mentre tutti i dieci seggi per la comunità serba sono andati alla lista che fa riferimento a questa etnia minoritaria. Si è trattato delle seconde elezioni parlamentari negli ultimi diciotto mesi, nelle quali il Partito Democratico del Kosovo (PDK) ha ottenuto soltanto il 17% dei voti, l’attuale Lega Democratica del Kosovo (LDK) di Avdullah Hoti si è attestata al 13%, mentre l’Alleanza per il futuro del Kosovo (AAK) ha raggiunto circa il 7% dei consensi. «Questo è stato un referendum per la giustizia e contro la corruzione», ha dichiarato Kurti nel corso di una conferenza stampa dopo la vittoria elettorale, aggiungendo che le elezioni sono state «senza precedenti nel Kosovo del dopoguerra» e che «il paese è in crisi e quindi tutti devono assumersi delle responsabilità affinché divenga un paese in cui le persone possono vivere serenamente».
Kurti non ha comunque ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi, quindi dovrà cercare in parlamento almeno un alleato. Ma il DPK ha fatto sapere che non farà parte del futuro governo, invece il leader dell’AAK ed ex primo ministro del Kosovo Ramush Haradinaj ha espresso disponibilità per una coalizione con il Movimento di autodeterminazione. In sintesi, Kurti dovrà formare una coalizione con almeno un partito oltre al suo al fine di assicurarsi sessantuno seggi all’Assemblea legislativa, organo che conta centoventi parlamentari.
Al contempo, Goran Rakić, leader della Lista serba, ha definito il sostegno di oltre il 70% degli elettori nell’area a maggioranza della sua etnia, una vittoria di «unità serba».
L’Alto rappresentante dell’Unione europea Josep Borrell e il Commissario europeo per l’Allargamento Olivér Varhelyi, hanno immediatamente sottolineato che: «L’Unione europea continuerà a collaborare con le autorità al fine di sostenere il Paese nel raggiungimento di progressi tangibili lungo il percorso europeo, che passa attraverso “riforme strutturali” e cooperazione regionale».
«L’Unione europea ha inviato nei Balcani una missione di esperti che rimarrà in Kosovo allo scopo di seguire le procedure post-elettorali e, quindi, formulare raccomandazioni», hanno aggiunto Borrell e Varhelyi, precisando che l’integrazione europea di Pristina «passa anche dalla normalizzazione delle relazioni con la Serbia».
Per questo, Bruxelles confida che le nuove autorità kosovare «collaborino costruttivamente nell’ottica del proseguimento degli incontri del dialogo mediato dall’Unione europea e colgano l’opportunità per raggiungere un accordo globale».
Anche la NATO, con il nostro paese in prima linea, continua a essere impegnata nella missione KFOR, cioè il sostegno alla, ci si augura, nascente democrazia kosovara.
L’operazione KFOR è iniziata all’alba del 12 giugno 1999 su mandato delle Nazioni Unite due giorni dopo l’adozione da parte del Consiglio di Sicurezza, della Risoluzione 1244. All’epoca il Kosovo stava affrontando una grave crisi umanitaria, con scontri quotidiani tra le forze militari della Repubblica federale di Jugoslavia e le forze paramilitari dell’Ushtria Çlirimtare e Kosovës (UÇK, Esercito di Liberazione del Kosovo). La tensione tra i gruppi etnici era molto alta, così come era elevato il numero delle vittime degli scontri, con quasi un milione di profughi che avevano lasciato la regione. La missione aveva il compito originario di proteggere la popolazione civile, ma, negli anni ha mutato scopo e composizione.
Importante è mettere in evidenza che dal 6 settembre 2013 l’Italia ha assunto la guida dell’intera missione, l’attuale comandante è il generale di divisione dell’Esercito Franco Federici.
Attualmente la consistenza massima annuale autorizzata dall’Italia per il contingente nazionale impiegato nella missione KFOR è di 628 militari, 204 mezzi terrestri e 1 mezzo aereo.
Per quanto riguarda il futuro del dialogo tra Belgrado e Pristina, il rappresentante speciale dell’Unione europea Miroslav Lajčák ha valutato che le elezioni parlamentari in Kosovo hanno mostrato la maturità di tutti gli attori e delle istituzioni locali e ha affermato che si aspetta una cooperazione con il futuro governo. Malgrado Kurti abbia affermato che il dialogo con Belgrado non costituirà una priorità, perché verrà privilegiato il dialogo interno con i serbi del Kosovo.
Al riguardo circolano notizie sulla base delle quali il Movimento di autodeterminazione su questo specifico tema non si aspetta alcuna pressione da parte della nuova amministrazione degli Stati Uniti. Al momento, da fonti diplomatiche, si è fatto trapelare che il presidente americano Joe Biden si è solamente congratulato con il presidente ad interim del Kosovo Vjosa Osmani il giorno del 13º anniversario della dichiarazione di indipendenza, sottolineando che «non vedeva l’ora di collaborare con il nuovo governo e lavorare per raggiungere un accordo finale con la Serbia basato sul riconoscimento reciproco».
Washington, che rinviene nell’ex presidente democratico Bill Clinton un vero e proprio eroe nazionale kosovaro, incoraggeranno sicuramente il nuovo governo di Pristina a negoziare con la Serbia.
Come comprensibile, anche il nostro nuovo governo, con il confermato ministro della Difesa Guerini, continuerà a guardare con invariato interesse alla piccola realtà balcanica popolata da circa due milioni di abitanti, nella quale le nostre Forze armate si sono sempre impegnate e hanno primeggiato per efficienza e dedizione. Un esempio di politica estera portato avanti con lo strumento di eccellenza dell’Italia.