Nell’anno in corso la Santa Sede si attende dunque un deficit di 49,7 milioni di euro, bilancio negativo influenzato dalla crisi conseguente alla pandemia da coronavirus, che ha portato, tra l’altro, a una riduzione dei proventi derivanti dagli affitti di locali commerciali e alberghieri, nonché a minori utili frutto dei vari asset posseduti oltre Tevere.
Si tratterebbe comunque di una cifra mitigata in parte dai 30,3 milioni di euro ricavati dall’Obolo di San Pietro, aspetto sottolineato in una nota emessa dalla Segreteria vaticana per l’Economia, che ha reso noto che il Papa ha approvato il bilancio della Santa Sede del 2021, precedentemente discusso al Consiglio per l’Economia lo scorso 16 febbraio.
Va rilevato che è la prima volta che nel bilancio viene incluso l’Obolo di San Pietro e i fondi a esso dedicati, che generano entrate per 47,3 milioni e donazioni per 17 milioni, con un bilancio netto di 30,3 milioni.
Sempre la medesima nota presenta alcune cifre senza tuttavia chiarire i dettagli del bilancio della Santa Sede, inoltre, la carenza di informazioni viene resa ancora maggiore a causa della mancata pubblicità del bilancio relativo allo Stato di Città del Vaticano, che non viene presentato dal 2016 e che, anch’esso, più che presumibilmente subirà gli effetti della crisi in atto.
Al riguardo basterà riflettere sulla sola chiusura dei Musei vaticani, con il conseguente fermo del complesso delle attività di merchandising correlate, che aprirà un «buco» pari a circa cento milioni di euro. Una somma ingente, se si considera che l’attivo del Governatorato era dovuto soprattutto agli introiti derivanti dalle attività museali e al loro indotto, una contrazione delle entrate che si è direttamente ripercossa sulla successivo versamento da parte del Governatorato nelle casse della Santa Sede.
Allo stato attuale delle cose, nell’anno in corso oltre Tevere si prevede di introitare 260,4 milioni di euro, a fronte di spese per 310 milioni, che a bilancio produrrà un deficit pari a 49,7 milioni. Senza il gettito derivante dall’Obolo di San Pietro il deficit ammonterebbe addirittura a 80 milioni di euro.
Rispetto al 2019 le entrate operative sono scese del 21% (-48 milioni di euro), questo a causa della riduzione delle attività commerciali e immobiliari, nonché degli apporti riferibili a donazioni e contributi. La politica dei tagli (che ha inciso drasticamente sui viaggi di lavoro, la cancellazione di tutte le plenarie e l’estinzione dei contratti a tempo determinato) ha portato a un risparmio del 14 per cento.
Per quanto concerne invece il personale in servizio, cinquemila dipendenti tra Santa Sede e Vaticano, la Segreteria per l’Economia ha fatto sapere che, in ogni caso, «la sicurezza degli impiegati continuerà a essere una priorità».
Quest’anno il 68% delle spese totali deriverà dal sostegno alla missione apostolica, vale a dire alle 125 missioni diplomatiche residenti, alla comunicazione del Pontefice e ad altre attività correlate. Il 17% delle entrate coprirà le spese di gestione del patrimonio e altri asset, mentre il 15% quelle dell’amministrazione e per le attività di servizio.
“Se il livello delle donazioni permarrà come atteso – conclude la nota emessa dalla Segreteria vaticana per l’Economia -, il deficit dovrà venire coperto con le riserve della Santa Sede».