Una decisione assunta dal Pentagono sulla base della nuova strategia complessiva e, inoltre, anche a causa dell’usura dei B-1B dovuta al loro intenso impiego negli ultimi venti anni.
«Ritiriamo questi bombardieri per far posto al B-21 Raider – ha recentemente dichiarato il generale Tim Ray, ufficiale al vertice dell’US Air Force Global Strike Command -, un progetto di rinnovamento della linea di volo sul quale stiamo lavorando da tempo».
Una decisione imposta da quelli che altrimenti sarebbero i costi di mantenimento in servizio di questi bombardieri, pari a trenta milioni di dollari a macchina, questo allo scopo di “rigenerarli” temporaneamente, un onere ritenuto evidentemente troppo gravoso.
Qualcosa comunque che era in programma, tanto più che lo stesso Ray ha poi aggiunto che all’USAF stanno «soltanto accelerando dei pensionamenti già pianificati».
Messa a riposo di un veterano
Nel 2012 l’USAF si era impegnata nell’aggiornamento dei propri B-1, intervenendo mediante programmi di refitting e di integrazione di nuovi apparati sulla vecchia cellula, per finire nell’estate del 2020 con il completamento dell’aggiornamento dei sistemi di navigazione e di comunicazione, un indispensabile apporto di migliorie costato al contribuente americano oltre un miliardo.
Ma il B-1 ha egualmente risentito della sua lunga vita operativa di (unico) bombardiere supersonico in grado di trasportare e recare sul bersaglio un pesante carico di sistemi d’arma, trovando intenso impiego nei teatri bellici dove è stato proiettato il dispositivo militare statunitense, Medio Oriente in primo luogo.
Ovviamente, usura, guasti e ripetute implementazioni apportate al velivolo, a lungo andare ne hanno accelerato il deterioramento.
Ultimo volo per l’Arizona
In un articolo di stampa a firma Oriana Pawlyk, pubblicato dal sito web di informazioni military.com, si afferma che nella giornata di ieri, mercoledì 18 febbraio, un Lancer è stato avvistato in volo nei cieli dell’Arizona e, in seguito, un portavoce dell’aeronautica militare statunitense ha confermato che esso era diretto alla Davis-Monthan Air Force Base, dopo avere decollato dalla Ellsworth Air Force Base nel South Dakota.
Davis-Monthan è la sede del Boneyard, il luogo cioè dove questi aerei, ritirati temporaneamente o definitivamente dal servizio attivo, vengono conservati allo scopo di eventuali possibili impieghi futuri oppure per ricavarne parti di rispetto come i ricambi o componenti destinati se compatibili all’installazione su altri velivoli ancora in linea, insomma, è la cosiddetta «cannibalizzazione».
Nel Fiscal Year 2021, il bilancio statunitense era stato approvato il ritiro dalla linea di volo di diciassette B-1B su sessantadue al fine di rendere meglio gestibile il rimanente della componente bombardieri. Un processo di ritiro che dovrà essere portato a termine entro il prossimo mese di settembre.
I requisiti imposti da Washington
Tuttavia, il Congresso degli Stati Uniti d’America ha posto la condizione all’USAF che venissero mantenute inalterate le capacità dello strumento militare di soddisfare i requisiti posti dalla sua missione, in questo specifico caso l’attacco a lungo raggio nel quadro del complesso della strategia di difesa nazionale.
«Il ritiro dal servizio di questi diciassette bombardieri non inciderà sulle capacità della Forza armata», ha tenuto a sottolineare il generale Ray, anche perché «un minor numero di aeromobili di quel tipo schierati in linea consentirà al personale addetto alla manutenzione la possibilità di dedicare più tempo e maggiori attenzioni alla flotta rimanente, inoltre se ne trarrà beneficio anche dal punto di vista dell’addestramento degli equipaggi».
Impieghi attuali e futuri
Negli ultimi mesi i B-1B hanno condotto missioni di pattuglia «ad alta visibilità» nella regione dell’Indo-Pacifico, in particolare nei mari della Cina orientale e meridionale.
Lo scorso maggio, i bombardieri della base di Ellsworth hanno effettuato la loro prima missione di addestramento in Svezia e nell’Artico, mentre è previsto che nei prossimi giorni vengano rischierati in Norvegia per un ciclo addestrativo simile.
Assieme al B-52H, il B-1 ha costituito per anni la spina dorsale della componente aerea della triade nucleare statunitense, basata appunto sulla Strategic Bomber Force.
Quella attraversata è una fase di mutamenti che, alla fine, inciderà in maniera sensibile sull’Air Force Global Strike Command, fino a qualche tempo fa articolato su cinque Bomb Wings distribuiti in altrettante basi aeree negli Stati del North e South Dakota, del Missouri, del Texas e della Louisiana.
Il futuro dei bombardieri strategici Usa
Seppure nel programma di politica estera della nuova amministrazione democratica presieduta da Joe Biden figuri l’impegno a non incrementare il numero dei bombardieri nucleari in linea oltre quelli previsti dal Trattato START (esortando al contempo Mosca ad allinearsi a questa stessa linea di azione), con ogni probabilità l’USAF proseguirà nel suo programma ampliamento e potenziamento della propria componente di attacco nucleare costituita da velivoli pilotati.
I B-1B, de-nuclearizzati nel 2011, verranno sostituiti assieme ai B-2A dai nuovi B-21, dei quali è prevista l’immissione nella linea di volo dell’USAF da un minimo di 100 a un massimo di 145 esemplari nella finestra temporale compresa tra il 2032 e il 2036.