Dopo il giuramento al Quirinale dei ministri del nuovo esecutivo oggi il Presidente del Consiglio Mario Draghi si è recato dapprima in Senato e successivamente alla Camera dei Deputati per ottenere la fiducia dai due rami del Parlamento.
Nel suo discorso a Palazzo Madama egli ha sottolineato la propria emozione e ha ribadito che: «Il mio sarà il Governo del Paese: priorità alla lotta alla pandemia e alla conseguenze economiche dell’emergenza».
Nella sua esposizione egli ha poi rassicurato sul fatto che i cittadini italiani verranno informati in anticipo sulle nuove misure in via di adozione. Infine ha richiamato i partiti politici al senso di responsabilità nazionale, riaffermando la centralità della moneta unica dell’Unione europea.
Dopo il suo discorso ha preso avvio la discussione generale e in serata sono attese le dichiarazioni di voto e, quindi, la fiducia al nuovo esecutivo. Nel frattempo i partiti perfezionano le loro strategie: nasce l’intergruppo parlamentare Pd-M5s.
Come a ogni inizio di settimana raccogliamo l’opinione espressa dal professor Mario Baldassarri, economista già viceministro dell’Economia e delle Finanze e attualmente presidente del Centro studi economia reale.
Il discorso del Presidente al Senato
«Un discorso profondamente politico con la “P” maiuscola – ha commentato a caldo Baldassarri -, penso che abbia dato una visione, che è quello che dovrebbe fare la politica, sintetizzandola in due elementi: in primo luogo perché quando ha parlato di date ha parlato del 2026, del 2030 e del 2050, ponendo quindi dei precisi orizzonti temporali per la ricostruzione del Paese; dopodiché ha indicato chiaramente quale sarà il ruolo del suo governo: costruire i binari, metterci sopra il treno Italia e farlo viaggiare in quella direzione».
Nel discorso pronunciato al Senato della Repubblica, Draghi ha inoltre esplicitamente sottolineato che «il tempo del Governo non è valutato in base alla durata, ma sulla base della qualità delle decisioni e delle scelte», aggiungendo che «l’unità nazionale non rappresenta una opzione, ma un dovere».
Governo Draghi: la squadra
Questo il giudizio espresso dal professor Mario Baldassarri sulla squadra di governo formata dall’ex presidente della Banca centrale europea:
«Ritengo sia una squadra di tecnici di valore, probabilmente al posto giusto sulla base delle loro competenze, contornata da una squadra di politici che copre lo schieramento della maggioranza, direi con un intelligente equilibrio, che include quelli più “ragionevoli” e di buon senso».
Tuttavia, quell’abbastanza non è affatto casuale, poiché, sempre secondo Baldassarri, «se le competenze sono al punto giusto, il problema è lo strumento. In particolare riguardo a i due ministri, quello della Transizione ecologica e quello dell’Innovazione, si potrà in seguito valutare di quali poteri concreti potranno disporre: direi che tutto è riassunto nella Presidenza di Draghi, perché, oggettivamente, la politica economica e quella estera, di fatto, sarà lui a guidarla, alla Giustizia c’è una persona di valore come la Cartabia».
Nel programma del Governo figurano ai primi posti il Recovery Fund e le riforme connesse con il Next Generation EU, in particolare quelle del sistema fiscale (strutturale e globale) , della Salute (con forte riorientamento sui presidi territoriali), dell’Istruzione, della Giustizia e della Pubblica amministrazione.
Riforme strutturali: verso un’Irpef «progressiva»?
«L’argomento – ha egli proseguito – lo abbiamo già sollevato da almeno tre settimane: tutti hanno focalizzato le attenzioni sui 209 miliardi del Recovery Fund, ma esiste un “nodo” fondamentale che passa proprio per la riforma fiscale, che dovrà essere quantitativamente consistente e dovrà trasformare l’Irpef attuale in una Irpef “progressiva”, perché oggi l’Irpef la pagano per l’80% i lavoratori dipendenti e i pensionati delle fasce di reddito media e medio-bassa».
Però, per introdurre una imposizione fiscale del genere si renderebbe necessario semplificarla per quanto concerne le aliquote – secondo Baldassarri non più di tre – e ottenere una progressività piuttosto marcata ed efficace ricorrendo alla No tax area, «addirittura si potrebbe introdurre la negative income tax, cioè quella soglia di reddito al di sotto della quale non si versano imposte, anzi, per coloro i quali si trovano al di sotto di essa viene previsto che ricevano in automatico dei trasferimenti di denaro che li portino a raggiungerla, consentendo loro la conduzione di una esistenza dignitosa».
Ecco quanto servirebbe e dove prenderli
Per portare a termine un’operazione del genere occorrerebbero sgravi fiscali pari a circa quaranta miliardi di euro a beneficio delle citate fasce di reddito, tuttavia, questa ingente somma non potrà venire finanziata con i fondi europei.
«A questo punto – ha quindi rammentato l’ex ministro dell’Economia – il convitato di pietra è il bilancio pubblico dello Stato italiano, cioè la ridiscussione dei 900 miliardi di spesa che ogni anno e degli 820 di tasse pagate dai cittadini. Questo poiché all’interno di quei 900 miliardi ve ne sono 50 o 60 di spese malversate, sprecate e rubate, mentre, contestualmente, dal lato delle entrate mancano 100 miliardi di evasione fiscale».
I fondi europei andrebbero utilizzati per il rilancio degli investimenti, la crescita e l’occupazione, mentre dal bilancio pubblico nazionale andrebbero ricavate le risorse per finanziare le riforme dell’Irpef e della tassazione delle imprese.
Sarebbe giunta l’ora del «debito buono»…
Entro il prossimo mese di aprile il governo in carica dovrà inviare all’Unione europea sia il Recovery Plan che il Documento di Economia e Finanza (Def), cioè, in quest’ultimo caso, la programmazione triennale del bilancio dello Stato italiano.
Esistono, però, delle evidenti contraddizioni alle quali Draghi dovrà porre rimedio; un esempio clamoroso per tutte: nei prossimi cinque-sei anni lo Stato dovrà allocare risorse pari a 75 miliardi di euro per il conseguimento degli obiettivi fissati nel programma di transizione ecologica, circa 15-20 miliardi di fondi europei, «ma – ha sottolineato Baldassarri -, non tutti ricordano che all’interno del complesso della spesa pubblica italiana, alla voce “tax expenditure” da decenni figurano 20 miliardi di euro destinati a sussidiare il consumo di fonti energetiche fossili: con una mano lo Stato fa la transizione ecologica con i fondi europei, mentre con l’altra, attingendo al bilancio pubblico, sostiene e incentiva il ricorso alle fonti inquinanti».
Qualora intervenisse sul bilancio pubblico per eliminare queste contraddizioni, come potrebbe Mario Draghi evitare i malumori e la forte opposizione delle categorie che verrebbero colpite dalla sua azione di governo, come gli autotrasportatori e gli agricoltori?