L’anno appena trascorso ha reso evidente quanto la tecnologia abbia cambiato (e in alcuni casi migliorato) il nostro modo di lavorare: ci siamo abituati ad incontrare i nostri colleghi virtualmente, a fare riunioni dietro ad uno schermo e abbiamo imparato che probabilmente la classica giornata lavorativa, in ufficio dalle nove della mattina alle sei di sera, non farà più parte della nuova normalità. Tutto questo è stato reso possibile grazie all’uso di strumenti tecnologici e digitali che hanno accorciato ogni distanza e smaterializzato completamente i nostri luoghi di lavoro.
In contesti sempre più globalizzati e caratterizzati da cambiamenti repentini, dunque, la formazione e l’apprendimento continuo giocano un ruolo fondamentale per non perdere importanti occasioni di lavoro e, per i leader, risorse preziose.
Gran parte dei lavori che potremmo definire tradizionali nel corso del tempo si sono digitalizzati e, magari nel giro di qualche anno, potrebbero essere completamente automatizzati: basti pensare all’evoluzione di funzioni di amministrazione, finanza e controllo che, con l’avvento di nuovi software, hanno lasciato alle “macchine” l’elaborazione del dato per concentrarsi sull’interpretazione dello stesso, o alle figure di manutenzione di Impianto, che possono pianificare i propri interventi con più puntualità, evitando i guasti macchina imprevisti.
Appare evidente, quindi, che con un numero di nuovi strumenti, tool e applicazioni potenzialmente infinito, la conoscenza può essere acquisita, migliorata sul campo e, magari, accantonata quando non è più necessaria. Viviamo, in altre parole, in un’epoca di competenze liquide.
«Viviamo – dichiara Paola Marchesi, executive partner di Executive Hunters, brand di Hunters Group, società di ricerca e selezione di middle e top manager – in un periodo storico certamente molto complicato, ma anche ricco di opportunità. Il Covid-19 ha accelerato notevolmente il processo di trasformazione digitale delle aziende e tutti hanno dovuto adattarsi a questo nuovo mondo nel quale la distinzione netta tra soft e hard skills non è più tracciata in maniera netta. Le skills del futuro, infatti, saranno liquide: le aziende non potranno certamente fare a meno di profili con solide competenze tecniche, ma cercheranno candidati capaci di fronteggiare situazioni complesse e di adattarsi rapidamente a scenari in continua evoluzione».
Se fino a qualche anno fa si cercava in primis il massimo conoscitore e specialista del proprio settore di riferimento, lasciando in secondo piano altre competenze, oggi la situazione è completamente cambiata: il mercato ha iniziato a esigere che i manager abbiano sia competenze tecniche (proprie del loro ambito), unite a doti più soft e competenze digital.