«Spendere bene i soldi del Next Generation EU e fare del “debito buono” sarà una delle priorità da tutti condivisa del nuovo governo», così ha esordito nel suo editoriale il professor Leonardo Becchetti, docente di Economia presso l’Università di Roma Tor Vergata, pubblicato sul quotidiano della Cei “Avvenire”; egli ha poi aggiunto che: «Il dibattito di questi giorni sembra però troppo spesso ignorare che la rivoluzione della transizione ecologica è pienamente in corso a livello globale e non potremo essere competitivi e creare posti di lavoro se non ne terremo opportunamente conto e se vogliamo evitare futuri esuberi e cattedrali nel deserto».
Quali inquietudini ha voluto esprimere con questo incipit, se davvero era nelle sue intenzioni esprimerne?
Glielo abbiamo chiesto direttamente, e la risposta è contenuta nella registrazione audio dell’intervista che, sempre ieri, ha concesso a insidertrend.it. Tuttavia, è tornerà utile buttare giù quattro righe di introduzione all’argomento, proprio alla luce delle prospettive indicate dal docente di Economia di Tor Vergata impegnato anche nel sociale.
Gli aiuti europei in cifre …e in vincoli
Per fornire una copertura finanziaria al Next Generation EU l’Unione europea reperirà risorse per 750 miliardi di euro sul mercato dei capitali, dei quali il 90% verrà veicolato mediante il dispositivo di «ripresa e resilienza».
Sempre degli stessi 750 miliardi, 390 verranno erogati nella forma dei trasferimenti e 360 in quella della concessione di prestiti. Le risorse in varia misura ricevute dai Paesi membri beneficiari degli aiuti andranno impiegate secondo ben precise scadenze temporali: il 70% di esse entro il prossimo anno e il rimanente entro il 2023; ma attenzione: gli interventi dovranno essere portati a compimento non oltre l’agosto 2026.
Veniamo ai vincoli di destinazione. Alla transizione ecologica viene vincolato il 37% delle risorse disponibili, mentre al processo di digitalizzazione il 20%, prevedendo nei piani presentati per l’approvazione da parte della Commissione europea l’esplicito contributo apportato dalle singole misure al conseguimento di questi due principali obiettivi.
Riforme, investimenti e sei «obiettivi strategici»
Andranno inoltre specificate le aree degli interventi individuate, in particolare, quali di esse contribuiranno al perseguimento delle cosiddette sette iniziative «faro» identificate nella strategia annuale per la crescita sostenibile per l’anno 2021.
Il programma di riforme e investimenti italiano dovrà tenere debitamente conto delle specifiche raccomandazioni rivolte dall’Europa, indicando con precisione come contribuire al perseguimento dei sei obiettivi di natura «strategica» imposti dal dispositivo.
Esse sono le seguenti: transizione ecologica; trasformazione digitale; crescita sostenibile e inclusiva; coesione sociale e territoriale; tutela della salute, resilienza economica sociale e istituzionale, politiche per le future generazioni.
Al riguardo, va rilevato come non vengano ammessi interventi che rechino nocumento all’ambiente, né misure che si pongano in contrasto con la vigente normativa europea in materia di aiuti di Stato.
La… scadenza dei termini
I piani sopra citati dovranno anche individuare la struttura di governo che sovraintenderà agli interventi finanziati con i fondi europei, gli specifici organi deputati alla loro concreta realizzazione, nonché le modalità di coordinamento delle diverse Autorità interessate.
Come accennato, il piano che verrà presentato alla Commissione europea entro aprile, dovrà riflettere un sostanziale sforzo nell’attuazione delle riforme e degli investimenti.
Sarà poi compito della Commissione europea valutare il piano entro due mesi dalla sua presentazione, successivamente verrà sottoposto al vaglio del Consiglio europeo.
Un sacco di soldi che non dovranno venire buttati via
Tenuto anche conto del programma Reactive EU (che pone a disposizione 13,5 miliardi) e del fondo Transizione giusta (ulteriore mezzo miliardo) le risorse complessive potenziali delle quali potrà disporre l’Italia ammonteranno all’incirca a 211 miliardi, 128 erogabili sotto forma di prestiti e 83 in quella dei trasferimenti.
Si tratta di risorse frutto della capacità di indebitamento comune sperimentata per la prima volta dall’Unione europea in funzione di contrasto degli shock di natura economica e del conseguimento degli obiettivi concordati.
Saranno sufficienti a far ripartire il Paese? Chissà, certamente non si potrà andare troppo avanti facendo affidamento soltanto a questa cifra, dunque altri fattori di politica monetaria e fiscale potranno concorrere a una futura ripresa.
Nel momento in cui questa introduzione all’intervista con il professor Leonardo Becchetti va in pagina l’elenco dei ministri del primo esecutivo a guida Mario Draghi è stato reso pubblico da alcuni minuti, esso verrà composto da otto «tecnici» e quindici «politici».
Ai dicasteri economici un perfetto bilanciamento: il dottor Daniele Franco (Banca d’Italia) all’Economia e Finanze e Giancarlo Giorgetti (Lega) allo Sviluppo economico; un tecnico, Roberto Cingolani, all’Ambiente e Transizione ecologica (il superministero «green»), e ancora un tecnico, Vittorio Colao, all’Innovazione e alla Transizione digitale, mentre Renato Brunetta (Forza Italia) torna dopo alcuni anni alla Pubblica amministrazione.
Di seguito è possibile ascoltare la registrazione audio integrale dell’intervista con il professor Leonardo Becchetti (A303)