Lettera aperta degli Amici della Terra al presidente incaricato Mario Draghi, di Monica Tommasi, Presidente Amici della Terra – La nuova prospettiva di governo sarà molto impegnativa se vorrà finalmente rispondere alla giusta richiesta dell’Unione Europea, che per utilizzare correttamente le ingenti risorse del Recovery Plan, chiede di introdurre le riforme necessarie per una ripresa solida che si fondi sulla coesione sociale e il rilancio della competitività della nostra economia. La considerazione vale anche per le politiche di sostenibilità ambientale.
Se l’esperienza dei Governi di questa legislatura ha visto alcuni elementi positivi nelle politiche energetico-ambientali come la scelta del superbonus e le risorse nel PNRR per l’efficientamento energetico di scuole ed edifici pubblici, il bilancio complessivo, purtroppo, è negativo. In particolare: c’è stata una regressione nel diritto ambientale con il proliferare di norme burocratiche e ipergiustizialiste; si è assistito alla gestione autolesionistica del caso ILVA; la mancanza di investimenti nel sistema dei controlli ambientali (SNPA); si è visto il permanere del ruolo delle discariche e dell’esportazione nel settore dei rifiuti; il blocco dell’attuazione della riforma dei servizi idrici; l’incapacità di dotare il Paese di un sito per i rifiuti radioattivi; le politiche di mobilità sostenibile limitate all’incentivazione delle tecnologie per la mobilità elettrica.
Non mancano valide indicazioni dell’UE: nelle politiche di decarbonizzazione e nell’European Green Deal è stata da tempo individuata la priorità dell’efficienza energetica, con lo slogan “efficiency first”. La scelta europea si basa sull’esperienza ormai consolidata a livello internazionale, come sistematicamente testimoniato dalla IEA, che mostra per i miglioramenti di efficienza energetica il miglior costo/efficacia nell’intervento pubblico per la riduzione delle emissioni climalteranti.
Da anni gli Amici della Terra seguono quest’impostazione con la propria campagna “#Primalefficienza”, consapevoli che gli investimenti nel migliorare l’efficienza energetica possono solo arricchire il Paese a partire dal contributo che danno alla crescita della competitività della nostra industria manifatturiera. Il mancato rilancio di uno strumento di mercato per l’incentivazione dell’efficienza energetica, come i certificati bianchi, testimonia le carenze dei recenti Governi.
Per l’Italia, le azioni necessarie per lo sviluppo della mobilità sostenibile sono: il sostegno alle infrastrutture della mobilità elettrica sia individuale che collettiva; la crescita della filiera del GNL per il trasporto stradale pesante e quello marittimo; la maggiore diffusione del gas naturale (GNC) e del GPL nel trasporto leggero. Queste azioni sono sinergiche, anche in chiave di sviluppo dell’economia circolare, con quelle di utilizzo del biometano nei mezzi a GNC e GNL, e con la diffusione del ruolo delle rinnovabili tramite i biocombustibili provenienti dal recupero di scarti organici. In chiave di necessaria riformulazione del Recovery Plan, è indispensabile superare la grave mancanza di una politica di sostegno alla conversione ambientale della flotta navale italiana, investendo sulle opzioni tecnologiche disponibili come quelle offerte dalla filiera del GNL e BioGNL.
Nella promozione delle fonti rinnovabili è necessario superare l’atteggiamento di chi pensa di risolvere tutto con le rinnovabili elettriche intermittenti (eolico e fotovoltaico) assunte a simbolo unico della decarbonizzazione. La priorità va data invece alle rinnovabili termiche, partendo dal fatto che i consumi termici sono quasi la metà dei consumi di energia. Perciò è centrale il ruolo della produzione di energia rinnovabile dalle pompe di calore. Già l’attuale PNEC prevede più del raddoppio del contributo delle pompe di calore ai consumi termici di rinnovabili nel 2030 e questo incremento dovrà assicurare quasi il 30% dell’incremento complessivo di rinnovabili. Nella prospettiva dell’adeguamento del PNEC all’European Green Deal, ciò sarà possibile solo se verrà varata una strategia di riqualificazione energetica di lungo periodo (Renovation Wave) degli edifici esistenti, in chiave di sinergie tra miglioramento dell’efficienza energetica e penetrazione delle rinnovabili. Per la sua attuazione, il superbonus è un primo passo cui dev’essere accompagnata una politica industriale che valorizzi le eccellenze del tessuto produttivo italiano in tutti i segmenti della filiera.
Per le rinnovabili elettriche, l’obiettivo di penetrazione dovrebbe essere conseguito tenendo conto dell’aumento dei consumi elettrici legati alla diffusione degli usi efficienti del vettore elettrico. L’obiettivo si può raggiungere dispiegando il potenziale di sviluppo delle tecnologie che hanno raggiunto la grid parity o la piena competitività in virtù delle incentivazioni passate.
Discorso diverso per i piccoli impianti di fotovoltaico per autoconsumo (famiglie e imprese): il loro sviluppo può essere compatibile con il territorio e con il paesaggio e dovrebbero essere incentivati. Stesso discorso per gli impianti di biomassa o geotermici cogenerativi a servizio di unità produttive o reti di teleriscaldamento, che possono trovare anch’essi significative sinergie con i programmi di efficientamento energetico.
Si ritiene opportuno privilegiare gli interventi di repowering degli impianti idroelettrici e geotermici: bisogna puntare su un programma di manutenzione degli invasi idroelettrici esistenti, che può ampliare significativamente l’attuale capacità di accumulo.
Sarebbe un errore privilegiare la crescita delle rinnovabili elettriche puntando su una falsa riforma, quella delle cosiddette semplificazioni dei procedimenti autorizzativi, solo per superare le problematiche di impatto paesaggistico. Il tema sta diventando una questione politica di carattere nazionale che richiede una risposta di sistema per il Paese. La sostenibilità ambientale non può essere ridotta a visione distorta degli obiettivi di decarbonizzazione, ma deve difendere e valorizzare il patrimonio paesaggistico italiano, risorsa indispensabile (e non sacrificabile) per qualsiasi scenario di futuro sostenibile del nostro Paese.
Gli Amici della Terra ritengono che la scadenza imminente della riformulazione del PNEC (per adeguarlo ai nuovi obiettivi 2030 e 2050 previsti dall’European green deal GD) debba basarsi sull’applicazione del principio prima l’efficienza, con un’accurata analisi costi-benefici ex ante degli strumenti da introdurre per raggiungere gli obiettivi e, in particolare, per quello che riguarda le incentivazioni. Questa impostazione implica la scelta di privilegiare la promozione, nei vari settori di consumi di energia, di azioni chiave che possano valorizzare buone pratiche fondate su soluzioni già disponibili che costituiscono molto spesso eccellenze dell’industria italiana.
Va rifiutato l’approccio semplicistico a forme indiscriminate di carbon-tax, politiche inefficaci e costose (sia a carico della fiscalità generale che delle tariffe), che rischiano di favorire la delocalizzazione delle industrie e di accelerare il processo d’impoverimento del Paese.
La politica italiana non si deve sottomettere a lobbies che promuovono tecnologie e soluzioni miracolistiche; per questo motivo non bisogna confondere le politiche di sviluppo tecnologico necessarie a consolidare e rendere disponibili a costi competitivi applicazioni non mature (come nel caso dell’idrogeno), con le politiche di sostegno per introdurre e consolidare nel mercato tecnologie competitive ed effettivamente disponibili.
Gli Amici della Terra ritengono che il compito della politica sia quello di regolare il mercato per conseguire in modo efficace ed efficiente gli obiettivi di tutela dell’ecosistema e della coesione sociale.