«Centinaia di cittadini vengono uccisi nel conflitto in corso nella regione del Tigrai. Nessuno conosce il numero esatto dei morti ma ci è stato riferito che ci sono sacerdoti e leader ecclesiastici fra di loro. Negozi, scuole, chiese e conventi sono stati rapinati e distrutti. Migliaia di persone hanno abbandonato le loro case. Molti hanno attraversato il confine con il Sudan, ma altri hanno cercato rifugio in aree remote, nelle montagne, senza acqua né accesso al cibo».
Si tratta del drammatico scenario descritto all’agenzia ACI Stampa da Regina Lynch, project manager della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), in merito alla regione autonoma più settentrionale dell’Etiopia, confinante con Eritrea e Sudan, la cui popolazione è composta per il 95% da cristiani ortodossi.
Ella ha poi commentato le recenti notizie secondo le quali circa 750 persone sarebbero state uccise nello scorso mese di novembre nel corso di un assalto alla chiesa di Santa Maria di Sion (Maryam Tsiyon) nella città Aksum, luogo di culto in cui secondo la tradizione locale viene custodita l’Arca dell’Alleanza.
«Viaggi nella regione attualmente non sono possibili e le comunicazioni sono molto limitate – riferisce la Lynch -, però abbiamo ricevuto conferma di una serie di uccisioni e di aggressioni a civili in molte parti della regione, inclusa l’area in questione. La popolazione è terrorizzata».
Secondo indiscrezioni raccolte da ACS, nella chiesa di Maryam Dengelat lo scorso dicembre potrebbe essersi verificato un ulteriore massacro con un bilancio di oltre un centinaio di vittime.
A causa della pandemia di coronavirus le elezioni generali previste per il 29 agosto scorso erano state posposte da Adis Abeba, provocando così la reazione del partito nazionalista Fronte del Popolo per la liberazione del Tigrai (PFLT), che nel settembre seguente ha organizzato, in forma autonoma e senza autorizzazione da parte del governo centrale, delle consultazioni elettorali nella regione, determinando conseguentemente una crisi politica e l’intervento dei militari federali etiopici.
A seguito dell’invio di truppe federali da parte del primo ministro Abiy Ahmed, alle quali si sarebbero uniti reparti eritrei, nello scorso mese di novembre sono iniziati combattimenti contro le milizie del PFLT.
La controversa posizione dell’Asmara emerge da non poche testimonianze oculari, come quella resa da una asserita fonte anonima interpellata dalla stessa agenzia di stampa cattolica, che avrebbe confermato questo scenario:
«Il problema – essa avrebbe rivelato -, è che le truppe eritree sono state coinvolte nel conflitto fin dall’inizio. Il governo lo ha negato, ma sono state loro a commettere gli eccidi nella parte orientale e nord-occidentale del Tigrai».
E ancora: «È quasi impossibile confermare le cifre, ma abbiamo ricevuto notizie di persone uccise dalle truppe eritree a Irob, Zalambassa e Sebeya. Ho anche sentito di decine di persone, compresi sacerdoti, uccisi in chiesa a Gietelo e Gulemakada».