Dinastia afferma che Colapisci nasce dalla sua continua ricerca di nuovi stimoli nel volere raccontare quello che lo circonda attraverso chiavi sempre diverse. «Così mi sono imbattuto nei cantastorie siciliani e mi ha incuriosito parecchio il loro modo di comunicare, che per certi versi ricorda quello che oggi fanno i rapper. Ascoltando le loro storie mi sono un po’ ritrovato in quei personaggi che con le loro chitarre, rime e cartelloni combattevano talvolta anche la mafia. È quello che faccio in fondo pure io, ho cercato infatti di raccontare la Sicilia attraverso le mie canzoni, denunciandone spesso quel cancro sociale, così è stato per “Chi gliel’ha fatto fare” così è per “Colapisci”, dove ho provato a raccontare la nostra terra e questo personaggio che, secondo i canti popolari dei cantastorie e le leggende tramandate, regge l’isola da uno dei tre pilastri sott’acqua».
Egli poi aggiunge che Colapisci vuole essere un brano che sprona le persone ad amare maggiormente il posto dove vivono, a cercare dentro ognuno di loro quell’amore che ha spinto Colapesce a salvare la sua Sicilia, «e la chiave musicale in questo senso è importante quanto l’impegno che metto nelle parole, infatti l’obbiettivo è quello di portare le persone a usare la testa per pensare e per muoverla a tempo col funky».
Colapisci
(testo e musica di: Musumeci Maurizio, Giacomo Molino, Maurizio Bassetta, Emanuele Bunetto, Antonino Mirenda)
C’era una volta un re con il suo regno ed una terra da salvare
Sorretta soltanto da tre colonne sotto il mare
Uno di queste messa male col rischio di far crollare
Sua maestà, la regina e tutti i sudditi a reame
Qualcuno ci aiuti gridava inerme quel reale
Qualcuno che abbia una soluzione una chiave
Quella terra così bella maledetta o così pare
la paura è che sprofondi per quel cancro da estirpare
Quella voce disperata fu ascoltata da un uomo
Che secondo una leggenda pare che avesse un dono
Lui era nato su quell’isola che amava con tutto se stesso
Ne pesce ne uomo, forse una via di mezzo
Figlio di Nettuno, qui nessuno lo conosce
Ha i natali sconosciuti ma il suo nome è Colapesce
Sulle spalle sue il destino di un’isola tormentata
Regge il peso degli sbagli di ogni civiltà passata
Colapesce da laggiù
Si chiede come va la vita sopra il blu
Se questo sforzo immane ha ancora senso
E se qualcuno ne ricorda il gesto
Colapesce noi quassù
Amiamo ricordarci che sei tu
A reggere il peso di sta terra
Vorrei vedessi quanto ancora è bella
Di tempo ne è passato ed io per quanto ne sappia lui è ancora sotto
E non sa di quante volte sta terra ha cambiato volto
Non ha idea di ciò che gli han dato ciò che gli han tolto
Ogni conquistatore che qui è arrivato è stato sedotto
Chissà se dal profondo del mare ha visto iniziare
Lo scontro più antico del mondo fra il bene e il male
Questa terra è una madre e in fondo vuole solo amare
Però molti dei figli purtroppo li ha visti andare
Ed è vero che da sotto Colapesce regge l’isola
ma sopra ha prosperato un cancro che l’ha resa misera
E per quanto avesse il desiderio di vederla libera
Per anni restò alla mercè di gente inetta e piccola
Terra amata e odiata, teatro di molte storie
Ispirazione per ogni uomo che tesse un’ode
Da Archimede a Pirandello, da Impastato a Falcone
Questa è la mia terra ed io ne sono un fiero cantastorie
Colapesce da laggiù
Si chiede come va la vita sopra il blu
Se questo sforzo immane ha ancora senso
E se qualcuno ne ricorda il gesto
Colapesce noi quassù
Amiamo ricordarci che sei tu
A reggere il peso di sta terra
Vorrei vedessi quanto ancora è bella
Taliu chista terra e sentu la to vuci
La sentu forti e nun mi duna paci
Sorreggi la to terra comu na cruci
Ca teni ri d’assutta o’ scuru senza luci
Ma ju nun pozzu fari autru ca taliari
Mi sentu ammaliatu e sulu menzu u mari
Un mari di putenti soldi gloria e ricchi a volontà
Nun è di certu un mari chinu di omertà