ECONOMIA, Italia. Consueto punto della situazione fatto con Mario Baldassarri

Le considerazioni predittive sono state espresse mentre (al momento della registrazione) alla Camera dei Deputati si attendeva la votazione della fiducia all’esecutivo presieduto da Giuseppe Conte; una dinamica folle e perversa, quella della crisi politica, che ha generato il rischio di trascinare il Paese in una difficile situazione nella fase caratterizzata dalla pandemia e dalla crisi economica

Questa settimana Capire per Conoscere, la trasmissione che affronta le tematiche economiche di attualità, è andata in onda immediatamente prima dell’inizio dei lavori parlamentari d’Aula alla Camera dei Deputati, nel corso dei quali sarebbe stata poi votata la fiducia all’esecutivo in carica presieduto da Giuseppe Conte. Inevitabile dunque il commento su questo atteso evento da parte dei due interlocutori alla radio.

Stimolato sulla questione dal giornalista Claudio Landi, il professor Mario Baldassarri – già ministro dell’Economia e attualmente presidente del Centro studi economia reale – si è detto convinto che si tratti di una vicenda costruita «prevalentemente sulle persone e molto poco sulle cose da fare, poiché Renzi ha aperto la crisi nel merito del Recovery Fund, del MES, eccetera, però poi tutto si è accartocciato attorno al tema del “Conte sì, Conte no”, senza però indicare effettive alternative».

I contenuti: “Recovery” e Decreto “ristori 5”

Se riguardo al Recovery Plan non ci sono ancora novità di rilievo, per quanto concerne il Decreto ristori numero cinque è ancora tutto da vedere, ma è proprio su questi due importanti aspetti che si dovrebbe costruire il nuovo governo, un esecutivo formato allo scopo di prendere delle decisioni in merito.

«Sui cosiddetti ristori – afferma Baldassarri – io partirei da un punto di fondo, il ritardo e l’inadeguatezza di ciò che gli imprenditori hanno ricevuto dallo Stato: si pensi a un’impresa, magari un ristorante, che in questi mesi a causa degli effetti del coronavirus ha registrato un calo di fatturato ingente, sostenendo contestualmente notevoli costi fissi e, conseguentemente, ha concluso il suo esercizio in perdita, sui è vista però poi “ristorare” con una cifra pari al 5% del totale. Ebbene: i soldi sono pochi e gravemente insufficienti a garantire la sopravvivenza di quell’impresa».

Secondo il presidente del Centro studi economia reale, il «grande mistero è che fino a oggi lo Stato italiano ha accumulato 130 miliardi di euro in più di deficit e di debito pubblico, ma non è mai stato detto con chiarezza in Parlamento come e dove questi soldi sono stati spesi».

Allo specifico riguardo egli ha aggiunto che: «Si capisce la cassa integrazione per i lavoratori dipendenti, quel miserrimo ristoro di 600 euro ai lavoratori autonomi e alle partite Iva, poi vengono conteggiati anche i rinvii delle imposte, che sono utili al momento, ma che però quando scadono non troveranno i cittadini con le tasche piene di soldi per pagarle».

130 miliardi di debito pubblico

Sul bilancio dello Stato si sono dunque accumulati 130 miliardi di euro di debito pubblico in più, a fronte dell’emissione di titoli per 100 miliardi (maggior deficit e debito prospettico) vanno considerati in “conto competenza”, non come “fabbisogno di cassa”, questo significa che la cifra di 130 miliardi non assume subito le forme di un fabbisogno di cassa e dunque di aumento del debito pubblico, una differenza, quella dei 30 miliardi rimanenti, che nell’immediato non viene quindi spesa.

«Infatti va fatta chiarezza: anche in questo ultimo decreto, il “ristori 5”, si parla di 30 miliardi, ma esso contiene tutta una serie di proroghe di vecchi provvedimenti, ma di ristori concreti alle imprese non ce ne sono. Dovere del governo in carica – ha proseguito Baldassarri – sarebbe quello di riferire in Parlamento e ai cittadini dove sono stati spesi quei soldi o perché, se così è avvenuto, non sono stati spesi, perché ai grandi annunci non sono finora seguiti grandi provvedimenti».

Una causa della lentezza nell’impiego di queste ingenti risorse viene ricondotta alla farraginosità della macchina burocratico-amministrativa italiana, e al riguardo si pensi al casso della recente cassa integrazione, decisa nel mese di marzo ma erogata in luglio e agosto.

Una seconda causa viene poi ricondotta al meccanismo di formazione del consenso politico sul quale si basa il potere, che fa sì che all’annuncio di un provvedimento non ne corrisponda in seguito l’effettivo varo, oppure che da esso ne derivi una distribuzione dispersiva delle risorse “a pioggia”.

Rivedere “il sistema Paese”

«Nel passato – ha argomentato quindi Baldassarri -, normalmente in Italia un progetto di investimento pubblico necessitava di tre o quattro anni di tempo per le procedure amministrative, altri quattro o cinque per far partire i cantieri e magari pervenire quasi alla conclusione dell’opera, cioè qualcosa che stava tra gli otto e i dieci anni. Nel caso del Recovery Plan è invece prevista innanzitutto la presentazione di progetti di riforma e di investimento concreti e operativi aventi “un nome e un cognome”; in secondo luogo certezza di tempi e metodi di realizzazione dei progetti, anche perché i fondi successivi all’acconto iniziale verranno erogati a stato di avanzamento dei lavori. Tali progetti dovranno venire avviati entro due anni e completati entro sei. Ora, l’Italia deve ancora spendere 35 miliardi di fondi strutturali del bilancio ordinario europeo che scadono nel 2021, cioè quest’anno. Si tratta di soldi che non sono stati spesi nei sette anni precedenti. Negli ultimi trent’anni l’Italia è riuscita a spendere soltanto il 45% delle somme finanziate dall’Unione europea in via ordinaria».

Viene sottolineato che il Recovery Fund ha un ammontare pari a 209 miliardi di euro, ai quali vanno aggiunti i 37 miliardi del MES, i 20 del fondo per la disoccupazione (SURE), i 20 rientranti negli investimenti effettuati dalla Bei, oltre agli altri 50-60 miliardi del nuovo bilancio ordinario dell’Unione europea.

Dunque si tratta di oltre 450 miliardi di potenziali disponibilità, potenziali poiché il problema chiave che si frappone all’accesso concreto a questi fondi è la mancanza di progetti concreti relativi al loro utilizzo.

La reale incognita che grava sull’erogazione dei fondi europei

A questo punto – come efficacemente eccepito dal giornalista Claudio Landi nel corso della trasmissione radiofonica -, va rilevato come la condizione alla base dell’erogazione dei finanziamenti del Recovery Fund imponga «un avanzamento dello stato dei lavori progettati», poiché in caso contrario un Paese membro dell’Unione europea (e ce ne sono molti, ad esempio i cosiddetti “frugali”) sulla base delle procedure approvate in sede comune potrebbe richiedere a Bruxelles il blocco dei successivi ratei destinati all’Italia.

I progetti di investimenti pubblici dovranno essere inerenti a realizzazioni in ambito infrastrutturale, anche di natura immateriale, associati a tre grandi riforme: quella della Giustizia, quella della Pubblica amministrazione e quella del Fisco.

Di seguito è possibile ascoltare l’audio integrale della trasmissione andata in onda lunedì 18 gennaio 2021 (A294); del professor Mario Baldassarri viene inoltre pubblicato anche un altro contributo, la recente intervista concessa, sempre nella giornata di ieri, al collega Gianluca Zapponini del periodico online formiche.net

 

A294 – ECONOMIA, ITALIA: IL PUNTO DELLA SITUAZIONE. Considerazioni predittive espresse dal professor MARIO BALDASSARRI mentre alla Camera dei Deputati si attendeva la votazione della fiducia all’esecutivo presieduto da Giuseppe Conte.

Una dinamica folle e perversa, quella della crisi politica, che ha generato il rischio di trascinare il Paese in una difficile situazione nella fase caratterizzata dalla pandemia e dalla crisi economica.

Recovery Plan e Decreto «ristori 5». Se riguardo al Recovery Plan non ci sono ancora novità di rilievo, per quanto concerne il Decreto ristori numero cinque è ancora tutto da vedere, ma è proprio su questi due importanti aspetti che si dovrebbe costruire il nuovo governo, un esecutivo formato allo scopo di prendere delle decisioni in merito.

130 miliardi di debito pubblico. Sul bilancio dello Stato si sono accumulati 130 miliardi di debito pubblico in più, a fronte dell’emissione di titoli per 100 miliardi (maggior deficit e debito prospettico) vanno considerati in “conto competenza”, non come “fabbisogno di cassa”, con il risultato che la cifra di 130 miliardi non assume da subito le forme di un fabbisogno di cassa e, dunque, di aumento del debito pubblico; una differenza, quella dei 30 miliardi rimanenti, che nell’immediato non viene quindi spesa.

Rivedere “il sistema Paese”. In passato, normalmente in Italia un progetto di investimento pubblico necessitava di tre o quattro anni per le procedure amministrative, altri quattro o cinque per far partire i cantieri e magari pervenire alla conclusione dell’opera, cioè una decina di anni. Il Recovery Plan prevede invece la presentazione di progetti di riforma e di investimento concreti e operativi, oltreché la certezza di tempi e metodi della loro realizzazione, anche perché i fondi successivi all’acconto iniziale verranno erogati a stato di avanzamento dei lavori: tali progetti, dunque, dovranno venire avviati entro due anni e completati entro sei.

Tutti temi affrontati, come di consueto al lunedì a Radio radicale, dal professor MARIO BALDASSARRI, presidente del Centro studi economia reale e già viceministro dell’Economia, stavolta in compagnia della giornalista CLAUDIO LANDI, nel corso della trasmissione “Capire per Conoscere”, andata in onda giorno 18 gennaio 2021 sulle frequenze dell’emittente organo della Lista Marco Pannella.

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