Il Nucleo di polizia economico-finanziaria e la Tenenza di Pisogne della Guardia di Finanza di Brescia, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, hanno scoperto, presso uno studio contabile di Sirmione, il centro di un complesso e articolato sistema volto alla creazione di falsi crediti tributari per diversi milioni di euro, che venivano ceduti ai clienti dietro il pagamento di un corrispettivo, al fine di compensare i debiti da loro maturati verso l’Erario.
Le investigazioni dirette dalla locale Autorità giudiziaria fanno seguito ad un’altra operazione di polizia giudiziaria, denominata “Evasione continua”, che, nel febbraio 2020, aveva portato all’arresto di ventidue soggetti, disarticolando un similare sodalizio criminale volto alla perpetrazione di frodi fiscali.
L’attività investigativa, che ha visto il coinvolgimento di 104 persone fisiche e 126 società (tra “cartiere” e imprese realmente operanti) con sede in diverse province italiane (Brescia, Bergamo, Milano, Monza-Brianza, Torino, Pavia, Alessandria, Parma, Genova, Firenze, Roma, Latina, Salerno, Bari, Trapani), ha consentito di ricostruire il meccanismo illecito ideato e realizzato da professionisti bresciani, incentrato su un sistema di emissione di false fatture, ricorrendo a numerose società “cartiere” italiane e straniere, che ha permesso di creare crediti Iva e di ricerca e sviluppo, poi utilizzati da clienti consapevoli per compensare i propri debiti tributari.
In particolare, i professionisti coinvolti, con la preziosa collaborazione di sodali con precedenti specifici e disponendo di svariate società “cartiere” legalmente rappresentate da loro prestanome, fornivano alla clientela veri e propri “pacchetti fiscali” relativi:
all’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti;
alla vendita di crediti fiscali fittizi da utilizzare in compensazione mediante il meccanismo dell’accollo tributario (fino al 2017, ovvero fino a quando, con la risoluzione n. 140, l’Agenzia delle Entrate ha negato la possibilità che il debito oggetto di accollo possa essere estinto utilizzando in compensazione crediti vantati dall’accollante verso l’Erario);
alla compensazione di crediti fiscali fittizi con debiti tributari, ricorrendo a sofisticate operazioni di cessione di rami d’azienda di società “cartiere” ovvero di fusioni per incorporazione con le imprese interessate a ridurre la propria esposizione debitoria.
La capacità dei professionisti di ideare sempre nuove ed evolute forme di frode fiscale, tese ad aggirare le disposizioni introdotte di volta in volta per contrastare le pratiche evasive, ha consentito di fornire “servizi fiscali” in grado di celare il meccanismo
fraudolento posto in essere e di renderne più difficile l’emersione a favore di clienti disposti – pur di abbattere le imposte dovute – a versare un corrispettivo pari al 50% – 70% del valore nominale dei crediti tributari inesistenti.
Oltre a questi “servizi fiscali”, il sodalizio criminale si occupava anche di “ripulire” i proventi illeciti delle frodi tributarie, attraverso il trasferimento di somme di denaro su conti correnti aperti presso istituti di credito maltesi, slovacchi, ungheresi e croati, a loro riconducibili, che poi venivano monetizzati da spalloni, per essere infine restituiti agli evasori fiscali, come è stato dimostrato in occasione del sequestro della somma di 230.000 euro eseguita dai militari della Guardia di Finanza nei confronti di due sodali di rientro dalla Slovacchia dove si erano recati per prelevare il denaro.
Un ruolo centrale nella ricostruzione delle movimentazioni finanziarie è stato fornito grazie alla stretta sinergia con le Autorità giudiziarie estere con cui è stata attivata un’efficace cooperazione giudiziaria, anche attraverso l’utilizzo dell’Ordine europeo di indagine che ha consentito alla Procura della Repubblica di Brescia ed ai militari della Guardia di Finanza di delineare l’estensione dell’attività riciclatoria realizzata dai sodali e la destinazione finale dei proventi illeciti.
All’esito dell’indagine condotta è emerso che sono state emesse dagli indagati fatture per operazioni inesistenti per circa 270 milioni di euro, che hanno consentito di abbattere, complessivamente, un debito Iva per circa 47 milioni di euro e evadere l’IRES per oltre 58 milioni di euro, oltre che di cedere crediti fittizi per 21 milioni di euro.
L’indagine ha permesso di ricostruire minuziosamente tutte le fasi di trasferimento e di passaggio del denaro, nonché i ruoli dei vari indagati, così da consentire di smantellare il sistema criminale operante.
Al momento, più di 350 unità operative delle Fiamme gialle stanno procedendo, in ambito nazionale, a dare esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari di Brescia, nei confronti di ventisei indagati per i reati di associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale (indebite compensazioni), al riciclaggio ed autoriciclaggio, di cui otto indagati sono sottoposti a misura cautelare di custodia in carcere, sedici indagati sono sottoposti agli arresti domiciliari e due a misure interdittive. Contemporaneamente, sono in corso sequestri di proventi illeciti per oltreventuno milioni di euro.
Attività illecite della specie, oltre a recare un grave danno all’erario, soprattutto in un periodo come quello attuale, ove le risorse pubbliche vengono destinate, in particolare, alla tutela della salute dei cittadini e alla ripresa economica del Paese, generano ripercussioni negative sul funzionamento dei mercati e dannosi effetti di concorrenza sleale.