SUDAN, risorse idriche. Controversia sul GERD: si cercano opzioni alternative

Stallo dei negoziati tra Egitto, Etiopia e Sudan sulla grande diga che Adis Abeba sta costruendo sul fiume Nilo Azzurro. Riunione di emergenza a Khartoum

La Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD) permane una controversia aperta  che potrebbe anche portare a un conflitto, l’ennesimo nella regione. L’agenzia di stampa turca Anadolu ha riferito ieri che a seguito del pericoloso stallo dei negoziati tra il Cairo e Adis Abeba nella capitale sudanese ha avuto luogo un vertice che ha visto la partecipazione dei massimi vertici della sicurezza del Paese africano, inclusi i responsabili dei servizi di intelligence civile e militare.

Nel comunicato ufficiale emesso a seguito della riunione del Consiglio supremo a Khartoum si affermava che nel corso del vertice erano state discusse le eventuali «opzioni alternative allo stallo dei negoziati tripartiti degli ultimi sei mesi», in esso, tuttavia non veniva specificata la natura di tali possibili opzioni.

Nel vertice di Khartoum è stato discusso anche l’impatto che potrà avere la diga etiopica sulla sicurezza e il funzionamento della diga sudanese di Roseires, anche questo sbarramento artificiale posto sul Nilo Azzurro non lontano dalla diga etiopica in costruzione, valutandone i possibili effetti nei termini dello stress idrico per il Sudan.

«Il Sudan non accetta l’imposizione di una politica di fatto compiuto che minaccia la sicurezza di venti milioni di cittadini, le cui esistenze dipendono dal Nilo Azzurro», ha sottolineato la nota ufficiale di Khartoum.

Se i sudanesi hanno alzato la voce, diverso è stato invece il comportamento degli altri due Paesi africani coinvolti nella controversia, cioè Egitto ed Etiopia, un silenzio mantenuto anche dall’Unione africana, che in passato si era spesa allo scopo di favorire i negoziati trilaterali.

Egitto, Sudan ed Etiopia sono impegnati in colloqui da nove anni, un periodo caratterizzato da accuse reciproche tra il Cairo ed Adis Abeba, che hanno visto il Paese arabo opporsi alla diga sin dal momento della sua realizzazione, iniziata nel 2011, poiché teme che il gigantesco impianto idroelettrico riduca il flusso idrico a valle.

Dal canto suo l’Etiopia sostiene le proprie ragioni affermando che la diga risulta vitale allo sforzo nazionale profuso al fine di superare la grave carenza di elettricità nel paese, a fronte di una crescente richiesta per impieghi domestici e industriali.

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