Il discorso del pontefice al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, che di solito ha luogo all’inizio dell’anno, è stato rinviato alla data del 25 gennaio prossimo allo scopo di consentire agli ambasciatori non residenti di rispettare le restrizioni anti-Covid e ottenere la massima partecipazione possibile.
Così, la prima attività di papa Francesco all’inizio di quest’anno è stata la ricezione delle lettere credenziali da parte dell’ambasciatore dell’Uruguay presso la Santa Sede, il suo amico Guzman Carriquiry, che ha assunto l’incarico dopo essere stato collocato a riposo per raggiunti limiti di età.
In settimana Bergoglio ha nominato anche due nuovi nunzi apostolici, mentre si registra una particolare iniziativa ecumenica della Lettonia, che potrebbe avere risvolti politici di rilievo.
Riferisce Andrea Gagliarducci, dell’agenzia ACI Stampa.
Lettonia, verso una legge sulla famiglia
Il prossimo 14 gennaio il parlamento di Riga dovrebbe iniziare la discussione sulla proposta di riforma costituzionale tesa al rafforzamento dell’istituto famigliare inteso come unione tra un uomo e una donna.
In questo quadro non sono mancate le polemiche, anche feroci.
Come quella che ah investito l’arcivescovo della capitale, monsignor Zbignevs Stankevics, descritto come un promotore delle unioni omosessuali a causa del discorso da lui pronunciato in parlamento, nel quale aveva proposto che le coppie stabili non sposate potessero vedersi garantire «alcuni diritti amministrativi».
Le dichiarazioni dell’arcivescovo erano state esternate in un momento in cui in Lettonia divampava un acceso dibattito, seguito alla decisione della locale corte costituzionale di riconoscere il congedo di paternità anche a una coppia formata da persone dello stesso sesso.
Il 14 dicembre i vescovi avevano scritto a capi e membri del parlamento chiedendo di non modificare la legge, atto seguito il successivo 27 dicembre da un atto di appello comune di tutte le confessioni religiose del Paese baltico indirizzato al presidente della repubblica e all’esecutivo lettone.
In esso, i capi religiosi hanno inteso sottolineare come «un rafforzamento della definizione si renda necessario in una società che comincia a porre dubbi su cosa sia la famiglia. Non solo. I capi religiosi notano che non c’è alcun bisogno di cambiare la costituzione, anche perché le leggi lettoni sono state già considerate idonee per garantire al Paese l’ammissione all’Unione europea e alla NATO, quindi non c’è bisogno di cambiare lo stato di famiglia».
Uruguay: l’ambasciatore Carriquiry presenta le sue lettere credenziali
Guzman Carriquiry, ambasciatore di Uruguay presso la Santa Sede, ha recentemente presentato le sue lettere credenziali al pontefice. Tuttavia, per il diplomatico sudamericano il transito nei corridoi del Palazzo apostolico non è stata una novità, poiché Carriquiry ha servito per quasi cinque decenni nella Santa Sede, terminando la sua carriera nelle vesti di segretario incaricato della vicepresidenza della Pontificia Commissione per l’America Latina.
Nato nel 1944, dopo aver diretto il Centro nazionale dei mezzi di comunicazione sociale, Carriquiry ha iniziato una lunghissima carriera vaticana lunga trentotto anni, che lo ha portato a lavorare nel Pontificio Consiglio dei laici dal 1971 al 2011, ricoprendo dal 1982 al 2011 il ruolo di sottosegretario, primo laico a rivestire questa funzione.
Dal 2011 al 2014 è stato segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina e, in seguito, dal 2014 al 2019 ne è stato segretario incaricato della vicepresidenza.
Ha partecipato a sei sinodi dei vescovi come uditore, servendo in numerose delegazioni della Santa Sede e anche cinque papi.
Molte le sue pubblicazioni, delle quali due recano la prefazione di Bergoglio, del quale egli si professa amico.
Nuovo nunzio apostolico in Algeria
La prima nomina diplomatica del 2021 è stata quella dell’arcivescovo Kurian Mathew Vaylunkal, quale nunzio apostolico in Algeria. Egli sostituisce l’arcivescovo Luciano Russo, inviato a Panama.
Di origini indiane, Vaylunkal è nel servizio diplomatico della Santa Sede dal 1998, e ha servito nelle nunziature di Guinea, Corea, Repubblica Dominicana, Bangladesh, Ungheria ed Egitto. Nel 2010, è stato uno degli inviati ad Haiti come osservatore del lavoro umanitario vaticano dopo il terremoto.
Dal 2016 fu nunzio in Papua Nuova Guinea, dove iniziò a organizzare il viaggio nel Paese nel Paese, previsto ma mai ufficializzato per il settembre del 2020, prima che la pandemia bloccasse ogni tipo di organizzazione. Ora è chiamato ora a prestare il suo servizio in Algeria, in una terra difficile, dove i cristiani sono una minoranza e vivono in restrizione, mentre l’Islam è religione di Stato.
Nuovo nunzio in Kuwait
Proviene dalla nunziatura di Haiti il nuovo ambasciatore vaticano in Kuwait e Qatar. L’arcivescovo Eugene Martin Nugent (1958), di origini irlandese, lavora per la diplomazia della Santa Sede dal 1992.
Dopo aver frequentato l’Accademia ecclesiastica, ha prestato servizio nelle nunziature di Turchia, Israele, e le Filippine; dal 2001 al 2010 è stato nella missione di studio di Hong Kong, succedendo all’attuale cardinale Fernando Filoni, con la responsabilità di facilitare la comunicazione tra le diocesi cinesi e il Vaticano.
Dal 2010 al 2015 è stato nunzio in Madagascar e, successivamente, ad Haiti per altri cinque anni. Bergoglio lo ha nominato nunzio in Kuwait e Qatar il 7 gennaio scorso.
Visita in Ohio dell’arcivescovo Pierre
In visita in Ohio lo scorso novembre, l’arcivescovo Christophe Pierre, nunzio apostolico negli Usa, ha risposto alle domande di “The Catholic Telegraph”, illustrando alla stampa la vita e i compiti del nunzio.
«C’è molto bisogno di fraternità umana – ha egli affermato – in un mondo che è diviso, frammentato, fatto di contrapposizioni, come quello che abbiamo oggi negli Stati Uniti».
Uganda, elezioni: i vescovi esprimono le loro priorità
Il prossimo 14 gennaio si terranno elezioni generali in Uganda, così i vescovi ugandesi hanno stilato un elenco di tredici problemi che «potrebbero mettere a rischio la credibilità dei processi elettorali e il risultato del voto, se non affrontati urgentemente».
La lista è nella lettera pastorale della locale Conferenza episcopale, diffusa lo scorso 5 gennaio. In essa viene espressa preoccupazione per la veridicità dei risultati delle urne, considerando che «la cattiva gestione delle elezioni ha anche portato in passato a bagni di sangue, mentre le cicatrici della violenza sono ancora con noi».
I leader ugandesi si sono detti preoccupati dalla commercializzazione delle elezioni, che ha visto alcuni candidati spendere colossali cifre con la speranza di rientrare dell’investimento quando avrebbero preso il potere.
I vescovi hanno inoltre fatto notare che, «sebbene le attuali leggi salvaguardino la nazione del finanziamento illecito, prevengano la rottura della sicurezza nazionale ed incoraggino la presa di responsabilità da parte dei partiti politici e dei loro leader, non c’è comunque alcuna legge che ponga attenzione specifica allo sbilanciamento ingiusto che il denaro eccessivo può creare tra gli attori politici».
Essi hanno infine lamentato una «inadeguata educazione al voto», ponendo in luce come la commissione elettorale non abbia intrapreso le attività elettorali «con tempismo e in maniera globale», stigmatizzando poi gli attacchi contro giornalisti ed esponenti della società civile, e chiedendo una effettiva gestione del processo elettorale.
Etiopia, appello del cardinale Souraphiel
Il cardinale arcivescovo di Addis Abeba Berhaneyesus Souraphiel, nel suo messaggio di natale ha chiesto al governo etiopico la garanzia del diritto alla vita delle persone, il rispetto della supremazia della costituzione del Paese dell’Africa orientale e l’assicurazione del «regno della pace».
Il messaggio è stato diffuso il 7 gennaio scorso, giorno nel quale in Etiopia è stato festeggiato il natale secondo il calendario giuliano.
Il cardinale si è rivolto a un Paese scosso dalla guerra del Tigrè. Dal 2019 Souraphiel è anche presidente della Commissione verità e riconciliazione, chiamata a costruire la pace dopo la fine delle ostilità ventennali con la confinante Eritrea.
«Ma oggi – ha egli dichiarato – la guerra nel Tigrè oltre a un numero non accertato di vittime, ha causato lo sfollamento di almeno 950.000 civili. Altri 60.000 etiopi si sono rifugiati nel confinante Sudan».
Il cardinale ha invitato a vivere «insieme come fratelli e sorelle indipendentemente dalle diversità di razza, tribù, colore, sesso ed età e inoltre, come un’unica famiglia, sostenersi e aiutarsi a vicenda e restare uniti».
Il cardinale Rai e gli sforzi per la neutralità attiva del Libano
Il cardinale Bechara Boutros Rai, patriarca dei maroniti, svolge attività di mediazione nel dialogo politico sin da prima delle tremende esplosioni del 4 agosto al porto di Beirut. Egli, tra l’altro, ha proprosto un piano per la neutralità attiva del Paese, che ha presentato anche al pontefice in un incontro privato avuto con lui a Roma prima del concistoro del 28 ottobre scorso.
Gli sforzi del prelato sono tesi a far riavvicinare il presidente Michel Aoun e il primo ministro Saad Hariri, non solo per favorire la formazione di un governo, ma anche per aiutare il Libano a strutturarsi.
L’ex ministro Sejan Azzi, suo intimo amico, ha sottolineato come quella del Patriarca non sia una «mediazione formale», poiché essa nasce anche dall’esigenza di dare al Libano una struttura statale solida. Infatti, «solo in Libano succede che ogni volta che è necessario formare un governo, è il principio di tutta la nazione che viene messo in discussione. Come se il destino dei cristiani dipendesse da un ministro in più o in meno, o dalla terza parte che lo blocca, o come se il destino dei sunniti dipendesse dalla nomina di questo o quell’altro ministro e quello degli sciiti dal ministero delle finanze. Per questo, il cardinale Rai sta cercando di favorire “la formazione di un governo imparziale, competente, composto da personalità straordinarie non affiliate a partiti politici«», tuttavia, queste condizioni non sono state accettate.