L’ultimo attacco, un’azione suicida posta in essere mediante un auto bomba, risale a ieri, quando a essere colpita è stata una colonna militare formata da soldati maliani e francesi che si trovava in movimento nella famigerata «area dei tre confini», cioè quel territorio tra Mali, Niger e Burkina Faso che sfugge al controllo di questi tre Stati e rende particolarmente impegnative e pericolose le operazioni condotte dalle forze francesi nel quadro della missione “Barkhane”.
Un veicolo condotto da un attentatore suicida ha puntato ad alta velocità la coda della colonna motorizzata, ma tale atteggiamento indice di un attacco terroristico è stato rilevato dai militari francesi, che sono tempestivamente intervenuti in funzione di protezione con un loro veicolo blindato da combattimento, un VBCI (Véhicule Blindé de combat d’Infanterie), che si è repentinamente interposto tra i mezzi di coda e lo shahid.
Quest’ultimo, compresa la manovra dei francesi, ha innescato la potente carica che recava con sé e si è fatto esplodere. Il bilancio, oltre alla morte dell’attentatore, è stata di sei militari dell’Armée de Terre.
Si tratta dell’ultimo tragico evento di una lunga serie, che in questi primi giorni del 2021 sta conoscendo una fase incrementale, un’escalation alla quale Parigi risponde come può, a volte sollevando anche polemiche e controversie.
Il raid aereo di domenica scorsa
Come nel caso del raid aereo di domenica scorsa, durante il quale i cacciabombardieri francesi avrebbero colpito un gruppo di jihadisti mentre era in corso un loro vertice.
Il fatto è accaduto nel settore a ovest di Hombori, al riguardo lo stato maggiore francese, così come anche le autorità di Bamako, avevano reso noto che a essere colpite e «annientate» erano stati una cinquantina di islamisti radicali indicati come membri della katiba Serma e che nell’azione «chirurgica» non avevano perso la vita civili.
Tuttavia, nella classica dinamica della guerra di propaganda, è stata immediatamente alimentata la polemica sul reale bilancio dell’azione compiuta dai jet dell’Armée de l’Air.
Infatti, di diverso avviso si sono mostrati gli abitanti del villaggio bombardato e un’associazione che si batte per la difesa del gruppo etnico Peul, che hanno invece riferito una versione difforme da quella ufficiale resa da Parigi e Bamako, nella quale si afferma che l’attacco aereo avrebbe colpito i partecipanti a una festa di matrimonio, provocando venti morti tra gli abitanti del villaggio di Bounti.
I testimoni hanno riferito di un elicottero, sistema d’arma che potrebbe appartenere soltanto alle forze francesi o maliane, le uniche in possesso delle capacità di un attacco verticale.
Informazione e disinformazione
In seguito, attraverso una dichiarazione ufficiale emessa dai responsabili della Difesa francese è stata decisamente negata la possibilità che il raid aereo abbia provocato danni collaterali ed è stato inoltre affermato che le notizie in senso contrario precedentemente fatte circolare altro non erano se non attività di «disinformazione».
Sempre lo stato maggiore francese ha poi sostenuto che più di un’ora prima dello strike un drone Reaper aveva rilevato una motocicletta con due individui a bordo a nord della RN 16, l’asse stradale che collega Bamako a Gao; queste due persone si erano quindi unite a un gruppo di circa quaranta uomini adulti che si trovava in una zona remota.
Conseguentemente, tutti gli elementi ricavati dall’intelligence in tempo reale hanno consentito l’identificazione di quelle persone come appartenenti a un gruppo terroristico armato. Ma non solo, poiché secondo le fonti militari di Parigi «l’osservazione dell’area effettuata per più di un’ora e mezza, aveva portato a escludere la presenza di donne e bambini in loco».
«Dato il comportamento tenuto dagli individui, i materiali identificati e la sovrapposizione delle informazioni raccolte e analizzate, alle ore 15:00 locali è stato disposto l’invio sul posto di una coppia di jet da combattimento, che in quel momento si trovavano già in volo, per l’effettuazione di un attacco mirato in un settore distante più di un chilometro a nord delle prime case del villaggio di Bounti».
Un’area parzialmente fuori controllo
«L’ambiente osservato – concludevano le fonti militari di Parigi – non mostrava scene di nozze, né bambini né donne. Tutte le informazioni raccolte dall’intelligence giustificavano dunque la neutralizzazione di quell’obiettivo, confermato in seguito come obiettivo militare».
Tuttavia, le contrastanti versioni rese dai portavoce militari e dagli abitanti del villaggio bombardato divergono al tal punto che alcuni analisti giungono a esplorare l’ipotesi che la concomitanza di due eventi separati non possa venire categoricamente esclusa.
Gli eventi verificatisi negli ultimi giorni nel settore di Douentza e di Hombori, anche a causa dell’iniziale silenzio mantenuto su di essi dal Governo maliano, hanno risollevato gli interrogativi relativi alla situazione in atto nella remota regione centrale del Mali, che continua a essere uno dei principali focolai che insanguinano il Sahel.
Katiba Serma, il sodalizio armato che sarebbe stato oggetto dello strike dell’aviazione francese, è affiliato a Jama’a Nusrat al-Islam wa al-Muslimin (JNIM), organizzazione nota anche come Gruppo a sostegno dell’Islam e dei musulmani (GSIM), composita alleanza jihadista regionale a sua volta affiliata ad al-Qaeda.
Le attività militari congiunte nella regione saheliana rientrano nella più ampia operazione “Eclipse”, che vede impegnate le forze armate francesi e dei paesi facenti parte del G5 Sahel.
Prosegue lo stillicidio di morti francesi
Resta il fatto che nella regione prosegue lo stillicidio degli attacchi jihadisti. Dell’ultimo si è parlato, i sei militari feriti sono stati evacuati in elicottero presso l’ospedale di Gao e tre di loro, in condizioni più gravi, rimpatriati.
Si è trattato del terzo attacco armato compiuto in Mali a danno dei francesi a partire dalla fine del mese di dicembre.
Prima di esso, il giorno 2 gennaio, due militari in forza al 2º Reggimento Ussari di Haguenau erano rimasti vittime dell’esplosione di un IED (improvised explosive device) che aveva investito il loro autoblindo VAB (Véhicule de l’Avant Blindé) mentre svolgevano una missione di ricognizione e intelligence nella regione di Menaka.
Alcuni giorni prima anche altri tre cacciatori in forza al 1º Reggimento di Thierville-sur-Meuse erano stati vittime di una bomba artigianale nel corso di una missione di scorta nella regione centrale di Hombori.
Tutte morti che gravano sull’Armée de Terre, che nel settore subsahariano schiera 5.100 uomini, un dispositivo che in sette anni di presenza ha registrato la perdita di cinquanta uomini per mano degli jihadisti.