USA, Difesa. Trump non mantiene più la disciplina nel suo partito: sul «Defense Bill» battuto al Senato dagli stessi repubblicani

Annullato il veto presidenziale che era stato apposto sul National Defense Authorization Act (NDAA), il provvedimento legislativo che fissa la quota di bilancio destinata al Pentagono. L’accordo bipartisan raggiunto ha per altro consentito di superare la minaccia di ostruzionismo ventilata dai democratici Bernie Sanders e Chuck Schumer

In precedenza, nel corso del suo controverso e contestato mandato presidenziale non si era mai verificato che un veto apposto lunedì scorso da Donald Trump venisse annullato dal Congresso degli Stati Uniti d’America, ma nella sessione straordinaria convocata il giorno di capodanno questo è avvenuto.

Il Parlamento americano ha quindi confermato il National Defense Authorization Act (NDAA), che consentirà lo stanziamento di 740,5 miliardi di dollari a copertura delle spese del settore Difesa.

Il veto di Trump

L’annuale provvedimento di bilancio è un atto di fondamentale importanza, poiché attraverso di esso vengono stabiliti gli investimenti nello strumento militare nazionale e, conseguentemente, anche se e come concretamente impiegarlo, con immaginabili riflessi sulla politica estera ed economica della superpotenza, nonché sulle dinamiche geopolitiche in generale.

Le motivazioni ufficiali addotte dal Presidente al rifiuto della firma al NDAA sono state sostanzialmente due: il fatto che il testo non includesse anche l’abrogazione dell’immunità per i social media e che non abolisse della norma che consente il cambiamento del nomi alle basi militari statunitensi attualmente intitolate a storiche personalità del campo confederato nel periodo antecedente la Guerra di Secessione (1861-1865).

Favorevoli e contrari

Il NDAA era stato approvato nello scorso mese di dicembre con 335 voti a favore e 78 contrari alla Camera (a maggioranza democratica) e 84 a favore e 13 contrari al Senato (a maggioranza repubblicana), però l’anatra zoppa della Casa Bianca vi aveva apposto il proprio veto.

Se alla Camera dei Rappresentanti era stato gioco facile bloccare il veto del Presidente, questo avrebbe potuto non esserlo al Senato, controllato da membri eletti nelle file del Partito repubblicano, cioè la formazione politica che ha espresso Donald Trump portandolo nel 2016 alla Casa Bianca.

Lo «schiaffo» del Senato

Tuttavia così non è stato, infatti, i senatori sono andati molto oltre la soglia dei due terzi dei voti, necessaria al conseguimento di una maggioranza qualificata, votando in più di ottanta su cento a favore dell’annullamento del veto.

Il fatto che il veto trumpiano sia stato respinto grazie all’ampio contributo fornito dai senatori repubblicani rappresenta, oltreché una dimostrazione di responsabilità in ordine a una decisione di importanza fondamentale per il Paese, anche una evidente conferma dell’ormai non più soltanto graduale scollamento di buona parte del Partito repubblicano americano dal tychoon divenuto Presidente, qualcosa che, in fondo, era in qualche modo prevedibile.

Un evidente segnale di scollamento

Al riguardo, predittive erano state le parole del portavoce repubblicano al Senato, Mitch McConnell, che prima del voto aveva rassicurato l‘opinione pubblica americana dichiarando alla stampa che il Congresso degli Stati Uniti per cinquantanove anni di seguito aveva sempre approvato il National Defense Authorization Act e che, «in un modo o nell’altro», il Congresso avrebbe approvato il sessantesimo NDAA «prima di domenica».

Dunque si tratta di una pesante sconfitta per Trump, rimarcata dal dissenso interno al suo partito subito a pochi giorni dalla data della fine del suo mandato presidenziale, indice di possibili future, seppure parziali, revisioni dell’attuale politica americana attraverso delle intese con il nuovo presidente democratico che si accinge a entrare in carica.

Il livore del tychoon

Con la sua classica verve, nel corso dell’ultima settimana Trump si era scagliato ripetutamente contro i legislatori, accusando la leadership repubblicana, che ha definito «debole e stanca», di permettere l’approvazione di «un cattivo disegno di legge sulla Difesa».

«È un vergognoso atto di vigliaccheria e sottomissione totale da parte di persone deboli alla grande tecnologia. – ha egli twittato – Negoziare un disegno di legge migliore oppure ottenere leader migliori, ora!».

National Defense Authorization Act (NDAA)

Il disegno di legge in materia di Difesa prevede un aumento delle retribuzioni pari al 3% per il personale in servizio con nelle forze armate statunitensi, inoltre pone le linee guida in materia di politica di difesa, intervenendo sugli organici, lo sviluppo di nuovi sistemi d’arma e le concrete capacità operative dello strumento militare.

Numerosi programmi industriali direttamente o indirettamente legati alla Difesa dipendono dall’approvazione del NDAA, incidendo quindi sulle capacità di contrasto delle minacce alla sicurezza e sul confronto con le potenze antagoniste degli Usa, Repubblica Popolare cinese e Russia in primo luogo.

A questo punto, è inoltre immaginabile che vengano rivisti anche i propositi della Casa Bianca relativi al totale ritiro del contingente di truppe statunitensi schierato in Afghanistan e alla riduzione di quello stanziato in Germania.

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