AMBIENTE, energia. Pubblicato il “Mini Book” di Utilitalia: questo mese focus sull’idrogeno, la strategia europea in questo settore e le opportunità per l’Italia

La Commissione europea ha recentemente pubblicato (luglio 2020) la strategia sull’idrogeno per un’Europa climaticamente neutra in cui si ribadisce il percorso di accelerazione rispetto allo sviluppo dell’idrogeno. Il ruolo di questo vettore energetico crescerà significativamente nell’abbattimento delle emissioni di gas climalteranti, tanto che l’Europa ha stanziato recentemente importanti risorse come il Next Generation EU

L’Italia è tra quei Paesi, insieme alla Germania, Portogallo, Francia, Paesi Bassi e Spagna che hanno definito le linee guida preliminari per una strategia nazionale per l’idrogeno e punta al raggiungimento di un primo obiettivo del 2% nel mix energetico al 2030 con una prima iniezione di risorse per 10 miliardi di euro di investimenti.

È un progetto ambizioso, così come è ambizioso il percorso che l’Europa ha tracciato e che l’Italia insieme agli altri Paesi dovrà seguire per arrivare ad una piena decarbonizzazione al 2050.

A testimonianza del ruolo trainante dell’Italia in Europa nello sviluppo della tecnologia sull’idrogeno, il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, ha partecipato all’evento di lancio dell’IPCEI (Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo) sull’idrogeno. È stato inoltre sottoscritto dai ministri di 22 Stati membri dell’Unione europea, a cui si è aggiunta la Norvegia, un Manifesto che promuove lo sviluppo di una catena del valore europea sulle tecnologie e sistemi dell’idrogeno.

L’obiettivo è quello di garantire all’Unione Europea la leadership nello sviluppo della tecnologia sull’idrogeno, favorendo al contempo sia la creazione di nuove opportunità occupazionali sia una riduzione delle emissioni in linea con gli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi e le politiche adottate dalla Commissione europea. Il primo progetto di larga scala sarà incentrato su “Tecnologie e sistemi dell’idrogeno” e riguarderà tutta la catena del valore, dalla ricerca e sviluppo, all’implementazione delle installazioni.

Attraverso questo progetto si punterà a produrre idrogeno sostenibile, in particolare da fonti rinnovabili; produrre elettrolizzatori e mezzi pesanti di trasporto alimentati a idrogeno, come navi, aerei, veicoli commerciali; sviluppare soluzioni per lo stoccaggio, la trasmissione e la distribuzione dell’idrogeno; implementare applicazioni industriali dell’idrogeno, per favorire la decarbonizzazione degli impianti industriali specie in quei settori di difficile elettrificazione.

Lo sviluppo del settore idrogeno è favorito da alcune caratteristiche intrinseche del vettore. Infatti, l’idrogeno può essere utilizzato come vettore energetico ad alta densità in grado di svolgere un ruolo nell’integrazione delle fonti rinnovabili nei sistemi energetici, poiché può essere stoccato in grandi quantità e per lungo periodo e ha la possibilità di collegare tra loro reti energetiche (sector coupling), trasferendo l’eccesso di produzione da energie rinnovabili ad altri settori.

Affinché l’idrogeno possa svolgere un ruolo attivo nella transizione energetica deve essere prodotto e trasportato agli usi finali in maniera sostenibile. Dal punto di vista produttivo, esistono varie tecnologie per la produzione di idrogeno.

A oggi il 95% dell’idrogeno europeo è prodotto tramite lo steam methane reforming (SMR) e l’autothermal reforming (ATR), entrambi i processi sono ad elevata intensità di carbonio. Queste modalità di produzione definiscono il cosiddetto idrogeno grigio, che utilizza combustibili fossili come materia prima e produce emissioni di biossido di carbonio.

Tali processi, però, possono venire associati a sistemi di cattura, uso e stoccaggio del carbonio (CCUS) che definiscono il cosiddetto idrogeno blu o low-carbon hydrogen. Il restante 5% è un sottoprodotto derivato dai processi di lavorazione dei cloro-alcalini nell’industria chimica. Gli elettrolizzatori alcalini possono essere utilizzati per la produzione dedicata di idrogeno, mentre esistono altri metodi di produzione dell’idrogeno tramite l’uso di elettrolizzatori basati su una membrana polimerica elettrolitica (PEM) e a ossido solido (SOEC).

In genere ci si riferisce alla produzione di idrogeno tramite elettrolizzatori con l’espressione Power-to-Gas (P2G). Nei casi in cui l’elettricità usata nel processo sia derivante da fonti rinnovabili si parla del cd. idrogeno verde.

Nella strategia europea sull’idrogeno, la priorità per il raggiungimento degli obiettivi europei di carbon-neutrality al 2050 è quella di sviluppare idrogeno verde sul lungo periodo, favorendo un sistema energetico integrato, e idrogeno low-carbon (blu) nella fase di transizione a breve e a medio termine, in grado di ridurre rapidamente le emissioni derivanti dalla produzione di idrogeno esistente e sostenere lo sviluppo di un mercato sostenibile su scala significativa.

La strategia europea ha definito una tabella di marcia molto ambiziosa che prevede una prima fase (2020-2024) in cui è prevista la decarbonizzazione dell’attuale produzione di idrogeno; una seconda fase (2025-2030) in cui l’idrogeno verde diventa parte sostanziale del sistema energetico integrato europeo; e una terza fase (2030-2050) in cui le tecnologie per l’idrogeno verde dovrebbero essere mature per uno sviluppo su larga scala, contribuendo in modo sostanziale alla decarbonizzazione al 2050.

Tuttavia, le barriere principali allo sviluppo della filiera dell’idrogeno attualmente sono la domanda piuttosto bassa e i costi elevati di produzione.

In questo senso l’Unione europea mira a promuovere la creazione di un mercato efficiente per l’idrogeno che ne aumenti la quota all’interno del mix energetico. Allo stesso tempo è necessario investire in maniera decisa e concreta nella ricerca e formazione, per accrescere le competenze e lo sviluppo tecnologico così da ridurre gli attuali elevati costi della produzione.

Numerosi programmi di finanziamento europei mirano a contribuire allo sviluppo dell’idrogeno, soprattutto stimolando investimenti privati e progetti dimostrativi d’innovazione. Si renderanno inoltre necessarie l’armonizzazione di standard condivisi, per valutare l’impatto ambientale delle tecnologie dell’idrogeno e per garantire la fornitura e la gestione di materie prime critiche.

Per sostenere la crescita della domanda si prevede l’applicazione dell’idrogeno in alcuni settori specifici come ad esempio nel settore dei trasporti pesanti, nelle ferrovie e nell’industria, specialmente in quei segmenti in cui l’idrogeno è già impiegato come materia prima (es. settore della chimica e della raffinazione petrolifera).

Oltre a questo, la miscelazione dell’idrogeno (blending) nella rete gas può essere impiegata per anticipare e stimolare la crescita del mercato dell’idrogeno. Inoltre, lo sviluppo delle cosiddette hydrogen valleys, ecosistemi per la produzione e il consumo di idrogeno, potrà fornire aree per la diffusione dell’idrogeno entro il 2030, portando a una possibile applicazione dell’idrogeno in altri settori.

Per esempio, nelle aree fortemente industrializzate, queste valleys potrebbero portare a una potenziale aggregazione di differenti applicazioni dell’idrogeno per una gestione combinata sotto il punto di vista della produzione, così da massimizzare le sinergie e il ritorno degli investimenti sulle infrastrutture.

Al fine di favorire lo sviluppo del settore idrogeno serve sviluppare un quadro normativo e regolatorio chiaro, abilitante per gli investimenti per l’impiego dell’idrogeno su tutta la catena del valore, con particolare attenzione alla sicurezza e alle attività collegate. Questo deve essere uno sforzo congiunto a livello nazionale, comunitario e internazionale.

A livello nazionale lo sviluppo della filiera dell’idrogeno è un tema strategico per il futuro e la competitività dell’Italia. Fondamentale è il tema dello sviluppo delle tecnologie proprietarie tali da coniugare le opportunità di mercato con le opportunità a livello industriale. Le tecnologie dell’idrogeno devono consentire di avere una ricaduta non solo come beneficio ambientale, ma soprattutto come beneficio di sviluppo economico del Paese.

Per far questo si deve porre al centro del percorso di sviluppo la formazione di competenze e della ricerca (interessanti sono alcuni strumenti come i dottorati industriali). Si rende quindi necessaria l’integrazione tra la ricerca di base e quella applicata per uno sviluppo di tecnologie che creino innovazione o supportino le imprese a farlo al fine di generare un vantaggio competitivo a livello nazionale.

La ricerca nell’idrogeno è di tipo sistemico, per cui l’innovazione si deve concentrare sia sui sistemi di produzione, sui sistemi di trasporto e stoccaggio e sugli usi finali. I progetti devono essere incentrati su tutta la filiera e devono favorire la cooperazione tra i diversi attori.

Importante è inoltre sviluppare dei cluster applicativi che dimostrino le innovazioni di processo o di prodotto frutto della ricerca all’interno del sistema di filiera. In questo contesto risulta quindi fondamentale sviluppare sinergie tra diversi settori come ad esempio quello del biogas. Infatti, in Italia il settore biogas ha ancora un grande potenziale inespresso, rappresentato dalla metanazione dell’anidride carbonica con l’idrogeno rinnovabile per ottenere metano sintetico.

Un anello determinante per l’interconnessione delle reti energetiche nazionali, poiché si tratterebbe di utilizzare l’anidride carbonica che, invece di essere rilasciata nell’atmosfera, sarebbe utilizzata per produrre metano sintetico in combinazione con l’idrogeno prodotto con energia elettrica da fonti rinnovabili. Il metano così prodotto può essere iniettato nelle reti del gas o nelle stazioni di rifornimento per i veicoli a combustibili alternativi.

Il MiSE, all’interno della Linee guida preliminari per la strategia nazionale sull’idrogeno ha identificato tre modelli teorici di produzione e trasporto. Il primo modello prevede la produzione totalmente in loco in cui la generazione di energia elettrica rinnovabile e la capacità di elettrolisi sono situate accanto al punto di consumo per minimizzare i costi di trasporto.

Il secondo modello prevede la produzione in loco con trasporto di energia elettrica. In questo caso, l’energia elettrica rinnovabile viene generata in aree con un’alta disponibilità di risorse naturali, e l’energia elettrica viene trasportata attraverso la rete elettrica al punto di consumo dove è poi convertita in idrogeno mediante elettrolisi.

L’ultimo modello individuato prevede la produzione centralizzata con trasporto di idrogeno. La generazione di elettricità rinnovabile e la capacità di elettrolisi sono situate in aree con un’alta disponibilità di risorse naturali dove l’idrogeno viene prodotto e poi trasportato al punto di consumo attraverso una struttura dedicata che potrebbe sfruttare la rete esistente del gas, oppure attraverso altri metodi di trasporto appositamente adattati.

Ciascun modello presenta dei vantaggi e delle controindicazioni, sarebbe quindi opportuno adottare un mix di fornitura determinato dalle condizioni locali della domanda, dal potenziale di fornitura, e dal livello di flessibilità richiesto.

La produzione di idrogeno in loco potrebbe essere favorita in alcuni settori, come chimica e raffinazione, vista la considerevole quantità di idrogeno richiesto Altre applicazioni, quali per esempio le stazioni di rifornimento per camion a lungo raggio e treni, permetterebbero una maggiore flessibilità, e potrebbero essere alimentate dall’idrogeno prodotto in loco e stoccato in serbatoi, o trasportato attraverso l’infrastruttura gas, mentre le hydrogen valleys, spesso concentrate in aree industriali, potrebbero essere servite tramite la conversione della rete gas esistente.

Come descritto nella strategia delineata dal MiSE, l’obiettivo fisato al 2030 è quello di soddisfare una domanda di idrogeno verde di circa il 2% del mix energetico, corrispondente a circa 0,7 Mton all’anno per la quale sarà necessaria una considerevole quantità aggiuntiva di energia elettrica generata da fonti energetiche rinnovabili. Per questa sfida sarà cruciale snellire e accelerare i processi di autorizzazione (permitting) per l’istallazione di impianti rinnovabili.

Per soddisfare parte della domanda di idrogeno sono stati programmati investimenti per l’installazione di circa 5 GW di capacità di elettrolisi entro il 2030. Inoltre, la produzione nazionale di idrogeno verde potrebbe essere integrata sia con le importazioni che con altre forme di idrogeno a basse emissioni di carbonio. L’Italia, grazie alla sua posizione strategica nel Mediterraneo potrebbe diventare un hub commerciale dell’idrogeno a livello comunitario e internazionale.

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