Il presidente del Centro studi economia reale (CSER), già viceministro dell’Economia, ne ha parlato nel corso del suo consueto intervento del lunedì nella trasmissione di radio radicale “Capire per conoscere”, condotta questa settimana dal direttore dell’emittente Alessio Falconio.
Nel lavorare alla legge di bilancio bisogna tenere conto delle previsioni sul piano macroeconomico recentemente elaborate dalla Banca d’Italia, che però non hanno ricevuto adeguata attenzione da parte della stampa. Un’analisi che verrà poi inserita nel prossimo Bollettino economico dell’Istituto di via Nazionale, che verrà diffuso nel prossimo mese di gennaio.
Di questi rilievi se ne è già parlato in passato a insidertrend.it, tuttavia è bene rammentarli sinteticamente.
Vengono corrette al ribasso le precedenti previsioni relative all’andamento futuro dell’economia italiana, con un -9% di caduta del prodotto interno lordo nel 2020 e un +3,5% di ripresa nel 2021;
un dato incoraggiante che sarà però strettamente legato all’andamento dell’economia mondiale, in particolare all’auspicato riavvio del commercio internazionale, quindi della domanda espressa sui mercati, che il rapporto indica in un +10% nel 2021 e nel +5% nei tre anni seguenti.
Le incognite sulla ripresa
La Banca d’Italia segnala poi una serie di incognite incombenti sulla ripresa economica.
La prospettiva relativamente ottimistica resta comunque strettamente legata all’ipotesi che tra sei mesi siano stati resi disponibili i vaccini anti-Covid e che sia stata avviata una vasta e capillare campagna di vaccinazione delle popolazioni, in vista del contenimento se non, addirittura, della sconfitta della pandemia.
Ma, le dinamiche economiche potrebbero risultare influenzate da altri fattori negativi: la possibile accentuata debolezza del quadro internazionale nel quale dovrebbe realizzarsi la ripresa, il protrarsi della pandemia da Covid-19 nel corso di tutto il 2021 e oltre, le possibili turbolenze di natura finanziaria nel sistema globale.
«In ogni caso – sottolinea Baldassarri -, va da sé che per conseguire l’obiettivo della crescita al +3,5% la legge di bilancio dovrà venire rafforzata oppure seguita dal varo di provvedimenti che ne incorporino con intelligenza il complesso dei fondi di provenienza europea, sia il Recovery Fund (le cui prime erogazioni potranno avere luogo nella seconda metà del 2021), sia quelli immediatamente disponibili, cioè quelli della Banca europea per gli investimenti (BEI), quelli del SURE e i 37 miliardi del MES sanitario».
Ma, qualora le dinamiche dovessero seguire sviluppi meno ottimistici, i riflessi che sull’economia italiana condurrebbero a una flessione del 3,4%, che di fatto azzererebbe la cifra prevista nel documento della Banca d’Italia, con un 2021 a crescita zero, una curva piatta che si aggiungerebbe al crollo del 9% registrato nel 2020.
La legge di bilancio varata alla Camera dei Deputati
Intanto, domenica scorsa alla Camera dei Deputati la legge di bilancio per il 2021 è stata approvata con il voto favorevole di 298 parlamentari, un po’ meno della maggioranza dei 630 membri eletti a Monte Citorio. Il provvedimento transiterà ora al Senato della Repubblica, ramo del Parlamento dove, con ogni probabilità, verrà “blindato” mediante il voto di fiducia.
«Nelle dimensioni attuale – evidenzia il presidente del CSER – la legge di bilancio è modesta, poiché muove soltanto 40 miliardi e poi non dice nulla sui fondi europei, salvo fornire una generica indicazione su una ventina di quei 40 miliardi, che verranno finanziati con quei fondi. Ma, se si va a esaminarla nel dettaglio, ci si rende conto che in realtà si tratta di una legge proroga, che incorpora il tradizionale «decreto mille proroghe» di fine anno anticipandolo con alcuni interventi a copertura di provvedimenti assunti mediante la promulgazione dei vari decreti nel corso dell’anno, come quelli «ristoro», che vengono, appunto, prorogati al 2021».
Conseguentemente, ad avviso di Baldassarri, l’impatto di questa manovra sul quadro complessivo dell’economia, così come delineato dal Rapporto della Banca d’Italia, risulterebbe nei fatti molto modesto.
Crollo dei consumi: l’allarme di Confcommercio
Confcommercio stima che nel 2020 il crollo dei consumi indotto dagli effetti della pandemia SarsCOV-2 provocherà la chiusura definitiva di oltre 390.000 imprese commerciali del settore non alimentare e dei servizi, a fronte di 85.000 nuove aperture (-305.000 imprese attive), questo mentre lo sblocco dei licenziamenti attualmente “congelati, che è previsto per il prossimo mese di marzo, rischia di portare a una ulteriore perdita di posti di lavoro pari al 10 per cento anche nelle piccole e medie imprese.
«Questa crisi – prevede Baldassarri – avrà degli effetti devastanti sul tessuto produttivo italiano, che è formato in massima parte da piccole e medie imprese, con riflessi sulla disoccupazione “vera” – cioè quella che a differenza del tasso elaborato dall’ISTAT include anche i cassaintegrati e i cosiddetti “scoraggiati”, cioè chi il lavoro ormai non lo cerca più perché sa di non trovarlo -, che conoscerà un incremento di un milione di persone. Una prospettiva che è un immediato riflesso di quelle previsioni macroeconomiche elaborate dalla Banca d’Italia relative a un eventuale prossimo anno di crescita zero dell’economia italiana».
La pandemia è stato sicuramente l’elemento scatenante della crisi economica, però, secondo l’economista già viceministro della Repubblica, «gli effetti di essa sono stati sovralimentati anche e soprattutto dall’inadeguatezza e dai ritardi della politica di indennizzo del Governo».
Politica economica del Governo: gli scostamenti di bilancio
Nel corso di quest’anno funestato dal coronavirus, l’esecutivo in carica, anche grazie alla collaborazione dei partiti all’opposizione, ha fatto un ricorso emergenziale a vari scostamenti di bilancio, che hanno incrementato il deficit pubblico di oltre 120 miliardi di euro di maggior debito.
Un ammontare importante della cui spesa Baldassarri chiede conto, poiché i lavoratori dipendenti sono stati posti in cassa integrazione, quelli autonomi hanno ricevuto 600 euro di indennizzo praticamente una tantum, alle piccole e medie imprese sono arrivate «le briciole», ma in alcuni settori produttivi (quali quelli del turismo, alberghiero, ristorazione, piccoli esercizi commerciali, eccetera) questi soldi non sono stati sufficienti neppure a pagare le bollette delle utenze del locale.
Next Generation EU: speranze e dubbi
Nelle prossime ore il Governo renderà noti i piani di massima relativi al futuro impiego dei finanziamenti europei ottenibili grazie al Recovery Fund, ma per l’intanto su quei soldi – su chi dovrà decidere le modalità di allocazione delle risorse che si renderanno eventualmente disponibili – dubbi e polemiche sono stati sollevati a livello politico, persino all’interno della maggioranza che sostiene il governo presieduto da Giuseppe Conte.
A questo punto il quesito dirimente che si pone è quello relativo all’attribuzione della potestà di scelta, cioè se a decidere su dove indirizzare tutti quei soldi debba essere la politica, oppure se ne debba occupare un organismo di natura tecnica.
Il professor Baldassarri nel corso della conversazione radiofonica con Alessio Falconio, direttore dell’emittente organo della Lista Marco Pannella, ha esordito trattando il controverso tema della Sanità (oggi «Salute»):
«Non poche settimane fa il ministro della Salute Roberto Speranza aveva indicato la necessità di un piano di intervento strutturale nel settore che avrebbe richiesto una spesa di 68 miliardi di euro. Ma l’indicazione finora giunta da palazzo Chigi, riferita soltanto al Recovery Fund, è quella della destinazione alla Sanità di soli 9 miliardi, poi “corretti” a 15, quindi molto meno di quanto richiesto da Speranza. È una gigantesca ipocrisia, poiché i miliardi mancanti per arrivare a 68 dove verranno reperiti? È una ipocrisia perché si indicano questi quindici miliardi presupponendo che, prima o poi, si accetteranno i 37 miliardi del MES, che, seppure insufficienti, incrementeranno notevolmente la cifra disponibile».
Il «falso storico» relativo alla spesa sanitaria italiana
Nell’impiego di quelle risorse, ammonisce Baldassarri, si dovrà agire all’opposto di come fatto negli ultimi dieci anni almeno, periodo nel quale – a differenza di quanto continuamente si afferma – la spesa per la Sanità non è mai diminuita nel suo valore assoluto, anzi, è addirittura aumentata, seppur di poco.
«Il problema è che al suo interno, l’attribuzione di risorse alle varie componenti è mutata radicalmente, infatti, sono stati tagliati posti letto e il personale medico e paramedico e altro personale, cioè il necessario, strozzando per altro la medicina di base, mentre sono aumentati in maniera spropositata – incremento del 179% a fronte di un tasso di inflazione pari al 50% – gli acquisti di beni e servizi, dove le risorse sono state sperperate».
Recovery Fund e CIPE
Riguardo al Recovery Fund, poi, vi sono due aspetti essenziali da chiarire. Uno è relativo al rapporto con l’Unione europea: al netto di un eventuale nticipo del 10% del totale nei primi mesi del 2021, il resto dei 209 miliardi verranno erogati a condizione che si presentino progetti esecutivi concreti e specificati nei loro tempi e modi di esecuzione; l’altro è che questa montagna di soldi sarà disponibile esclusivamente nella fase di avanzamento dei lavori.
«È evidente che – conclude Baldassarri – che la selezione dei progetti e degli investimenti pubblici e delle riforme strutturali da attuare spetta alla politica, che sicuramente per farlo ha bisogno di un necessario coordinamento, ma la verifica tecnica dei progetti stessi, la valutazione della loro concreata utilità, sostenibilità e produttività spetta agli esperti del ruolo tecnico. In Italia esistono da anni sia l’uno che l’altro: il coordinamento delle politiche di investimenti pubblici è demandato al CIPE, Comitato interministeriale per la programmazione economica, organo presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, così come il ruolo tecnico è demandato alla segreteria del CIPE».
Non va infine dimenticato che le leggi della Repubblica attualmente in vigore stabiliscono che i progetti di investimenti pubblici o di riforme strutturali devono venire approvati per mezzo di una delibera emanata dal CIPE, che per altro gli assegna le necessarie risorse, in assenza di questo processo, sia di natura formale che sostanziale, quel progetto rimane sulla carta.
«Per agire in maniera diversa non è sufficiente una conferenza stampa o un tweet, perché è necessario il varo di una legge dello Stato che riformi e competenze del CIPE».
Altri temi trattati
Nel corso della trasmissione “Capire per conoscere”, andata in onda su Radio Radicale lunedì 28 dicembre 2020, Mario Baldassarri e Alessio Falconio hanno trattato anche di deficit pubblico e scostamento di bilancio, solvibilità del debito pubblico (documento «dei 30», Mario Draghi) e tempi di discussione in Parlamento della legge di bilancio.