AFRICA, Etiopia. Massacro nella regione di Bulen, al confine con il Sudan: oltre duecento i morti

Si riaccendono le tensioni etniche e proseguono le violenze nel secondo Stato più popoloso dell’Africa, afflitto da fenomeni destabilizzanti dal 2018, quando Abiy Ahmed assunse la carica di primo ministro e impresse un’accelerazione al processo di riforme

La notizia è di venerdì scorso, giorno di natale, oltre duecento persone, secondo alcune fonti 222, sono state uccise nel corso dell’attacco sferrato mercoledì scorso contro il villaggio di Bekoji, situato nella regione occidentale di Bulen al confine con il Sudan, interessata da crescenti tensioni di natura etnica.

La cifra, confermata dalla Croce Rossa, organizzazione umanitaria che ha provveduto alla sepoltura dei corpi, includerebbe anche una quindicina degli uomini armati responsabili dell’aggressione.

I combattimenti in atto nell’area, dove molte case dei villaggi sono state incendiate, oltre alle morti tra la popolazione civile ha provocato anche la fuga di 40.000 persone. Quarantadue appartenenti al gruppo di miliziani che Adis Abeba presume abbiano compiuto l’attacco a Bekoji sono stati poi eliminati dai militari etiopici.

Proseguono dunque le violenze nel secondo Stato più popoloso dell’Africa, che viene afflitto da fenomeni destabilizzanti da quando nel 2018 Abiy Ahmed ha assunto la carica di primo ministro, accelerando il processo di riforme politiche.

Fino ad allora, per un periodo lungo quasi tre anni, il paese era stato governato da una coalizione di quattro partiti dominata etnicamente dai tigrini, gruppo che popola principalmente l’omonima regione settentrionale etiopica.

Immediatamente dopo il suo avvento al potere, Abiy Ahmed avviò una serie di riforme di natura politica ed economica, disponendo inoltre il rilascio di decine di migliaia di prigionieri politici detenuti nelle carceri del Paese.

In seguito, nel 2019 Abiy fuse tre delle formazioni politiche della precedente coalizione di governo per formare il nuovo Partito della prosperità, incontrando il solo rifiuto del Fronte di Liberazione del Popolo Tigrino.

Il successivo conflitto interno, divampato tra le milizie regionali tigrine e l’esercito nazionale di Adis Abeba il 4 novembre scorso, ha provocato migliaia di morti e la figa dai propri luoghi di origine di quasi un milione di persone.

La guerra ha avuto inizio dopo che, in settembre, nel Tigrè avevano avuto luogo le elezioni nonostante il governo centrale le avesse rinviate. I risultati di esse vennero poi dichiarati illegali da Adis Abeba.

Le prossime elezioni parlamentari su scala nazionale sono state indette per il prossimo 5 giugno, con esclusione però della regione del Tigrè, una decisione che potrà alimentare nuove tensioni e disordini.

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