MEDIA, televisione verità. Calabria, ‘ndrangheta e degrado: è polemica per il servizio di Striscia la Notizia su San Luca

Un territorio oltremodo difficile profondamente permeato dalla criminalità organizzata, che tuttavia non va assolutamente abbandonato. Infatti, se la televisione generalista ha buon gioco nel rendere fosche un minimo sforzo le tinte dei reportage per il prime time, quindi sono legittime, anzi doverose le repliche di chi ritiene che siano state fatte strumentalizzazioni, è anche vero che certe realtà sono oggettivamente «di frontiera»

«Una sconcertante realtà di infanzia e malavita organizzata», in questo modo Enzo Iacchetti, che conduceva la trasmissione in studio, ha introdotto il servizio dell’inviato Vittorio Brumotti, mentre quest’ultimo ha esordito così:

«Siamo venuti a San Luca, un piccolo paese ai piedi dell’Aspromonte diventato famoso per le guerre di ‘ndrangheta. Siamo venuti per denunciare il degrado del paese: i rifiuti, le strade abbandonate… ma, durante le registrazioni del servizio ci imbattiamo in storie molto più tristi e degradanti. Al nostro arrivo le finestre delle case si chiudono improvvisamente. La gente si nasconde. Ci mandano via. Nessuno voleva essere ripreso».

Il servizio mandato in onda da Striscia la Notizia

Seguono le immagini del ciclista acrobatico inviato dalla trasmissione di Ricci commentare la situazione: «Son Brumotti di Striscia siam venuti qua ciao!», esclama in presa diretta a qualcuno in lontananza che replica con la inflessione dialettale del luogo, poi Brumotti aggiunge: «E ci cacciano anche da un bar».

«Il paese diventa deserto – prosegue lo speech del servizio di Striscia -, c’ero io con la mia bici e la troupe, e nessuno… ma ci sentivamo gli occhi addosso: alcune persone ci scrutavano a distanza dalle finestre, dietro i muri. Eravamo tenuti sotto controllo», a questo punto nel filmato trasmesso da Canale 5 si vede il girato del video operatore che indugia con la camera zoomando a grande distanza su alcuni edifici del paese, dai balconi dei quali delle persone si sono affacciate a vedere. Il commento musicale di sottofondo è da film thriller, capta l’attenzione del telespettatore provocandone l’aumento del battito cardiaco.

«Intorno a noi dei motorini…», ma non è chiaro se si tratti di ragazzi che se ne vanno a zonzo per il paese oppure pericolose vedette della ‘ndrina locale, gente da 41bis. Parrebbero inoffensive, ma per non sbagliare l’inviato di Striscia li ammonisce: «Metti il casco!», grida a un paio che passano in sella a uno scooter. Poi, però, preso da una risipiscenza indotta dalla sua stessa antropologia, rammenta di essere funambolo delle due ruote e allora, al successivo motorino in transito esorta il conduttore a compiere una spericolata manovra: «Piega! PIega!». Quindi percorre lui, stavolta, un discesa del paese su una ruota della bici.

Intanto la voce fuori campo (che è sempre la sua) mantiene desto il raccapricciato telespettatore rilevando che: «L’aria è tesa, iniziamo a preoccuparci…».

«Qui siamo nelle vie del centro – e indica un cartello stradale -, è crivellato dai colpi d’arma da fuoco. Da far rabbrividire».

Ci spostiamo di pochi metri e troviamo un centralina fatta a gruviera, anche lei piena di buchi: guardate. E non siamo in una via a caso, siamo nella via dei familiari del boss Strangio, colui che diede l’ordine della strage di Duisburg».

A questo punto nel filmato appare un cartello bianco su sfondo giallo che reca la scritta strage di Duisburg: Giovanni Strangio è colpevole, condannato all’ergastolo.

«Ma ad un tratto siamo accerchiati da una decina di ragazzini, anche loro a cavallo di una bicicletta. Sono allegri, curiosi. Hanno voglia di giocare e andare in bici: tiriamo un sospiro di sollievo. Ma, all’improvviso iniziano a raccontarci come trascorrono le giornate a casa».

«Sai di cosa mi intendo io? Di fare le molotov», si sente dire dalla voce di un ragazzino che non viene ripreso.

«Molotov? – replica Brumotti – Sei bravo a farle?»

«Sì. Una bottiglia… le facciamo con una bottiglia di vetro… alcool, dentro una bottiglia»

«Alcool o benzina?» – li incalza Brumotti.

«Benzian… alcool. Si mette lo spirito… whiskey… cose così. La miccia la bagni con il profumo… col profumo… la spruzzi col profumo, poi accendi».

«Ma fa “puf” o è forte» – insiste Brumotti.

«Dopo fa in questa maniera… quando arriva a metà la spacchi per terra…»

«Per capodanno pero…» accenna l’inviato di Striscia la Notizia

«No – risponde candido il ragazzino -, addosso agli sbirri».

Riparte la voce fuori campo, emozionata: «Avete capito bene? Questo bambino, a casa crea bombe molotov. E avete sentito a chi le lancia? Alle Forze dell’Ordine».

Poi continua. «E sentite questo bimbo: dice di saper sparare con una carabina»

«Sì, io ce l’ho la carabina!»

Ovviamente Brumotti gli contesta il fatto che «con la carabina vai a finire indietro. Se spari, col rinculo vai a finire indietro…»

«No replica il ragazzino –, è una minigun».

«E come fai a conoscere la minigun?» gli chiede allora Brumotti.

(voce fuori campo) «E sentite lui: dice che guida già la macchina!»

«Ma la macchina come fai a guidarla, che sei piccolo…»

«Ci arrivo! Ci arrivo!» – esclama soddisfatto il ragazzino in risposta.

«Come tutti ben sapete – riprende il commento della voce fuori campo -, San Luca viene chiamata “la Mamma”. Viene chiamata così dagli ‘ndranghetisti perché da questo paese vengono le famiglie più importanti del mondo del sistema criminale chiamato ‘ndrangheta».

E nel frattempo vengono fatte scorrere le immagini, al rallentatore e offuscate, di ragazzini che si accapigliano in strada.

Ed ecco che l’inviato di Canale 5 pone ai ragazzini una domanda suggestiva: «Cosa vorresti fare da grande?»

«L’avvocato» – risponde qualcuno di loro.

«L’avvocato? Come mai? Allora ti piace la legge?»

(voce fuori campo) «L’avvocato. Avete capito bene? – –   Perché dice che ogni volta che gli portano via un parente devono pagare 20.000 euro».

A un tratto transita nella strada una pattuglia di carabinieri a bordo di un’autovettura recante i colori d’Istituto.

«I porci! I porci!» – esclamano i ragazzini, e poi si allontanano in fretta.

«Avete capito!?! “I porci” sono i carabinieri – sottolinea Brumotti – Guardate come scappano. Bambini abituati fin da piccoli a ripudiare le Forze dell’Ordine. I loro racconti sono un pugno nello stomaco. Questi bambini vanno aiutati, strappati al sistema criminale».

Le immagini adesso sono quelle di una palazzina e di un cancello, il sottopancia è il toponimo del paese: San Luca (Reggio Calabria).

«Vedete? Siamo ai piedi di San Luca e qua abbiamo un centro culturale chiamato Falcone e Borsellino, sottratto a famiglie di ‘ndrngheta, e parliamo dei Pelle e Gambazza. È stato affidato alla comunità, ma purtroppo i ragazzi non ci vengono. Perché questo potrebbe essere un luogo di aggregazione, per fare musica, per stare insieme. Per fare le cose che fanno i ragazzi. Però, qui, dovete sapere che ci sono i bambini soldato. Fin dalla tenera età vengono addestrati a ripudiare le regole dello Stato e, purtroppo, questi bambini da grandi diventeranno ‘ndranghetisti. Non dovrebbero stare per strada a parlare di bombe molotov, dovrebbero stare in questi centri ricreativi a studiare e a fare, sapete cosa… i bambini».

L’impegno dei calabresi per il recupero del territorio

Contrariato dall’immagine resa di San Luca dal servizio trasmesso da Striscia la Notizia, ci ha scritto Giuseppe Brugnano, un sindacalista del comparto Sicurezza in forza alla Polizia di Stato, persona attivamente impegnata nel sociale e consigliere comunale di opposizione del paese calabrese, eletto in una lista composta da personalità del mondo della cultura e delle istituzioni.

«Brumotti torni a San Luca per parlare dei problemi reali del territorio – ha affermato con veemenza -, l’impegno delle Forze dell’Ordine ha stravolto quello che quel territorio era un tempo».

Egli ha poi proseguito lamentando che: «Non si aiuta la Calabria con servizi giornalistici scandalistici, basati su ricostruzioni “mordi e fuggi” che si fermano all’apparenza e non entrano nel merito delle questioni. Non abbiamo bisogno di giornalisti d’assalto che improvvisano scoop inesistenti».

Brugnano, che è segretario nazionale del sindacato Fsp Polizia di Stato ha aggiunto che: «Ridurre la realtà di San Luca alle parole di alcuni bambini, magari anche galvanizzati dalla presenza delle telecamere e del personaggio famoso, non rende giustizia al grande lavoro che si sta portando avanti da parte di tutte le istituzioni e, in particolare di tutte le Forze dell’ordine».

«I dati in nostro possesso – ha quindi argomentato – sono in assoluta controtendenza rispetto all’immagine di San Luca che il servizio televisivo ha voluto offrire: non c’è un arresto o una denuncia per oltraggio a pubblico ufficiale dal lontano 2006 e i cartelli stradali che sono stati mostrati in televisione, con i fori di colpi di arma da fuoco, risalgono a episodi datati di oltre dieci anni. In questi ultimi tempi, invece, le Istituzioni hanno avviato una serie di iniziative per aprire un nuovo percorso per la comunità aspromontana. A San Luca la Calabria ha ricordato lo scorso mese di maggio il ventottesimo anniversario della strage di Capaci e la figura di Giovanni Falcone, lo ha fatto con un evento altamente simbolico voluto dalla compianta presidente Jole Santelli. Analoga iniziativa venne promossa l’anno scorso dalla nostra Federazione sindacale di polizia sempre per ricordare il giudice dell’antimafia, sua moglie e il personale della sua scorta. Sono piccoli passi in avanti che dimostrano che si può costruire di nuovo a San Luca, per questo stiamo lavorando per entrare nelle scuole per parlare i più giovani, con un poliziotto eletto dall’opposizione, delegato a gestire i progetti per la scuola e la legalità».

Brugnano ha quindi concluso affermando che: «Non è facile. Le Istituzioni, tutte, devono collaborare e lo scandalismo certamente non aiuta. Se Brumotti vuole tornare a San Luca saremo i primi ad accoglierlo per parlare con i bambini e portarli a prendere le distanze con il passato, per parlare dei problemi reali di quel posto, come la mancanza di servizi di ogni genere o come la decontestualizzazione geografica del territorio, senza reportage che mettono in piedi inutili strumentalizzazioni».

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