La nuova intesa raggiunta da Rabat e Gerusalemme assume indubbiamente un significato storico, seppure si vada a inserire in un solco già tracciato in passato, quello delle precedenti relazioni tra il Regno del Marocco e lo Stato ebraico. Tuttavia, anche se non si è di fronte a una novità assoluta, si tratta in ogni caso di qualcosa di molto importante, poiché il fatto rappresenta la quarta accettazione di Israele in poche settimane da parte di uno Stato a maggioranza musulmana. Infatti, dapprima furono gli Emirati Arabi Uniti, poi Sudan e Bahrein, seguiti ora dal Marocco.
Nel corso della lunga intervista rilasciata a insidertrend.it dall’ambasciatore del Regno alawide Youssef Balla, è stato possibile affrontare non soltanto le tematiche strettamente legate all’attualità di un contesto regionale interessato da dinamiche a tal punto repentine come quelle avviate da questi quattro accordi, ma anche le prospettive del cosiddetto Mediterraneo allargato – o, sarebbe forse meglio definire questa vasta area con la sua denominazione più appropriata, quella in uso oggi di «Medio Oriente e Nord Africa» (o Meddle east and North Africa, MENA) -, per giungere ad analizzare, seppure sinteticamente, l’attuale stato delle relazioni tra Rabat e Algeri e l’annosa controversia sul Sahara occidentale, causa di tensioni e conflitti. Infine, la minaccia di un’innestamento del fenomeno jihadista nel Paese attraverso il Sahara occidentale, dove agiscono sia gruppi radicali locali che elementi giunti dalla vicina regione saheliana.
Marocco: un paese chiave
Il Marocco è un paese chiave per gli equilibri nella regione, esso si affaccia sia sul Mare Mediterraneo che sull’Oceano Atlantico, penetra a sud fino alla Mauritania e condivide una lunga e militarizzata linea di frontiera con l’Algeria, paese quest’ultimo che sostiene e arma da decenni i sahrawi del Fronte Polisario, che sono sostanzialmente in guerra con Rabat da decenni a causa del conteso Sahara occidentale, territorio che a sua volta è nelle immediate adiacenze di quel vero e proprio “buco nero” che è diventata la regione sub-sahariana, ormai in balia di bande criminali, trafficanti di ogni genere (inclusi quelli di esseri umani) e di strutturate organizzazioni jihadiste che praticano il terrorismo e la guerriglia.
Nell’intervista, l’Ambasciatore esordisce precisando che questa «ripresa» delle relazioni tra il suo Paese e Israele non sono frutto degli Accordi di Abramo patrocinati da Washington, poiché seguono un tracciato proprio, derivante da rapporti, non soltanto di natura diplomatica, risalenti nel tempo.
Egli cita quale esempio il forte attaccamento storico e umano della comunità ebraica di origine marocchina che vive in Israele (i mizrahì, o mizrahìm), infatti un cittadino israeliano su cinque è di origine marocchina.
Palestinesi e Gerusalemme
Nel comunicare ufficialmente la decisione concernente il raggiungimento dell’intesa con lo Stato ebraico, Muhammad VI, sovrano del Marocco, ha voluto richiamare la propria dichiarazione ufficiale fatta congiuntamente al pontefice della Chiesa cattolica romana, papa Francesco, il 30 marzo 2019.
Essa si articola su tre punti fondamentali: la soluzione del conflitto israelo-palestinese attraverso il ricorso alla cosiddetta formula dei “due Stati”; la preservazione dello status speciale di Gerusalemme, che prevede il rispetto della pratica dei riti religiosi nella città santa per i fedeli appartenenti alle tre religioni monoteiste, una «città multiconfessionale», ha affermato il diplomatico marocchino; il rispetto del sigillo musulmano di al-Quds Acharif (al-Quds è la denominazione araba di Gerusalemme) e della moschea di al-Aqsa.
Nello svolgere le sue considerazioni al riguardo, l’ambasciatore Balla ha ribadito che «la ripresa delle relazioni con Israele non comporterà alcun cambiamento nella costante posizione del Marocco riguardo alla questione palestinese, anzi essa è in linea con il continuo impegno alla contribuzione in modo costruttivo al raggiungimento di una pace giusta e duratura in Medio Oriente».
Il Sahara occidentale
È indubbiamente una questione controversa che si trascina dal 1975 e che comporta ancora numerose difficoltà. Durante questo ultimo periodo del mandato di Donald Trump alla Casa Bianca, Washington ha sostenuto «senza se e senza ma» la sovranità di Rabat su quella strategica regione.
All’ambasciatore Balla abbiamo dunque chiesto quali potranno essere gli eventuali rischi di un futuro riproporsi di una fase di crisi con il Fonte Polisario, tenuto in debito conto che sia l’organizzazione saharawi che lo Stato algerino che li sostiene da quarantacinque anni in questo momento attraversano una fase di debolezza e isolamento.
«Il riconoscimento totale della sovranità marocchina sul Sahara da parte degli Usa è un decisione importante – ha sottolineato con decisione il diplomatico di Rabat -, frutto di diversi anni di consultazioni reciproche. Una decisione rafforzata anche dal riconoscimento dell’iniziativa di autonomia proposta dal Marocco quale unica base per la risoluzione politica di questa falsa controversia regionale, creata e mantenuta dall’Algeria. Una decisione che verrà rafforzata dall’apertura di un consolato americano nella città sahariana di Dakhla, mirante a rafforzare i rapporti economici».
Isolamento e crisi del Fronte Polisario
«L’Algeria e il Polisario devono comprendere che è arrivato il momento di ragionare sulla necessità di costruire un futuro comune sulla base del rispetto dell’integrità territoriale e della cooperazione e della integrazione regionale».
È opinione dell’ambasciatore che la «milizia del Polisario» (ELPS, Esercito di liberazione popolare saharawi, n.d.r) da anni stia affrontando un momento non soltanto di debolezza, ma anche di destrutturazione totale.
«La popolazione nei campi di Tindouf – ha egli aggiunto – si sta rendendo conto della grande utopia dell’indipendenza, una grande menzogna che gli hanno venduto il Polisario e l’Algeria (…) La posizione dell’ONU è per una soluzione politica della controversia, una soluzione negoziata, realista e realizzabile, oltreché pragmatica. Quindi una soluzione politica sulla base dell’iniziativa del Marocco per un’ampia autonomia».
L’ambasciatore Balla ha tenuto a precisare che il Sahara occidentale è un territorio che sta attraversando una grande fase di sviluppo, «attualmente è la seconda regione per investimenti pubblici e la terza per prodotto interno lordo, inoltre viene interessata da un esteso piano di investimenti pari a otto miliardi di dollari. È divenuta un hub per tutta l’Africa, in particolare per le energie rinnovabili».
Il radicalismo jihadista
In coda all’intervista è stato affrontato anche il tema del radicalismo islamista e del terrorismo jihadista nel vicino Sahel, fenomeno dalle ovvie implicazioni per il Marocco, data la minaccia concreta minaccia di destabilizzazione dovuta alle infiltrazioni dalla regione sub-sahariana.
«Le nuove generazioni del Maghreb non sopportano più questa situazione, hanno bisogno di vivere e di costruire il loro futuro insieme», ha concluso l’ambasciatore Youssef Balla, auspicando che «possa essere un futuro comune all’intera regione, che è la meno integrata al , questo malgrado le risorse e le potenzialità che possiede».
Di seguito è possibile ascoltare la registrazione audio integrale dell’intervista realizzata il giorno 14 dicembre 2020