Cancellazione del debito, questa la proposta recentemente ventilata dal Presidente del Parlamento europeo David Sassoli, che secondo l’economista Mario Baldassarri «è tecnicamente sbagliata e politicamente controproducente».
Un commento lapidario, che è stato espresso nel corso della trasmissione Capire per Conoscere, condotta dal giornalista Claudio Landi e andata in onda sulle frequenze di Radio radicale martedì 22 novembre 2020.
Tecnicamente sbagliata. Tecnicamente sbagliata, ha argomentato il presidente del Centro studi economia reale (Cser), perché il debito, riferito soprattutto alla quota di titoli di Stato acquistati dalla Banca centrale europea (Bce), fa parte dell’attivo di quest’ultima banca, conseguentemente, una cancellazione di questi debiti intaccherebbe tale attivo, sarebbe dunque una perdita per la Bce e per gli “azionisti” di essa, cioè i vari Stati membri dell’Unione europea, Italia inclusa.
Con effetti anche peggiori, ha sottolineato Baldassarri, in quanto «farebbe saltare il bilancio della Bce».
In realtà una ipotesi concretamente esplorabile non sarebbe tanto l’aspetto relativo alla «cancellazione» del debito, quanto quello del rimborso alla scadenza di questi titoli del debito pubblico emessi dagli Stati.
Infatti, semmai i quesiti da porsi sono altri: per quanto tempo la Bce manterrà nel proprio bilancio questi titoli e cosa eventualmente ne farà? Ne chiederà il rimborso agli Stati emettitori? Li collocherà in vendita sul mercato? Questi titoli, una volta scaduti, verranno rimborsati ma contestualmente “sostituiti” nella pancia della Bce da altri titoli di nuova emissione da parte degli Stati membri?
Politicamente controproducente. «Proporre una cosa del genere – sottolinea Baldassarri – sarebbe masochistico, poiché darebbe immediatamente fiato a tutti i rigoristi, frugali, sovranisti e via discorrendo, cioè coloro i quali non vogliono l’integrazione europea. A questi verrebbe fornito su un piatto di argento un argomento formidabile, quello della inaffidabilità di certi Paesi membri, quelli del Sud Europa, che dopo avere speso non risarciscono il debito contratto».
Dunque, una dichiarazione “boomerang” quella di Sassoli.
Alla domanda posta da Landi e relativa al possibile utilizzo di questi titoli detenuti dalla Bce in funzione della costituzione di un veicolo finanziario che possa essere utilizzato per fare degli investimenti, il presidente del Cser ha replicato affermando che «questo, in prospettiva, vorrebbe dire che quello che timidamente potrebbe nascere con il Recovery Fund, cioè lo svuotamento di questo debito pubblico dagli Stati nazionali allo Stato federale europeo. A quel punto la Bce possiederebbe dei titoli “in attivo”, che risulterebbero “a passivo” nel bilancio federale europeo. Si tratterebbe, insomma, della cosiddetta condivisione del debito».
Verso un bilancio comune? Baldassarri si è detto convito che sia proprio questa la strada che dovrebbe venire percorsa e, ha aggiunto, anche in tempi più brevi rispetto a quello che le condizioni attuali ci consentono, poiché si tratta di un passaggio verso l’integrazione europea e la costituzione di un’entità politica comune che, non soltanto eserciterebbe la propria sovranità monetaria – attualmente resa possibile esclusivamente dalla moneta unica e dalla Bce -, ma soprattutto attraverso un bilancio federale, al pari di qualunque altra federazione esistente al mondo, ad esempio gli Stati Uniti d’America.
Tuttavia, il bilancio federale di Washington ammonta al 25% del prodotto interno lordo statunitense (Pil), questo a fronte dell’attuale bilancio comunitario dell’Unione europea che è invece pari all’1,04% del proprio Pil.
L’argomento del bilancio comunitario ha costituito anche un addentellato utile alla trattazione della questione relativa alla controversia interna europea in atto con alcuni Paesi del cosiddetto Gruppo di Visegrad, in modo particolare Polonia e Ungheria, ai quali si è da poco aggiunta la Slovenia del premier Janez Janša, già ministro in armi dell’allora neonata Repubblica secessionista, durante la “Guerra dei dieci giorni” del 1991.
Il nodo del rispetto dei diritti civili. Nel corso della trasmissione radiofonica, al riguardo è stato rilevato che molto è ora nelle mani del cancelliere tedesco Angela Merkel, forse l’unica personalità europea nelle condizioni di poter interporre i propri buoni uffici tra le parti.
Sollecitato da Landi, Baldassarri ha espresso la sua opinione riguardo all’attuale scarsa chiarezza sulla vicenda, quantomeno per onestà intellettuale: «L’obbligo del rispetto dello stato di diritto vigente per tutti Paesi membri dell’Unione europea è scritto nei trattati, tant’è che l’articolo 7 prevede che la Commissione europea possa avviare una procedura di infrazione nei confronti di qualunque Stato membro che si ritenga non si sia attenuto a questo obbligo».
Diverso invece è il ragionamento sul Recovery Fund, che venne votato all’unanimità dai ventisette Stati membri, «ma poi qualcuno, magari pensando di fare il furbo, ci ha infilato dentro la condizione che quei fondi non potessero venire erogati in mancanza del rispetto dello stato di diritto. da questo ne è conseguita la recente presa di posizione assunta da Polonia e Ungheria. Si tratta di due temi che vanno mantenuti separati tra loro», altrimenti si rischia di renderli idonei a un utilizzo strumentale sul piano della determinazione delle scelte in campo economico.
A una eccezione sollevata da Landi riguardo all’inserimento della condizionalità relativa al rispetto dello stato di diritto rispetto all’erogazione dei finanziamenti del Recovery Fund, di per sé preesistente, sarebbe stata poi definita nei suoi termini a seguito di un negoziato intercorso tra la Commissione e il Parlamento europeo, quindi «in corso d’opera».
In ogni caso, un «sì» polacco e ungherese al Recovery Fund non bloccherebbe di certo la procedura di infrazione nei loro confronti avviata ex articolo 7 a causa del mancato rispetto dello stato di diritto all’interno dei loro territori nazionali.
I numerosi «Decreti ristori». Nel corso della trasmissione si è parlato anche degli ormai susseguenti «Decreti ristoro» emanati dal Governo Conte 2. È opinione di Baldassarri che, il fatto stesso che si sia ormai giunti al decreto quater e, forse, se ne emanerà un quinquies, sarebbe indice dell’affanno con il quale l’esecutivo in carica rincorrerebbe i problemi che attualmente affliggono il Paese.
Sarebbe opportuno unificarli tutti, almeno nella loro fase di approvazione? Landi e Baldassarri sono tornati sull’argomento, per altro ampiamente affrontato nelle trasmissioni precedenti di Capire per Conoscere.
Di seguito è possibile ascoltare la registrazione audio integrale della trasmissione mandata in onda da Radio Radicale il 22 novembre 2020.