LAVORO, caporalato. Latina: la Guardia di Finanza esegue sei misure cautelari personali per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro

Un’importante azienda agricola pontina ha impiegato in condizioni di sfruttamento e prevaricazione nei lavori agricoli 290 braccianti. Questo le ha consentito, non solo di risparmiare sensibilmente sui costi della manodopera, ma anche di operare sul mercato godendo dei vantaggi derivanti da una grave concorrenza sleale a danno degli altri operatori economici onesti

I militari della Guardia di Finanza di Latina – coordinati dalla locale Procura della Repubblica, a eseguito di indagini svolte sotto la direzione del Procuratore Aggiunto, Carlo Lasperanza e dei Sostituti Procuratori Giuseppe Miliano e Valerio De Luca – hanno eseguito una serie di misure cautelari personali emesse dal Gip presso il Tribunale del capoluogo pontino Mario La Rosa, per le ipotesi di reato di cui agli articoli 110 e 603bis del Codice penale, ponendo fine a una collaudata attività criminale dedita al sistematico sfruttamento dei braccianti agricoli di nazionalità prevalentemente indiana.

L’operazione di polizia economico-finanziaria, denominata «δοῦλος» (dal greco antico servo, schiavo), avviata a seguito di un controllo in materia di lavoro sommerso effettuato dai militari della Tenenza di Sabaudia nei confronti un’importante azienda agricola pontina, ha condotto all’accertamento del fatto che la società, per il tramite dell’amministratore e di altri soggetti in posizione direttiva, nel corso degli ultimi due anni aveva impiegato in condizioni di assoluto sfruttamento e prevaricazione in lavori agricoli in provincia di Latina più di 290 lavoratori.

Dalla documentazione extracontabile acquisita all’esito di perquisizioni disposte dall’Autorità giudiziaria è poi emerso che gli indagati, approfittando dello stato di bisogno di numerosi lavoratori stranieri, avevano proceduto non solo alla corresponsione di retribuzioni orarie sensibilmente inferiori a quelle previste dai contratti collettivi di categoria, ma anche all’impiego effettivo della manodopera per un numero di ore di lavoro settimanale di gran lunga superiore a quello formalmente risultante nella documentazione aziendale ufficiale (risultata formalmente ineccepibile) concernente i relativi rapporti di lavoro subordinato (contratti di lavoro, buste paghe, registro presenze, eccetera).

Le condizioni di lavoro e i metodi di sorveglianza, pressanti e degradanti, cui ricorrevano i responsabili dell’area amministrativa e di controllo del personale, furono tali da generare nei lavoratori sfruttati anche un totale assoggettamento psicologico al loro datore di lavoro, poiché costantemente provati da un profondo stato di bisogno e dalla necessità di mantenere economicamente le famiglie d’origine .

In alcuni casi, infatti, essi sono stati costretti a rinunciare al riposo settimanale e alla fruizione dei periodi di ferie.

Lo sfruttamento dei braccianti agricoli ha consentito all’azienda agricola, non solo di risparmiare sensibilmente sul costo della manodopera, ma anche di operare sul mercato godendo dei vantaggi ottenuti per mezzo di una grave concorrenza sleale a danno degli altri operatori economici, onesti, dello specifico settore, questo in virtù del mancato pagamento all’INPS dei maggiori contributi previdenziali e assistenziali ammontanti ad oltre 110.000 euro.

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