I viaggi dei rifiuti ammontano complessivamente a ventidue milioni di chilometri percorsi, con 14.000 tonnellate di CO₂ equivalente prodotte e 75 milioni di costi aggiuntivi che vanno ad aggravare la Tari. A pagare quindi sono i cittadini, proprio laddove il servizio erogato risulta peggiore.
Nel Mezzogiorno il 41% dei rifiuti viene ancora smaltito in discarica, con l’UE che impone di scendere sotto al 10% entro il 2035. La vita residua delle discariche al Sud è minima: entro il 2022 saranno esaurite
Per rispettare gli obiettivi fissati dall’Unione europea occorre un investimento di 2,2 miliardi soltanto al fine di soddisfare il fabbisogno di trattamento della frazione organica e di incenerimento con recupero di energia.
I potenziali risparmi conseguenti di CO₂ rappresentano un contributo importante nel quadro del rispetto degli impegni assunti dall’Italia con l’Accordo di Parigi, infatti, la realizzazione degli impianti comporterebbe ricadute positive in termini ambientali, economici e sociali.
25.000 camion di rifiuti in direzione Nord. Nel 2018 dalle regioni meridionali sono partiti 25.000 camion carichi di rifiuti verso il Centro-Nord, questo a causa dell’insufficienza numerica e della cattiva dislocazione degli impianti di trattamento. Ciò comporta gravi costi economici e ambientali, nonché un eccessivo ricorso alla discarica, poiché nel Mezzogiorno il 41% dei rifiuti viene ancora smaltito in questo modo – mentre l’Unione europea impone di scendere al di sotto del 10% entro il 2035 -, e al contempo la vita residua delle discariche in esercizio si stima che arrivi soltanto fino al 2022.
Il Green Symposium di Napoli. Secondo Utilitalia gli impianti di trattamento sono infrastrutture essenziali e non più differibili, la cui realizzazione apporterebbe notevoli vantaggi economici, ambientali e sociali, investimenti in grado di produrre ricchezza in quegli stessi territori che attualmente spendono risorse in maniera improduttiva.
Questi sono alcuni degli elementi che emergono dalla ricerca “I fabbisogni di trattamento dei rifiuti urbani nel Sud” realizzata da Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche, presentata in occasione del Green Symposium di Napoli, studio che scatta una fotografia della situazione attuale e delinea lo scenario al 2035.
. Nel 2018 nelle 8 regioni del Sud erano operativi 69 impianti di trattamento del rifiuto organico, 51 impianti di trattamento meccanico biologico (TMB), 6 inceneritori, 2 co-inceneritori e 46 discariche. Il Mezzogiorno ha esportato verso le regioni del Centro-Nord 420mila tonnellate di organico (il 30% della produzione), mentre altre 80mila sono state movimentate all’interno del Sud stesso; per quanto riguarda il rifiuto indifferenziato e trattato nei TMB ai fini del recupero energetico, sono state esportate 190mila tonnellate (il 18% di quanto è stato trattato nei termovalorizzatori del Mezzogiorno), mentre altre 70mila tonnellate si sono mosse all’interno della macroregione.
Costi economici e ambientali del trasferimento dei rifiuti. Tutto ciò si traduce nei cosiddetti «viaggi dei rifiuti», nel 2018 sono stati 25.000 gli automezzi pesanti che sono partiti in direzione degli impianti del Nord, mentre altri 10.000 si sono spostati tra le regioni del Sud.
Tutto questo ha comportato il percorrimento di 22 milioni di chilometri, con conseguenti importanti costi, sia dal punto di vista ambientale (a causa dell’emissione di 14.000 tonnellate di CO₂ equivalente) che economico (75 milioni di euro aggiuntivi sulla Tari pagata dai cittadini).
«La carenza e la non equilibrata dislocazione degli impianti – ha affermato al riguardo il vicepresidente di Utilitalia Filippo Brandolini – è la prima causa dei viaggi dei rifiuti lungo la Penisola. Il paradosso è che i cittadini dei territori nei quali non ci sono sufficienti impianti sono costretti a pagare le tariffe dei rifiuti più alte ed hanno una qualità ambientale più bassa. È un classico caso di servizio inefficiente a fronte di tariffe più alte per la cittadinanza, e al contempo un esempio di quali siano i costi del non fare: al contrario gli impianti sono investimenti in grado di produrre ricchezza negli stessi territori che attualmente spendono risorse in maniera improduttiva».
Elevato ricorso alle discariche. Le discariche sono il sistema di trattamento dei rifiuti con il maggiore impatto ambientale, soprattutto a causa delle emissioni di CO₂.
Al momento il Sud avvia a discarica il 41% dei rifiuti urbani trattati (contro una media nazionale del 20,2%), mentre l’Unione europea impone di scendere al di sotto del 10% entro il 2035.
Oltretutto, la vita residua delle discariche del Mezzogiorno si stima sia di soli due anni ed entro il 2022 saranno esaurite, «conseguentemente – prosegue Brandolini -, a questo ritmo di conferimento saremo obbligati a scegliere se costruire nuovi impianti o aprire nuove discariche, anche perché entro pochi anni, in mancanza di interventi, la chiusura delle discariche del Sud farà ulteriormente aumentare il numero dei viaggi dei rifiuti. Non c’è più tempo da perdere».
Gli investimenti necessari entro il 2035. Secondo l’analisi di Utilitalia (che tiene conto dei target fissati dal Pacchetto Ue sull’economia circolare al 2035, e in particolare del raggiungimento del 65% di riciclaggio e dell’uso della discarica per una quota al massimo del 10%), considerando la capacità attualmente installata, se si vuole annullare entro quella data l’export dei rifiuti, servono investimenti pari a 2,2 miliardi di euro, oltre a quelli per lo sviluppo delle raccolte differenziate e dell’applicazione della tariffa puntuale: ciò per soddisfare il fabbisogno di trattamento della frazione organica per ulteriori 2 milioni di tonnellate, e di incenerimento con recupero di energia per ulteriori 1,3 milioni di tonnellate.
Ad avviso del vicepresidente di Utilitalia «si continua a rimandare un problema non più procrastinabile: l’economia circolare e gli impianti non sono due elementi in contrasto, ma rappresentano due facce della stessa medaglia. Non a caso, i territori che registrano le percentuali più alte di raccolta differenziata sono proprio quelli in cui è presente il maggior numero di impianti. Abbiamo oggi la grande opportunità di pensare a un approccio nuovo rispetto alle scelte in tema di rifiuti: investire in questa direzione ci consentirà di avere una raccolta più efficiente, città più pulite e tariffe più basse; se invece restiamo fermi, rischiamo di essere travolti dall’emergenza».
Vantaggi di natura ambientale, economica e sociale. Nello specifico, nel Mezzogiorno la realizzazione degli impianti di trattamento del rifiuto organico, oltre a chiudere il cerchio dei rifiuti a livello macro-regionale, permetterebbe di produrre 140 milioni di metri cubi l’anno di biometano.
Un quantitativo in grado di soddisfare la necessità di riscaldamento di 140.000 famiglie, con un risparmio di 260.000 tonnellate di CO₂ l’anno.
La realizzazione degli impianti di termovalorizzazione consentirebbe la produzione di 1,2 milioni di megawattora di elettricità (la metà dei quali rinnovabili), che potrebbero soddisfare il fabbisogno energetico di 220.000 famiglie, con un risparmio di 250.000 tonnellate di CO₂ annue.
Questi potenziali risparmi di CO₂ contribuiscono al rispetto degli impegni assunti dall’Italia per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti nell’Accordo di Parigi.
«Senza impianti di digestione anaerobica e senza termovalorizzatori – ha concluso Brandolini – non si chiude il ciclo dei rifiuti e non si fa economia circolare, mettendo in difficoltà lo stesso riciclo. Un ciclo dei rifiuti efficiente toglie spazi di manovra alla criminalità organizzata, accresce la qualità della vita urbana e garantisce anche un circolo virtuoso per l’occupazione».