Ne ha riferito Laurence Caramel in un suo dettagliato articolo pubblicato da “Le Monde Afrique” il 28 settembre scorso.
L’emorragia di capitali africani causata dalle diverse pratiche illecite mina la capacità di molti governi locali di fornire servizi di base alla propria popolazione. Si tratta di una perdita annua che secondo le stime ammonterebbe ad almeno 76 miliardi di euro (88,6 miliardi di dollari), questo secondo le ultime valutazioni emerse dal Rapporto 2020 sullo sviluppo economico dell’Africa, pubblicato lunedì 28 settembre dalla Conferenza delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNCTAD).
Una somma che si avvicina addirittura agli aiuti pubblici allo sviluppo e degli investimenti diretti esteri ricevuti dai Paesi del continente tra il 2013 e il 2015.
Sono flussi in costante crescita che vanno a privare il Tesoro pubblico delle risorse necessarie per finanziare lo sviluppo e costituiscono quasi la metà dei 200 miliardi di dollari ritenuti necessari ogni anno al fine di porre in condizione quei governi di perseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) prefissati entro ila data termine del 2030.
Tali deflussi di capitali avvengono per canali diversi, quali la corruzione, il contrabbando e l’evasione fiscale sono tra questi, ma anche – e non per poco – le malversazioni nel settore industriale estrattivo e doganale, come le sovrafatturazioni e la costituzione di “fondi neri”, in particolare per quanto concerne oro, diamanti, platino e, ovviamente, petrolio.
Nel caso di quest’ultima materia prima, va rilevato che le esportazioni di greggio attraverso gli oleodotti spesso non vengono registrate dalle autorità doganali e quindi, una volta raffinato, il petrolio perde ogni traccia delle sue origini, rendendo difficile rintracciarlo e collocarlo nelle statistiche internazionali.
Oltre la metà dei flussi di capitali illeciti origina in Nigeria, Sudafrica ed Egitto, ma soltanto in quarantatré Paesi africani vengono rispettate con regolarità le disposizioni internazionali sulla pubblicità dei traffici commerciali stabilite in sede Onu.
La relazione dell’Unctad conferma che questa gigantesca economia sommersa procede di pari passo con un basso livello di risorse destinate ai servizi di base per la popolazione. I bilanci – si rileva – risultano in media inferiori del 25% in campo sanitario e del 58% nell’istruzione laddove i flussi di capitali illeciti verso l’estero sono significativi.
Purtroppo, di fronte ai radicati sistemi di potere e alla sodale criminalità organizzata, le iniziative di controllo di tali movimenti di capitali hanno finora avuto uno scarso impatto.