Questa notte è riesploso nuovamente il conflitto che oppone l’Armenia all’Azerbaigian, una guerra ereditata dalla dissoluzione dell’Unione sovietica, ma che già prima della fine del comunismo reale in quel Paese aveva manifestato i propri segnali, contrasti mai sopiti che rinvengono la loro causa nella contesa per il controllo di quella che era la regione autonoma del Nagorno-Karabakh, enclave etnicamente a maggioranza armena e cristiana, circondata da azeri, popolazione turcofona e di religione islamica .
Dal primo grande conflitto del 1994 e dalle recrudescenze del 2016, quello di oggi è il peggior focolaio bellico riattizzatosi nell’area dopo una lunga serie di violazioni del cessate il fuoco, resa possibile anche dagli elevati rischi insiti nelle azioni belliche fuori controllo.
Si tratta di un conflitto che nel suo corso complessivo ha provocato decine di migliaia di vittime e centinaia di migliaia di sfollati.
A seguito delle precedenti dinamiche sul campo di battaglia l’Armenia aveva ripreso il controllo militare della ex regione autonoma, occupando anche porzioni del territorio azero circostante.
La ripresa dei combattimenti. All’alba di quest’oggi le forze indipendentiste armene hanno sferrato l’attacco agli insediamenti e alle postazioni militari nemiche sulla cosiddetta «linea di contatto», effettuato anche attraverso l’intenso impiego dell’artiglieria pesante.
Quella è la terra di nessuno totalmente minata che, fino a stamattina, separava le forze armate contrapposte.
Nelle ore successive Baku ha organizzato una controffensiva aeroterrestre, ma fonti del ministero della difesa di Eerevan attribuiscono al proprio strumento militare l’abbattimento di almeno due elicotteri e due droni (UCAV) azeri. Si registrano morti e feriti tra i combattenti di entrambi gli schieramenti.
Oggi in Armenia è entrata in vigore la legge marziale ed è stata decretata la mobilitazione generale, questo mentre l’Azerbaigian ha ricevuto l’immediata solidarietà della Turchia, suo principale alleato.
Ankara sostiene Baku e ammonisce Erevan. Immediate le reazioni nel mondo, in primo luogo quella della Turchia, principale alleato (economico e militare) dell’Azerbaigian.
Dalla fine dell’Unione sovietica e della contrapposizione tra i blocchi, Ankara si è sempre rivolta a quella vasta area che considera di propria potenziale influenza, un «Turkestan» formalmente libero dalle appartenenze ai campi definiti in un lontano passato a Yalta e, soprattutto, ricco di materie prime energetiche, come il gas naturale azero.
Negli ultimi anni Ankara ha rifornito Baku di sistemi d‘arma anche di livello tecnologico relativamente sofisticato, contribuendo all’addestramento delle sue forze amate mediante sia l’invio di istruttori militari che la partecipazione di unità turche periodiche esercitazioni in territorio azero.
«L’Armenia rapresenta una minaccia alla pace nella regione», si è affrettato a dichiarare il presidente turco Erdoğan stamani, aggiungendo che «i turchi sono la fianco dei loro fratelli azeri».
Da Ankara si afferma inoltre che «l‘attacco costituisce una palese violazione del dritto internazionale» e che «la Turchia sostiene il diritto di Baku alla propria autodifesa», ammonendo infine che «Erevan sta giocando con il fuoco».
Rischio escalation nel Caucaso. In effetti i rischi di una escalation nel Caucaso non sono da sottovalutare, poiché si tratta di una regione che presenta elevate criticità e numerosi «conflitti congelati», dove sia la Turchia che la Russia svolgono un ruolo fondamentale.
I due Paesi belligeranti ovviamente non intrattengono relazioni diplomatiche e la mediazione tra i loro è affidata al Gruppo di Minsk e all’OSCE.
Da Mosca, il ministro degli esteri russo Lavrov si è rivolto alle parti in conflitto chiedendo l’immediato cessate il fuoco «e colloqui al fine di stabilizzare la situazione».
L’Unione europea si è espressa per bocca di Joseph Borrel, che si è rivolto anch’egli ad armeni e azeri chiedendo loro «l’immediata cessazione delle ostilità, una de-escalation, lo stretto rispetto del cessate il fuoco e il ritorno ai negoziati».
In una nota ufficiale diffusa in mattinata, la Farnesina ha espresso «preoccupazione per le notizie di gravi scontri lungo la linea di contatto fra le forze armate azere ed armene».
Nel comunicatosi afferma inoltre che «l’Italia chiede alle parti l’immediata cessazione delle violenze e l’avvio di ogni sforzo, in particolare sotto gli auspici dell’OSCE, per prevenire i rischi di ulteriore escalation».