di Giuseppe Morabito – A seguito dell’importante successo rappresentato della firma a Washington degli accordi diplomatici tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrain, gli Usa hanno iniziato da subito un’intensa attività diplomatica tesa a includere il Qatar nel novero degli importanti alleati “non NATO”, status che offre a questi Paesi vantaggi nel mercato della Difesa e nella cooperazione bilaterale in materia di sicurezza.
In merito si è appreso che Timothy Lenderking, vice segretario di Stato per gli affari del Golfo ha dichiarato durante una teleconferenza che gli Usa «stanno andando avanti», auspicando alo specifico riguardo che si possa designare il Qatar «come un importante alleato non NATO».
Funzionari statunitensi e qatarini – tra i quali figuravano il segretario di Stato Mike Pompeo e il ministro degli Esteri di Doha Sheikh Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani – si sono incontrati nella capitale ststunitense all’inizio della settimana.
Lo status di principale alleato non NATO (o MNNA) conferisce a un paese un accesso preferenziale alle attrezzature e alla tecnologia militare americane, incluso il materiale in eccedenza che viene fornito a titolo gratuito, l’elaborazione accelerata delle esportazioni e la cooperazione prioritaria in materia di formazione. Attualmente, diciassette Paesi sono in possesso dello status di MNNA, inclusi gli Stati arabi del Golfo, Kuwait e Bahrain.
Il Qatar, paese sunnita “di frontiera” nella turbolenta regione, ospita la più grande base militare americana in Medio Oriente, quella della guardia costiera di al-Daayen a Semaisima è stata inaugurata nel 2019 e con i suoi 640.000 metri quadrati, mira a facilitare il fissaggio di tutte le acque territoriali dello stato e dei posti di confine. La base comprende un “porto marittimo avanzato”, strutture sanitarie e di formazione, uffici della protezione civile e sale operatorie.Il comandante della 5ª Flotta statunitense Malloy, che ha sede in Bahrein, aveva in precedenza dichiarato che la base rappresenta «una meravigliosa opportunità per noi di interfacciarci più fortemente con la guardia costiera del Qatar» e, alla domanda se la essa sarebbe stata usata contro l’Iran, egli aveva quindi replicato che «la sicurezza marittima del Golfo Persico è il nostro obiettivo».La base navale in Qatar aveva già un’importante valenza strategica a causa delle tensioni nella regione seguite agli attriti tra Washington e Teheran dopo all’abbattimento da parte iraniana di un UAV spia americano, avvenuto in prossimità dello Stretto di Hormuz e, successivamente, alla eliminazione fisica del comandante dei Guardiani della Rivoluzione, generale Qasem Soleimani da parte americana.
Arabia saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto hanno interrotto le loro relazioni diplomatiche con Doha il 5 giugno 2017, dopo aver accusato ufficialmente l’emirato di «sponsorizzare il terrorismo», seppure questo abbia sempre respinto con veemenza queste accuse.
Washington, che ha forti legami con tutti gli stati coinvolti nella disputa, vede questa spaccatura come una minaccia agli sforzi per contenere l’Iran e preme per una soluzione del contenzioso in atto.
Una opzione davvero complicata, visto sia il palese supporto economico fornito da Doha alla Turchia nel corso del conflitto libico – Ankara sostiene il governo di al-Serraj e l’Italia ci ha solo rimesso -, oltreché per la sponsorizzazione della Fratellanza musulmana.
La notizia di una potenziale designazione di MNNA per il Qatar arriva dopo che due stati del Golfo Persico, Bahrain ed Emirati Arabi Uniti, hanno firmato accordi di normalizzazione con Israele mediati dagli Usa.
Il Qatar ha tuttavia escluso una propria normalizzazione delle relazioni con lo Stato di Israele, affermando che «non può essere quella la risposta al conflitto che lo oppone ai Palestinesi».
In merito agli accordi con Gerusalemme, duramente criticati dai palestinesi, che li hanno definiti «un tradimento», va sottolineato che si stanno ingenerando dei malumori, ad esempio quelli derivanti dalla ora possibile acquisizione del velivolo da combattimento F-35 da parte degli Emirati Arabi Uniti.
Gerusalemme non è stata certamente felice di questo e non ha mancato di sottolineare la consolidata politica statunitense in proprio favore, concretizzatasi nel vantaggio militare di Israele nella regione, soprattutto in chiave anti-iraniana.
Allo specifico riguardo, gli Stati Uniti hanno annunciato giovedì scorso di aver imposto sanzioni nei confronti di due società, la Arch Consulting e la Meamar Construction, con sede in Libano.
Per bocca del segretario al Tesoro Steven Mnuchin, Washington ha affermato che esse sono possedute, controllate o dirette dal partito estremista sciita libanese Hezbollah e che «attraverso lo sfruttamento dell’economia libanese di Hezbollah e la manipolazione di funzionari libanesi corrotti, le società associate all’organizzazione terroristica si aggiudicano contratti governativi».
Tornando al Qatar, la possibilità che sia inserito della lista dei paesi MNNA è una notizia che va attentamente valutata da parte italiana, perché, se da un lato la «gratificazione» da parte Usa chiude sul nascere ogni polemica sul fatto che vengano forniti armamenti a un paese amico dei Fratelli musulmani e del presidente turco Erdoğan, dall’altro fa balenare l’ipotesi di doversi presto confrontare con un eccezionale competitor quale l’industria della Difesa americana.
Nei giorni scorsi, alla presenza del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, ha avuto luoogo il varo del pattugliatore Musherib, prima unità della classe omonima, commissionata a Fincantieri dal Ministero della Difesa di Doha nel quadro del programma di acquisizione navale nazionale. Un pattugliatore che verrà schierato in linea proprio nella base della guardia costiera di al-Daayen a Semaisima.
Il varo è stato preceduto dal taglio della prima lamiera dell’unità “Sumaysimah”, quarta corvetta dello stesso programma.
Il contratto, che per Fincantieri vale quasi quattro miliardi di euro, prevede la fornitura di sette navi di superficie, di cui quattro corvette della lunghezza di oltre cento metri, una nave anfibia, due pattugliatori e dei servizi di supporto in Qatar per ulteriori dieci anni dopo la consegna delle unità. Le navi verranno interamente costruite nei cantieri italiani del Gruppo, assicurando fino al 2024 la continuità di lavoro e una ricaduta importante sulle principali società della difesa italiane.
L’industria della Difesa italiana, anche per gli interessi commerciali nel Golfo Persico, deve sempre fare più affidamento nella locuzione dell’ antica Roma si vis pacem, para bellum.