Le parole di Morris Gola scivolano veloci come i chilometri che l’artista percorre ogni giorno sul suo furgone, ormai diventato il suo simbolo. E inoltre,
con un linguaggio semplice e diretto (Morris Gola) descrive uno smarrimento personale e collettivo, condannando questi tempi di odio, solitudine e razzismo. Un lavoro trasversale tra musica e analisi di tutto ciò che ci circonda.
Lavoro, giustizia sociale, periferie: dopo la deriva tra macchine costose e gioielli, il rap torna a parlare di attualità e società con Morris Gola, dalla periferia di Roma, in uscita con il nuovo singolo Plexiglas, il 18 settembre 2020 per Visory Records.
Un ritorno al rap attento ai temi sociali, che abbandona l’estetica per darsi alla sua anima più pura e naturale, la narrazione del contemporaneo scomodo, rigorosamente in rima, lontano da mode e tendenze, senza rinunciare a un sound R’N’B orecchiabile e quasi ballabile.
Così è Plexiglas: un brano fresco, un inno al ritorno alla normalità che sottende una critica e una richiesta di riflessione sul concetto stesso di normalità e norma sociale.
«Plexiglas è un omaggio al funky degli anni Settanta e Ottanta – spiega Morris -, quello dei Kool & The Gang per intenderci, che ha portato alla nascita dell’hip hop. Sono fiero di questa canzone. Se ti aspetti la solita cantilena, skippa. Siamo riusciti ad unire un sound fresco e originale a contenuti conscious, di spessore. Plexiglas, nonostante il ritmo da club, è una denuncia contro i mali della società, dall’omicidio di George Floyd che ha fatto esplodere il movimento Black Lives Matter, fino alla mancanza di empatia e comunicazione dei tempi moderni».
Morris Gola è de Cinecittà, un zona di Roma dove sembra di essere in contatto con il mondo. Un quartiere di periferia le cui energie e problemi assomigliano a quelle del resto del mondo fatta di una distesa di palazzoni sotto ai quali brulica la vita e la cultura contemporanea di strada, quella che sta influenzando l’avanguardia di moda, arte, cinema e musica.
Cine city Morris (uno dei soprannomi di Morris Gola) spara le sue cartucce piene di parole, le fa ruotare in aria come un giocoliere e le lascia cadere sul ritmo con la padronanza di chi ha iniziato a cantare in rima sui marciapiedi da piccolo. Il suo è rap che sgorga dalle ferite che la strada procura e Morris sanguina rime.
Da Cinecittà, Morris spedisce cartoline contemporanee, nelle quali fa slalom fra gli slogan per fotografare la realtà. Quella sua di lavoratore, che la notte sta sul palco e la mattina fa traslochi, è la penna migliore nel settore trasporti e delle persone intorno a lui. Il suo rap non parla di Rolex, donne e valigette di soldi, ma di lavoro, giustizia e rappresentanza.
Egli elabora la lezione di Kendrick Lamar, la mischia con il suo amore per i suoni mediterranei, per i ritmi africani e le parole che Roma suggerisce. L’hip hop di New York prima e di Los Angeles sono nati per dare voce ai problemi della gente comune, dei quartieri, Morris Gola prosegue nel solco del conscious rap, ma parla dei quartieri di tutta Italia.