Lavoro e nuove schiavitù: sradicare il caporalato dai nostri campi. L’attività investigativa delle Forze dell’ordine continua a gettare luce sull’emergenza legata alle modalità di reclutamento e impiego di lavoratori, nella maggior parte dei casi migranti, nelle campagne del nostro Paese.
Lavori che in molti casi rasentano la schiavitù, e alimentano un business stimato nell’ultimo Rapporto agromafie, realizzato dall’Eurispes in collaborazione con Coldiretti, in 24,5 miliardi di euro.
L’ultimo intervento, condotto dalla Guardia di Finanza a Mondragone, territorio caratterizzato dalla presenza diffusa e storicizzata del fenomeno del caporalato, ha portato all’applicazione di un’ordinanza esecutiva di misure cautelari nei confronti di due imprenditori agricoli, il sequestro di due aziende e beni mobili e immobili per un valore complessivo di oltre tre milioni di euro. L’approfondimento di Marco Omizzolo, sociologo e ricercatore Eurispes.
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La credibilità politica? Un bene prezioso e purtroppo raro. Would you buy a used car from this man? Comprereste un’auto usata da quest’uomo? È lo slogan che nel 1960, nella campagna elettorale per le presidenziali negli Usa venne usato per screditare il candidato repubblicano Richard Nixon, avversario di John F. Kennedy.
Lo slogan alludeva alla scarsa fiducia che suscitava un personaggio a tinte fosche come Nixon, dalla reputazione poco limpida, protagonista dello scandalo Watergate, nel 1974 che lo costrinse alle dimissioni.
Fiducia e credibilità sono elementi di importanza vitale nelle relazioni personali e pubbliche e in ambito politico più che mai.
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Covid-19 non è l’unica «malattia del nostro tempo». «Il male sta nelle parole»: su questa celebre affermazione di Luigi Pirandello, si troverebbe probabilmente d’accordo il filosofo francese Bernard-Henri Lévy, il cui saggio Il virus che rende folli (editrice La Nave di Teseo) prende le mosse dall’analisi del termine «confinamento», parola trappola, che ha generato una girandola di equivoci, a cominciare dall’abusato esercizio del «distanziamento sociale», che forse faremmo tutti bene a definire «distanziamento fisico», facendo almeno uno sforzo lecito di neutralizzare implicazioni discriminatorie. La questione non è certo solo linguistica, perché il bel libro di BHL ha il pregio, sempre più raro ormai, di offrire uno sguardo originale sulla contemporaneità.
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