VATICANO, diplomazia. Il cardinale Parolin ricorda Achille Silvestrini

Parlando a un convegno organizzato dall’Ambasciata di Italia presso la Santa Sede, il segretario di Stato vaticano ricorda la figura del Cardinale Silvestrini a 45 anni dalla firma del Trattato di Helsinki

Quarantacinque anni fa a Helsinki veniva stipulato l’Atto finale della Conferenza che in seguito avrebbe dato vita all’OSCE. Da quell’atto finale, con il VII principio centrato sulla libertà religiosa e sottoscritto anche dai Paesi del blocco sovietico, iniziò il lento dissolvimento della Cortina di ferro, culminata con la caduta del Muro di Berlino nel 1989.

Quel periodo è stato ricordato dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, nel corso di un intervento in occasione di una conferenza organizzata dall’Ambasciata di Italia presso la Santa Sede.

A quarantacinque anni dagli Accordi di Helsinki, il cardinale Silvestrini e la Ostpolitik vaticana, questo l’argomento discusso, con un particolare ricordo della figura del negoziatore per la Santa Sede, personalità scomparsa lo scorso anno fa, il cardinale Achille Silvestrini.

Fu lui allora a proporre la linea della Santa Sede sulla libertà religiosa e lo fece nel corso di una conferenza alla quale la Santa Sede partecipava proprio su invito dell’Unione sovietica, nonostante il dibattito fosse dai toni duri e che in molti avessero sconsigliato Paolo VI di accettare la partecipazione, tuttavia Montini vide in quella partecipazione una quanto inaspettata possibile.

Lo Infatti, lo stesso pontefice nell’enciclica Ecclesiam Suam aveva scritto: «Noi non disperiamo che quei regimi possano aprire un giorno con la Chiesa un positivo colloquio che non sia quello presente nella Nostra deplorazione, nel Nostro obbligato lamento».

E Silvestrini individuò in questo passaggio la chiave della Ostpolitik vaticana, che lo portò «a non desistere da possibili tentativi, anche con successo ridotto, e anche quando addirittura si dimostrassero infruttiferi».

Riferisce Andrea Gagliarducci in un suo articolo pubblicato oggi da ACI Stampa, che in quella sede «Parolin ha ricordato che sia il cardinale Silvestrini che il cardinale Casaroli, colui che più di tutti si impegnò in questo difficile dialogo, conoscevano le difficoltà e le incomprensioni che avrebbero ostacolato il loro lavoro di dialogo. Incomprensioni che furono anche alla base del dibattito sulla decisione della Santa Sede di partecipare alla Conferenza di Helsinki».

Parolin ha inoltre ricordato come si giunse alla decisione di partecipare alla conferenza di Helsinki, andando così a collocare la Santa Sede in maniera diversa sulla scena internazionale.

Il percorso nacque da lontano, poiché si potrebbe far risalire la Ostpolitik persino a Pio XII, tuttavia egli non è tornato indietro fino a quel pontificato, piuttosto ha inteso mettere nella giusta luce le aperture fatte da Giovanni XXIII, che culminarono nell’invio di delegati della Chiesa ortodossa russa al Concilio Vaticano II e nell’udienza pontificia concessa ai coniugi Ajubei (lui era il genero di Kruščëv) e poi alle prime visite di monsignor Casaroli in Ungheria e in Cecoslovacchia nel maggio del 1963.

Un dialogo paziente e a volte non compreso, che ha comunque condotto a intese sulla nomina dei vescovi, come accadde per l’Ungheria, nonché ad aperture.

La Santa Sede decise dunque di partecipare alle trattative di  Helsinki, fu la prima volta dal lontano 1815 che prendeva parte quale membro a una conferenza. In precedenza c’era stato l’invito all’Aja nel 1899, sempre da parte russa, ma in quel caso l’opposizione italiana privò la Chiesa cattolica romana della possibilità di partecipare alla conferenza.

Si arrivò così ad Helsinki, dopo un lungo, ma coraggioso e ragionato, percorso, e Silvestrini fu uno dei protagonisti di quella stagione che culminò nella sottoscrizione dell’Atto finale.

«Tra i principi – ha ricordato l’attuale segretario di Stato vaticano – quello del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, inclusa la libertà di pensiero, coscienza, religione o credo; e poi, il principio che prevede che gli Stati partecipanti riconoscono e rispettano la libertà dell’individuo di professare e praticare, solo o in comune con altri, una religione o un credo agendo secondo i dettami della propria coscienza. E ancora quello che afferma che gli Stati partecipanti riconoscono il significato universale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il cui rispetto è un fattore essenziale della pace, della giustizia e del benessere necessari ad assicurare lo sviluppo di relazioni amichevoli e della cooperazione fra loro, come fra tutti gli Stati».

Principi sui quali convennero anche i Paesi comunisti, permettendo così alla Santa Sede di agire da mediatrice diretta delle richieste in materia di coscienza religiosa.

«La Santa Sede – ha quindi concluso il cardinale Parolin – poté così mostrare che il dialogo, quando è sincero ed animato da buona volontà, costituisce realmente l’arma più potente per edificare una pace che non sia mera assenza di conflitti, ma anzitutto affermazione della dignità trascendente di ogni essere umano».

Tra le righe del suo discorso, soprattutto quando afferma tali principi conferendo  al cardinale Silvestrini il meritato credito di tutta questa opera, Parolin pare sottintenda che questo modo di fare diplomazia non sia cambiato e che lo si applica oggi a paesi come la Repubblica Popolare cinese, dove è in vigore un accordo confidenziale relativo alla nomina dei vescovi, che potrebbe venire rinnovato. Poiché, nel solco di Silvestrini, il dialogo va portato avanti ad ogni costo.

Di seguito è possibile ascoltare dalle sue vive parole una testimonianza di quella fase storica attraverso un documento tratto dall’archivio audio di insidertrend.it

A182 – VATICANO, «OSTPOLITIK» E DIPLOMAZIA DELLA SANTA SEDE: I CRISTIANI TRA ORIENTE E OCCIDENTE. Conferenza organizzata dall’ISTRID e tenuta da Sua Eminenza il Cardinale ACHILLE SILVESTRINI il 6 novembre 2003 presso il Centro Alti Studi della Difesa a Roma, modera il Generale di Corpo d’Armata e Senatore della Repubblica LUIGI POLI.

Urss: «Chruščëv chiuse più chiese di Stalin». La diplomazia vaticana negli anni della guerra fredda e della distensione; nucleare e Trattato di non proliferazione; Ostpolitik. Il post-comunismo: previsioni sul futuro elaborate nei primissimi anni del Secondo millennio dal prelato che in passato ricoprì la carica di Segretario di Stato vaticano. I rapporti con la Russia e con la Chiesa ortodossa di Mosca: ecumenismo e rapporto tra «Chiese sorelle» (cattolica e ortodossa). «Gli Stati Uniti d’America non hanno una storia, la Russia sì…»; i cristiani tra Oriente e Occidente: radici cristiane dell’Europa, Oriente bizantino e Islam. La Chiesa cattolica romana e le due correnti in seno all’ortodossia della Grecia. Le guerre balcaniche degli anni Novanta. L’Unione europea, l’Onu, gli Usa.

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