ECONOMIA, analisi della situazione. Le inquietanti prospettive autunnali

Inflazione: in questa fase di crisi il tasso al 2% non deve essere considerato un «totem», altrimenti c’è il rischio di rendere l’euro una «supermoneta» che renderebbe non competitiva l’economia dei paesi membri. Le considerazioni svolte da Mario Baldassarri, già viceministro dell’Economia e attualmente presidente del Centro studi economia reale

Sono stati resi noti i dati relativi al prodotto interno lordo italiano (Pil), che registrano un calo del 15% a fronte di una possibile tiepida crescita dell’economia prevista per il prossimo autunno; il Pil si attesterà a meno 12-13%, dunque saremo in una piena decrescita in attesa degli sviluppi nel senso di una ripresa negli anni futuri, con l’incognita della pericolosa ulteriore spaccatura della società italiana, insita all’interno di questo dato medio espresso dalla statistica, quella cioè tra le fasce della popolazione “garantite” e quelle invece “non garantite”.

Infatti, il dato relativo alla contrazione del settore economico privato risulta di gran lunga maggiore del dato medio (12%), pari addirittura al doppio se non di più (25%), con alcune regioni italiane che registreranno una contrazione della crescita economica del settore privato pari al 50%, una vera e propria spaccatura tra le categorie di lavoratori e tra i territori.

Queste inquietanti prospettive, che impongono una delicata riflessione, sono state discusse nel corso della trasmissione “Capire per Conoscere”, andata in onda come ogni lunedì anche il giorno 31 agosto 2020.

Ai microfoni dell’emittente di proprietà della Lista Marco Pannella intervistato dal giornalista Claudio Landi il professor Mario Baldassarri, già viceministro dell’Economia e attualmente presidente del centro studi economia reale.

Il rafforzamento dell’euro sul dollaro. La Federal Reserve statunitense ha «due occhi» nel suo statuto, uno fisso a controllare l’inflazione, l’altro focalizzato sulla crescita economica e il livello di disoccupazione, ebbene, essa secondo il professor Baldassarri, sulla base del quadro che è riuscita a formarsi attraverso questa visione è giunta alla decisione di proseguire nella sua politica monetaria «molto larga» applicando quindi tassi di interesse molto bassi anche se l’inflazione dovesse superare il 2%, tasso, quest’ultimo, concepito come “medio su più anni”.

In sostanza, un tasso di inflazione che dovesse superare quella soglia limite per certo periodo di tempo – a fronte di un precedente andamento registrato al di sotto di essa – non costituirà elemento giustificante una restrizione monetaria, la Fed ha dunque annunciato una maggiore flessibilità.

Al contrario della Fed, però, la Banca centrale europea «ha un occhio solo», essa, infatti, per statuto monitora e interviene sull’inflazione indipendentemente dalla crescita e dai livelli di disoccupazione, mantenendo la prima sotto il tasso del 2 per cento.

Sempre secondo Baldassarri, «soltanto l’intelligenza di Mario Draghi ha fatto sì che negli anni passati questa limitazione “per statuto” venisse interpretata in maniera saggia, intervenendo con il Quantitative easing quando l’Europa stava per precipitare in una condizione di deflazione», cioè una politica monetaria basata su una forte immissione di liquidità e di acquisto di titoli di stato.

Tuttavia, qualora il tasso d’inflazione dovesse superare il limite del 2% la Bce sarebbe costretta (da statuto) ad avviare un incremento dei tassi di interesse e di parallela restrizione della liquidità.

Questa asimmetria tra le regole delle due banche centrali, quella statunitense e quella europea, fa sì che il dollaro si svaluti e l’euro si apprezzi, una condizione in grado di generare il rischio di una supermoneta comune, che in questa fase si rivelerebbe oltremodo dannosa per l’economia del Vecchio continente, colpita dalla grave crisi provocata dagli effetti della pandemia di coronavirus.

Robert Merton Solow. Baldassarri ricorda come il premio Nobel per l’Economia Robert Merton Solow – “padre” della moderna teoria della crescita e suo docente al Massachussetts Institute of Technology (MIT) – asserisse che non fosse necessario fissare degli obiettivi rigidi di livelli d’inflazione da rispettare, poiché un tasso anche fluttuante tra il 2% e il 3% andasse considerato fisiologico e che, di risulta, la politica monetaria andasse adattata a questa condizione.

Il rafforzamento dell’euro sul biglietto verde (meglio: l’indebolimento del dollaro nei confronti di tutte le altre monete, non soltanto di quella comune europea) è iniziato nella seconda metà del mese di luglio, in parallelo all’apprezzamento sui mercati dell’oro, una considerazione svolta dal conduttore della trasmissione “Capire per Conoscere” che ha fatto da prolusione alla domanda riguardo a un possibile indebolimento strutturale del dollaro come moneta mondiale di riserva.

Baldassarri ha replicato di non essere convinto di questo, ma piuttosto dell’effetto dell’annuncio delle politiche monetarie e fiscali americane, che determina una debolezza del dollaro.

«Le grandi aree economiche mondiali sono quelle degli Usa, dell’Unione europea e della Cina – ha aggiunto l’economista marchigiano –, quindi l’andamento delle tre monete risulta fondamentale per gli scambi e il commercio mondiale, ma poiché il valore del renminbi/yuan viene determinato politicamente da Pechino, ecco che l’effetto delle dinamiche sui mercati si scarica sul rapporto tra dollaro ed euro».

Telecomunicazioni, rete unica. Nel corso della trasmissione andata in onda su Radio radicale è stato trattato anche l’argomento della cosiddetta «rete unica», della quale Baldassarri ha ribadito la caratteristica di «monopolio naturale» di interesse pubblico.

Essa dovrà venire gestita da un soggetto privato come la Telecom, oppure partecipata direttamente e influenzata nelle decisioni di vertice da un soggetto pubblico (Cassa depositi e prestiti) assieme alla compagnia privata del settore delle telecomunicazioni?

Il dibattito attualmente in atto nel Paese è tutto concentrato sulla proprietà della rete unica, quindi sulla gestione, questo però in assenza di un chiaro quadro regolamentare che dovrebbe essere fissato dallo Stato, proprio perché si tratta di un monopolio naturale, dunque indipendentemente dalla proprietà.

Il territorio italiano è estremamente diversificato, infatti vi sono delle zone cosiddette «bianche» (a elevata antropizzazione come i grandi centri urbani) dove il privato rinviene interesse a effettuare investimenti nell’infrastruttura, ma vi sono anche delle zone «nere», che sono quelle maggiormente disperse, lontane e dove è presente meno popolazione, nelle quali il privato rinviene scarso o alcuno interesse a investire, dove dunque la realizzazione della rete delle telecomunicazioni si potrà concretamente realizzare soltanto con l’intervento finanziario pubblico.

Ma non basta, poiché esistono una serie di aree cosiddette «grigie» dove l’interesse del privato non sempre giustifica l’impegno economico nell’investimento.

Secondo Baldassarri «l’obiettivo che lo Stato deve porre è quello di una rete pubblica che copra l’intero territorio italiano in tutte le condizioni, stabilendo la parte di impegno pubblico necessaria alla realizzazione dell’infrastruttura».

Ma vi è un altro aspetto ancora più importante, quello della fissazione delle regole di accesso a pari condizioni a tutti gli operatori del settore delle telecomunicazioni, cioè anche ha coloro i quali non posseggono una rete ma che utilizzano una rete, come è stato fatto con le ferrovie.

A263 – ECONOMIA, ANALISI DELLA SITUAZIONE NAZIONALE E INTERNAZIONALE. Il commento del professor MARIO BALDASSARRI riguardo al rafforzamento dell’euro sul dollaro, alla rete unica nazionale delle telecomunicazioni e alle inquietanti prospettive autunnali dell’economia italiana.

Secondo l’economista, già viceministro della Repubblica e attualmente presidente del Centro Studi Economia Reale, i dati statistici sul prodotto interno lordo italiano non rendono pienamente l’idea della potenziale spaccatura del Paese nei prossimi mesi.

I dati relativi al prodotto interno lordo italiano (Pil), che registrano un calo del 15% a fronte di una possibile tiepida crescita dell’economia prevista per il prossimo autunno; il Pil si attesterà a meno 12-13%, dunque saremo in una piena decrescita in attesa degli sviluppi nel senso di una ripresa negli anni futuri, con l’incognita della pericolosa ulteriore spaccatura della società italiana, insita all’interno di questo dato medio espresso dalla statistica, quella cioè tra le fasce della popolazione “garantite” e quelle invece “non garantite”.

Infatti, il dato relativo alla contrazione del settore economico privato risulta di gran lunga maggiore del dato medio (12%), pari addirittura al doppio se non di più (25%), con alcune regioni italiane che registreranno una contrazione della crescita economica del settore privato pari al 50%, una vera e propria spaccatura tra le categorie di lavoratori e tra i territori.

Queste e altre considerazioni – quali la riapertura delle scuole dopo il prolungato periodo di blocco delle attività (il noto «lockdown») e della didattica a distanza, nonché dei possibili miliardi di finanziamento derivanti dal Mes, impiegabili nella sanità e nella scuola – sono state svolte nel corso della trasmissione “Capire per conoscere” andata in onda su Radio Radicale il 31 agosto 2020, durante la quale l’ex viceministro dell’Economia ha risposto alle domande postegli dal conduttore, il giornalista Claudio Landi.

Condividi: