Dopo l’esplosione del 4 agosto che ha causato centinaia di morti e dispersi, migliaia di feriti e oltre 300.000 sfollati, il cardinale Bechara Boutros Rai, patriarca dei cristiano maroniti, che da tempo mette in guardia sull’aggravarsi della situazione sociale, ha pubblicato un lungo memorandum.
In esso difende la «neutralità del Libano» e del modello dello Stato in un momento particolarmente difficile per il Paese.
L’esplosione è infatti avvenuta alla vigilia della sentenza del Tribunale speciale dell’Aja che avrebbe dovuto giudicare in ordine all’attentato nel centro di Beirut, che il 14 febbraio del 2005 provocò la morte dell’ex presidente Rafiq Hariri e di altre ventuno persone, sentenza che poi venne emessa il 18 agosto, che ha visto la condanna di una persona latitante e l’assoluzione per insufficienza di prove degli altri tre imputati.
I quattro sono tutti attivisti del movimento politico-militare sciita Hezbollah, nei confronti del quale il cardinale libanese non aveva mancato di puntare il dito prima dell’esplosione, accusandolo di destabilizzare il Paese.
Il memorandum, pubblicato il 17 agosto, riprende le proposte che il prelato ha lanciato più volte, in particolare nelle sue omelie del 5 luglio e del 16 agosto.
In esso ha ricordato il suo appello rivolto all’Onu – che è presente nel sud del paese con un corposo contingente di caschi blu – per «operare al fine di un consolidamento dell’indipendenza del Libano e della sua unità, di applicare le risoluzioni delle Nazioni Unite che lo riguardano e di riconoscere la sua neutralità».
Nel testo scritto dal cardinale si afferma che solo un Libano neutrale potrebbe essere «in grado di contribuire alla stabilità regionale, di difendere i diritti dei popoli arabi e la causa della pace, di assumere un ruolo nella concretizzazione di relazioni giuste e sicure tra i paesi del Medio Oriente e dell’Europa».
Egli ribadisce che l’appello ha avuto «larga approvazione da diverse confessioni e partiti politici», sottolineando altresì che «può darsi che la neutralità del Libano, sotto l’aspetto costituzionale, non fosse presente nello spirito dei fondatori dello Stato del Grande Libano», ma ricorda che il tema era comunque presente «come politica di difesa e relazioni con l’estero», aspetto reso a suo dire chiaro quando come modello della Costituzione libanese del 1926 ci si orientò per la Costituzione della Confederazione elvetica e, quando nel 1945, durante la redazione della Carta della Lega dei Paesi Arabi, il Libano dichiarò poi di impegnarsi per «la neutralità tra Oriente e Occidente».
«È stata una politica – ha proseguito il patriarca dei maroniti – che ha permesso al Libano di mantenere l’unità territoriale, questo anche quando il fattore palestinese è entrato sulla scena interna con l’inizio delle attività militari che hanno portato allo scoppio della guerra del 1975».
Egli ha inoltre sottolineato che «lo Stato libanese ha accettato di compromettere la sua sovranità soltanto di fronte alla divisione tra cristiani e musulmani che ha bloccato il governo del Paese», e così si è firmato l’accordo del Cairo del 1969 che ha autorizzato le organizzazioni armate palestinesi a effettuare attacchi contro il confinante Stato di Israele.
Nel memorandum vengono poi ricordati in successione i fatti della guerra, dall’occupazione delle forze armate dello Stato ebraico al sostanziale dominio delle organizzazioni palestinesi, fino all’ingresso dell’esercito siriano, tutti eventi che «si sono verificati a causa delle deviazione del Paese dalla politica di neutralità».
La conclusione del patriarca cristiano maronita è dunque quella che nel centesimo anniversario della Costituzione «il Libano non può essere “Paese-messaggio”, così come lo definì papa Giovanni Paolo II, senza “adottare” il regime di neutralità».
Scopo del memorandum, si afferma, è quello di spiegare le tre dimensioni della neutralità attiva del Libano: «Il rifiuto definitivo di entrare a far parte di a far parte di coalizioni, assi, conflitti politici e guerre regionali e internazionali, la solidarietà del Libano con le cause dei diritti dell’uomo e della libertà dei popoli, che significa anche proseguire a difendere i diritti del popolo palestinese e, infine, il rafforzamento dello Stato libanese anche dal punto di vista militare, per preservarne i confini dopo aver definito la delimitazione delle frontiere con Israele e con la Siria».