AMBIENTE, energie rinnovabili. Eolico, Sardegna: lo scontro intestino all’universo ecologista italiano

Ambientalisti pro e contro: il progetto al vaglio del Ministero dell'Ambiente prevede 42 pale posizionate a 35 chilometri dalla costa dell’isola al largo del Sulcis. sarà davvero la via di uscita dal carbone?

Secondo Legambiente la visibilità degli impianti «è trascurabile e l’impatto paesaggistico non presenterebbe alcuna criticità», mentre Greenpeace è ancora più categorica: «Opporsi e promuovere la metanizzazione significherebbe legare il territorio sardo a tecnologie inquinanti che diventeranno sempre più marginali»; sulla realizzazione è d’accordo anche il Wwf, tuttavia gli amministratori locali lanciano l’allarme relativo ai rischi per la pesca e il turismo, sulle loro posizioni ci sono Italia Nostra e un’associazione ambientalista sarda, il Gruppo di intervento giuridico (Grig) di Buggerru, tutti decisamente contrari al progetto.

Il progetto. Quest’ultimo, attualmente al vaglio del Ministero dell’Ambiente, prevede l’installazione di quarantadue pale eoliche a trentacinque chilometri dalla costa dell’isola, al largo del Sulcis.

I suoi promotori affermano che attraverso il nuovo parco eolico offshore nel tratto di mare tra Portoscuso e Carloforte rientrerebbe nel percorso di abbandono delle fonti di energia fossile, la ben nota e auspicata decarbonizzazione, ma allo specifico riguardo sia la Regione Sardegna che sette comuni della costa sud occidentale dell’isola si oppongono.

Una polemica senza esclusione di colpi divampata in seno all’universo ambientalista che, si afferma, potrebbe metterne addirittura in discussione la realizzazione. I protagonisti si scambiano frecciate al vetriolo, dalle accuse di immobilismo ideologico e di sindrome Nimby alla irresponsabilità in ordine ai possibili rischi paesaggistici e ambientali, inclusi quelli sul patrimonio ittico locale.

Questo accade in una fase delicata, che vede il Paese indietro per quanto concerne la pianificazione relativa ai possibili impieghi dei futuri miliardi di aiuto europei, sia a fondo perduto che presi in prestito, ma non solo, in ritardo anche per quanto concerne lo sfruttamento dell’energia eolica, almeno secondo quanto viene previsto nel Piano energia e clima, inoltre a poche settimane dalla presentazione del piano per l’uso delle risorse del Next generation Eu, il 30% delle quali deve essere destinato al raggiungimento dei nuovi obiettivi climatici fissati dalla Ue.

Il progetto del parco eolico offshore sardo è stato presentato nel giugno scorso dalla società milanese Ichnusa Wind Power, esso prevede un impianto di produzione di energia elettrica per una potenza totale di 504MW, e ora è al vaglio del Ministero per la sua verifica preliminare, fase che precede lo studio finalizzato alla procedura di Valutazione di impatto ambientale.

Le turbine verrebbero sostenute in acqua da strutture galleggianti derivate da quelle impiegate dall’industria estrattiva di petrolio e gas – si afferma nella relazione presentata -, e non risulterebbero visibili dalla terraferma.

I favorevoli. Secondo Legambiente, che è favorevole al progetto,  si tratta di qualcosa di molto innovativo «che supera i problemi di visibilità dell’eolico, collocando le torri lontano dalla costa in fondali profondi». Al riguardo, gli esponenti dell’organizzazione ambientalista giungono ad affermare che l’opera potrebbe portare a «positive novità per attuare una svolta nella strategia energetica regionale, in direzione della progressiva decarbonizzazione della Sardegna».

Essi affermano che la visibilità dell’impianto dalla costa sarda è trascurabile, dunque l’impatto paesaggistico non presenterebbe criticità. Sempre Legambiente si è poi appellata a Ichnusa Wind Power al fine di farle predisporre un progetto di sviluppo della biodiversità che contempli un’oasi di ripopolamento della fauna ittica nell’area sottesa all’impianto.

Anche Greenpeace ha espresso un parere positivo, poiché – secondo il suo responsabile Energia e Clima Luca Iacoboni – «opporsi all’eolico in Sardegna e promuovere la metanizzazione significa legare il territorio sardo e chi lo vive a tecnologie inquinanti, che diventeranno sempre più marginali nel mercato».

Dal canto suo il Wwf ha parlato dell’azione di un «perverso meccanismo per cui le uniche buone energie rinnovabili son quelle fatte a casa degli altri, fuori dal proprio territorio» e di un confronto «caratterizzato più da argomenti ideologici che non da valutazioni puntuali ed oggettive».

Sotto dura accusa la Regione Sardegna, che avrebbe posto delle obiezioni paesaggistiche, «lei – afferma il Wwf – che cioè dallo stesso soggetto che ha stravolto la Legge paesaggistica regionale al punto da farselo impugnare dallo Stato».».

Infine, Italia nostra afferma che «non si può pensare che il superamento degli impianti ad energia fossile avvenga senza prevedere impianti su scala industriale per far fronte alle esigenze sia della popolazione, sia del sistema produttivo».

I contrari. Decisamente contrari al progetto sono i sindaci dei comuni di Arbus, Buggerru, Carloforte, Fluminimaggiore, Gonnesa, Iglesias e Portoscuso, che hanno organizzato un presidio davanti all’Assessorato regionale dell’Ambiente a Cagliari.

La posizione della Regione è stata quindi chiarita dall’assessore Gianni Lampis, che ha fugato ogni dubbio affermando la propria soddisfazione per il fatto che la contrarietà dell’Ente sia stata condivisa anche dalle amministrazioni locali.

Secondo il vicesindaco di Portoscuro, Ignazio Atzori, «il parco non avrebbe ricadute economiche positive sul territorio, ma porterebbe un grosso danno alla pesca e al turismo, sminuendo il valore del paesaggio»,  mentre il suo collega di Carloforte, Salvatore Puggioni, ha sottolineato come i comuni dei territori interessati siano venuti a conoscenza del progetto soltanto dai giornali.

Il citato Gruppo d’intervento giuridico ha manifestato le proprie perplessità sull’utilità del progetto, poiché – afferma – «oltre il 46% dell’energia prodotta non serve alla Sardegna, ma viene esportato, quando possibile, vista la limitata capacità dei due sistemi di trasporto dell’energia». Per la onlus, sarebbe utile solo se andasse a sostituire le fonti fossili più inquinanti.

Italia Nostra ha presentato un documento al Ministero dell’Ambiente nel quale si asserisce che l’impianto offshore «condizionerebbe in termini fortemente penalizzanti lo studio richiesto dal ministero dell’Ambiente all’Ispra per l’individuazione di un’area marina protetta nell’Arcipelago del Sulcis e nella costa adiacente, attualmente in corso di istituzione. Il parco eolico ne limiterebbe fortemente la perimetrazione, compromettendo la possibilità di condurre a buon fine un’iniziativa con ritorni economici certi per l’intera collettività e utile per garantire la tutela del mare».

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