I finanzieri del Comando Provinciale di Milano hanno sequestrato un’azienda agricola di Cassina de’ Pecchi, del valore complessivo di oltre 7.500.000 di euro, su decreto emesso dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Milano, oggetto di successiva convalida da parte del Giudice per indagini preliminari (Gip).
Il provvedimento costituisce l’esito delle indagini svolte dalla Compagnia delle Fiamme gialle di Gorgonzola, attività che hanno fatto emergere un sistematico sfruttamento illecito di manodopera agricola a danno di un centinaio di lavoratori extracomunitari.
Sono state rilevate delle anomalie nelle assunzioni e nelle retribuzioni erogate ai dipendenti dell’azienda, nonché gravi e perduranti violazioni delle norme che regolano il bracciantato agricolo.
In particolare, i lavoratori non solo erano obbligati a prestare la propria opera in estenuanti turni della durata di oltre nove ore al giorno, ma ricevevano una paga oraria di poco più di quattro euro, cioè una retribuzione nettamente inferiore a quella minima prevista dal contratto collettivo nazionale.
Ma non basta, poiché all’inadeguata retribuzione si aggiungevano degradanti condizioni d’impiego nei campi. Infatti, i braccianti sono risultati soggetti a una continua vigilanza dei responsabili aziendali, inoltre costretti a sforzi fisici oltremodo gravosi, tesi a velocizzare la raccolta dei frutti, in totale spregio alle norme anti Covid-19 sul «distanziamento sociale».
Approfittando delle condizioni di bisogno dei dipendenti, ricorrendo alla minaccia che l’eventuale disobbedienza alle pressanti imposizioni datoriali avrebbe comportato la loro sospensione o addirittura il licenziamento in tronco, i titolari dell’azienda erano riusciti a ridurre il costo della manodopera e, quindi, a massimizzare i propri guadagni.
La prassi era quella dell’assunzione in prova per due giorni dei braccianti extracomunitari, ma senza alcun compenso corrispettivo, alla quale seguiva – sempre a discrezione e senza alcuna valida ragione – l’allontanamento del lavoratore. Mediante tale modalità, i responsabili dell’azienda sono riusciti a ridurre ulteriormente i costi complessivi, sfruttando i giovani extracomunitari bisognosi di lavorare.
Al termine delle indagini sette persone sono state denunciate per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento della manodopera, tra di esse figurano i due amministratori dell’impresa, due sorveglianti, due impiegati amministrativi e il consulente aziendale, cioè il soggetto che predisponeva le buste paga.
All’esito dell’indagine, la Procura della Repubblica ha disposto il sequestro di tutti i beni della società, consistenti in 53 immobili tra terreni e fabbricati, 25 veicoli strumentali e 3 conti correnti, oltre alla nomina di un amministratore giudiziario ai fini della continuità aziendale nel rispetto delle leggi vigenti.
Durante l’esecuzione del provvedimento i militari della Guardia di Finanza, grazie al supporto fornito dal personale dei Vigili del Fuoco e dell’ATS di Milano, hanno inoltre verificato le precarie condizioni di sicurezza e di igiene in cui i braccianti erano costretti a lavorare in assenza di dispositivi di protezione individuale, di spogliatoi, docce e servizi igienici adeguati, poiché è stata riscontrata l’esistenza di un solo bagno chimico esterno.
Infine risultavano mancanti il piano di prevenzione incendi e il piano di emergenza, veniva infine accertata anche la presenza di un precario deposito di diserbanti e fitofarmaci, sostanze che i responsabili facevano utilizzare ai braccianti, personale privo di ogni formazione tecnica, che quindi veniva esposto a gravi rischi per la loro salute; nel deposito veniva rinvenuto anche un deposito di generi alimentari destinati alla commercializzazione da parte di operatori della grande distribuzione (GDO), allo specifico riguardo sono stati sequestrati oltre 27.000 barattoli di marmellata lasciati esposti al sole.