CRIMINALITÀ ORGANIZZATA, ‘ndrangheta. Operazione congiunta italo-svizzera di contrasto dei clan del Vibonese

La Guardia di Finanza ha eseguito settantaquattro ordinanze di custodia cautelare emesse dalla Procura distrettuale antimafia a carico di indiziati di reati di stampo mafioso. Le attività investigative si sono avvalse del supporto fornito da Eurojust

A partire dalla serata di ieri e nel corso dell’intera giornata di oggi è stata data esecuzione a settantaquattro ordinanze di custodia cautelare, che erano state precedentemente emesse dal Giudice per le indagini preliminari distrettuale di Catanzaro su richiesta della Procura distrettuale antimafia, atti a firma del Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, del Procuratore Aggiunto Vincenzo Camolla e del Sostituto Procuratore Antonio De Bernardo.

Si tratta della coda della cosiddetta «operazione Imponimento», cioè della fase successiva a quella che ha avuto luogo il 21 luglio scorso, quando erano stati fermati alcuni indiziati di delitti, attività investigativa condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro della Guardia di Finanza e dal Servizio centrale investigazione criminalità organizzata di Roma (SCICO).

L’indagine ha avuto a oggetto la potente locale di ‘ndrangheta facente capo alle famiglie Anello e Fruci di Filadelfia, presso Vibo Valentia.

Il fermo dei settantacinque indiziati dei reati di associazione di tipo ‘ndranghetistico, associazione finalizzata alla produzione e al traffico di sostanze stupefacenti, oltre ad altri delitti fermo effettuato appunto il mese scorso, ha avuto luogo in concomitanza con una analoga attività svolta in Svizzera, che ha comportato arresti e perquisizioni da parte dell’Autorità giudiziaria e  di polizia della Confederazione elvetica, posta in essere congiuntamente a quelle italiane.

L’obiettivo è stato quello della disarticolazione delle proiezioni della ‘ndrangheta in

Europa, inquadrata nell’ambito di un’organica ricostruzione delle molteplici attività criminali poste in essere dalle cosche calabresi sia sul territorio nazionale che all’estero.

Diversi esponenti della cosca Anello-Fruci vengono ritenuti responsabili – a vario titolo – di un carnet di gravi delitti, fra i quali figurano le citate associazione mafiosa e associazione per il traffico di stupefacenti, oltre al concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, turbative d’asta, corruzione, fittizia intestazione di beni, ricettazione, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione e traffico di armi, danneggiamenti, traffico di moneta falsa, traffico di influenze illecite, truffe ai danni dell’Inail e reati di natura ambientale, tutte fattispecie contestate con l’aggravante della modalità e/o finalità

mafiosa.

Secondo l’impianto accusatorio degli inquirenti, il contesto nel quale avrebbe agito l’associazione criminale si sarebbe caratterizzato, nel suo complesso, per il ricorso alla forza d’intimidazione derivante dal vincolo associativo e per la condizione di assoggettamento e di omertà che ne è derivata, funzionale – sempre secondo l’accusa – allo scopo di commettere delitti, acquisire direttamente e indirettamente la gestione e/o il controllo di attività economiche, in particolare nel settore turistico e immobiliare, deformando le logiche imprenditoriali che normalmente dovrebbero regolare le attività commerciali in un’economia sana.

Essi avrebbero dunque condizionato i diversi settori dell’economia e della società affermando il proprio egemonico controllo sul territorio, anche ricorrendo a reciproci accordi tra cosche operanti in zone diverse.

In particolare, è stata adottata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di sessantaquattro indagati – tra i quali il soggetto ritenuto l’elemento apicale dell’organizzazione criminale, individuato dagli inquirenti nel capo cosca Rocco Anello, che non era stato oggetto di fermo in quanto già astretto a detenzione – e la misura della custodia degli arresti domiciliari nei confronti undici persone indagate.

L’impegnativa indagine si è prolungata nel tempo ed è stata effettuata da una squadra investigativa comune (Joint Investigation Team) costituita all’Aia, in Olanda, presso Eurojust, tra Italia e Svizzera,

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